Il marocchino, sospettato della morte di Rossella Nappini, non aveva il permesso di soggiorno: per diverse volte gli era stato intimato di lasciare il Paese
Si terrà oggi nel carcere romano di Regina Coeli, davanti al giudice per le indagini preliminari Daniela Caramico D’Auria, l’interrogatorio di garanzia di Adil Harrati, il marocchino di 45 anni sospettato di aver ucciso con una ventina di coltellate Rossella Nappini, l’infermiera di 52 anni trovata cadavere nell’adrone del suo appartamento in via Allievo a Roma.
Harrati è stato il primo a finire sotto la lente d’ingrandimento degli investigatori. Aveva avuto una relazione con la vittima e poche ore dopo l’omicidio era introvabile. Secondo gli inquirenti in quei minuti si stava disfacendo dell’arma del delitto (che non è stata ancora ritrovata). Quando i poliziotti l’hanno fermato nell’appartamento dove abitava insieme ad alcuni connazionali e dove si era nascosto, l’uomo ha fatto parziali ammissioni riguardo l’omicidio. Alcune immagini delle telecamere di videosorveglianza della zona, al vaglio della Omicidi, avrebbero ripreso la fuga dell’assassino.
Harrati non ha però confessato. La sua relazione con Rossella era finita da qualche mese. La donna era tornata a vivere nell’appartamento dell’anziana madre. Secondo la ricostruzione fatta dagli inquirenti, il sospettato l’avrebbe raggiunta lì e dopo una lita l’avrebbe uccisa. “Lunedì pomeriggio era uscita di casa per andare al bancomat delle Poste lì vicino a prelevare soldi”, hanno dichiarato gli zii della vittima, lasciando aperta l’ipotesi di un movente economico per l’omicidio della nipote.
Nel frattempo gli investigatori continuano ad indagare su Harrati. La Questura ha scoperto che il marocchino non aveva il permesso di soggiorno. Dopo il suo arrivo dal Marocco almeno una decina di anni fa, è stato più volte fermato e identificato dalle forze dell’ordine. Nei suoi confronti sono stati emessi provvedimenti come l’intimazione a lasciare il Paese entro cinque giorni che non sono mai stati rispettati. Viveva a Torrevecchia, in un appartamento poco distante (circa un chilometro) da quello di via Allievo. Nella stessa casa vivevano altri connazionali, che pagavano un affitto in nero ad un italiano sul quale adesso sono in corso indagini.
La morte di Rossella Nappini, ha sconvolto tutti: familiari, colleghi di lavoro, politici e uomini di chiesa. “Non si può morire così”, ha detto il vescovo Baldo Reina, vicegerente della diocesi di Roma e ausiliare del settore Ovest, che ieri sera si è recato a visitare la mamma di Rossella Nappini. “Non possiamo rimanere indifferenti di fronte al dilagare di tanta violenza che colpisce le donne! È una vera e propria ‘mattanza’ che fa inorridire e che rivela come la cultura della morte ormai, come una nube oscura, stia avvolgendo tutto e tutti. Abbiamo bisogno – aggiunge mons. Reina – di gridare: ‘basta!’, ‘la vita umana è sacra e non si tocca!’; ma abbiamo anche bisogno di riprendere con coraggio la sfida educativa, di impegnarci tutti nel diffondere la cultura della vita e del bene”.