All’indomani della gara d’andata di Champions giocata tra Juventus e Real Madrid un ragazzo che conosco e che, dettaglio non banale, non segue il calcio, scriveva su Facebook: “Sì, ok, bello tutto: ma la rovesciata di Ronaldo non è Poesia. Vi prego”.
Il suo post e la discussione nata nei commenti mi hanno fatto riflettere e dato lo spunto per questo pezzo ma mi mancava quel qualcosa in più. E quel qualcosa in più è arrivato lo scorso martedì.
Ma andiamo per gradi.
Partiamo dall’evento che, come dicevo, ha acceso la miccia ovvero la rovesciata di Cristiano Ronaldo all’Allianz Stadium di Torino.
Un gesto tecnico mostruoso: l’asso portoghese ha deciso in una frazione di secondo che quello sarebbe stato il modo giusto per provare a buttarla dentro e coordinatosi è salito col piede destro a 2,38 metri di altezza colpendo il pallone in maniera perfetta e come detto da Barzagli dopo la gara “con una potenza mai vista per una rovesciata” lasciando di sasso Buffon, uno tra i migliori portieri di sempre, che non ha potuto far nulla. Le istantanee di quel momento hanno fatto il giro del mondo in men che non si dica.
Era il gol dello 0-2 per il Real in casa della Juve e sapete cosa hanno fatto i tifosi bianconeri sugli spalti? Si sono alzati ad applaudire, tutti, regalando a CR7 una standing ovation da brividi.
E voi vorreste dirmi che questa non è Poesia?
Vogliamo parlare invece della prima partita giocata dalla Fiorentina dopo la scomparsa di Astori? E’ passato appena un mese da quel match che ha visto i viola vincere 1-0 contro il Benevento al Franchi grazie alla rete di Victor Hugo, proprio colui chiamato a sostituire il capitano.
Mettendo da parte quelle che molti possono considerare pure coincidenze come il fatto che Asto vestisse da sempre la 13 e Hugo (numero di maglia 31) abbia segnato alle ore 13 in punto, alla sua tredicesima presenza ed è stato il tredicesimo marcatore della Fiorentina in questa stagione, a far venire la pelle d’oca anche ai non amanti del calcio, sono state la coreografia da brividi della Curva Fiesole al minuto 13 e soprattutto l’esultanza di Victor Hugo.
Il difensore ha tributato il compianto capitano andando verso la panchina dove gli hanno mostrato una maglia con su la foto di Astori ed emozionato si è fermato dinnanzi ad essa e si è portato la mano alla fronte in stile militare per poi prendere quella maglia per mostrarla a tutto lo stadio. La maggior parte dei tifosi inquadrati sugli spalti come facilmente ipotizzabile non è riuscita a trattenere le lacrime davanti ad un momento così toccante.
E voi vorreste dirmi che questa non è Poesia?
Ma torniamo alla scorso martedì.
Come sappiamo, allo stadio Olimpico si è giocata la gara di ritorno dei quarti di finale di Champions League tra Roma e Barcellona.
Il match d’andata si era concluso sul 4-1 per i blaugrana con la squadra di Di Francesco che si era praticamente fatta male da sola a causa degli autogol di De Rossi e Manolas.
Tutto sembrava perduto: recuperare un risultato del genere contro una delle squadre più forti del mondo e che ha in rosa, tra gli altri, un certo Lionel Messi, era pura utopia. Tutti sappiamo invece cos’è successo all’Olimpico, tutti abbiamo ancora negli occhi le immagini di quella serata epocale per il tifo giallorosso e non solo. 3-0 secco per la Roma, senza diritto di replica e qualificazione conquistata.
Da chi sono stati segnati i gol? Beh, tutti e tre hanno il loro lato romantico: il primo porta la firma di Edin Dzeko che a gennaio era ad un passo dal Chelsea ma alla fine aveva rifiutato la destinazione (e il doppio dello stipendio) preferendo rimanere nella Capitale almeno fino a fine stagione per inseguire gli obiettivi da professionista vero e perché affezionato alla maglia. La seconda e la terza rete invece sono state segnate proprio da De Rossi e Manolas, coloro che all’andata avevano fatto piangere i propri tifosi.
L’emozione e l’eccitazione regalate da certe imprese forse vanno addirittura oltre la Poesia.
E’ un qualcosa difficile da spiegare a parole ma, se sei un amante del Calcio, la senti lì a prenderti a pugni nello stomaco.
Non sono un tifoso della Roma ma al fischio finale ho avuto i brividi: questa è una favola di fronte alla quale non si può rimanere indifferenti, una pagina indelebile che mai potrà essere dimenticata perché, vada come vada il resto della competizione, martedì scorso si è fatta la storia.
E voi vorreste dirmi che anche questa non è Poesia?
Potrei andare avanti a lungo, potrei chiedervi come sia possibile non considerare Poesia gli addii al calcio di Totti, Zanetti, Del Piero e Maldini o la parata di Buffon su Zidane nella finale dei Mondiali del 2006 o, andando ancora più indietro nel tempo, la mano de Diòs di Maradona dopo la quale segna il gol più bello della storia del Calcio al Mondiale dell’86, ma sarebbe sprecato: ognuno ha le proprie Poesie. Ci sono quelle che piacciono ai più come fossero scritte da Ungaretti o William Blake e quelle che invece non incontrano il gusto di tutti ma che per chi le ha a cuore sono dello stesso livello.
E noi inguaribili romantici del pallone le custodiamo tutte con una certa gelosia nella nostra memoria.
Voi continuerete a dirci che “è solo un gioco” e che siamo solo degli “ignoranti che guardano 22 milionari correre dietro un pallone”.
Noi per l’ennesima volta vi guarderemo e, alla fine, con un sorriso amaro, vi ignoreremo.
Di Giorgio De Giorgi (Instagram: @gio.degio)