Quando si visita Roma è tradizione gettare una monetina nella fontana di Trevi esprimendo un desiderio, solitamente quello di poter ritornare. Un turista, mentre compie questo gesto simbolico, dà le spalle alla fontana e certamente il suo occhio è attratto dalla facciata della chiesa che vede alla sua sinistra, intitolata ai Santi Vincenzo e Anastasio.
Le fonti agiografiche raccontano che nell’805 d.C. un corteo di chierici e soldati franchi stavano percorrendo la via Laurentina diretti alle Acque Salvie, luogo in cui fu martirizzato San Paolo, dove papa Onorio I aveva fondato un monastero per i monaci della Cilicia, connazionali dell’apostolo. Portavano con sé un’importante reliquia, la testa di un soldato persiano che, dopo essersi convertito al cristianesimo e aver mutato il suo nome da Magundat in Anastasio, non volendo abiurare la sua nuova fede, fu condannato alla pena capitale nel 628. Quella testa era importantissima perché, secondo la leggenda, grazie alla sua presenza tra le schiere cristiane Carlo Magno e papa Leone III espugnarono Ansedonia, l’ultima roccaforte longobarda sulla costa maremmana. Nel VII secolo il santo veniva invocato nella chiesa delle Tre Fontane, che in seguito venne intitolata anche al diacono Vincenzo, una celebre vittima della persecuzione di Diocleziano a Saragozza.
I nomi dei due martiri vennero accostati anche nella chiesa del Rione Trevi, intitolata nel X secolo ad Anastasio e nel 1566 a Vincenzo. Questa fu una parrocchia fino al 1825 e fu famosa perché, trovandosi nei pressi del Quirinale, vi si celebrarono le esequie di circa 22 papi, i cui nomi sono ricordati da due grandi lapidi poste nell’abside.
Se il nostro turista, dopo aver gettato la monetina, entrasse nella chiesa, nella prima cappella di destra troverebbe come di consueto delle tombe gentilizie e su una delle sepolture leggerebbe che lì riposa il corpo di Zenaide Wolkonskj, deceduta all’età di settant’anni il 5 febbraio 1862. Chi è questa donna?
La principessa, di origine russa, nacque a Dresda il 3 dicembre 1789 poiché il padre, Aleksandr Michajilovic, era messaggero della corte sassone. Nel 1808 diventò damigella d’onore della regina Luisa di Prussia ed entrò nelle grazie di suo marito Alessandro I per le sue doti intellettuali e umane. La relazione di stima reciproca tra i due fece molto discutere, in quanto l’imperatore tenne una fitta corrispondenza con lei anche quando si trovava sui campi di battaglia.
Zenaide fu musicista, attrice, poetessa ed ebbe contatti con scrittori e personaggi eminenti. Nel 1820 si trasferì a Roma con il marito Nikita Wolkonsky, aiutante di campo dello zar, e vi trascorse due anni. In quel lasso di tempo divenne pastorella dell’Accademia dell’Arcadia con il nome di Carisca Cidonia, fu nominata socia onoraria della Filarmonica e si convertì al cattolicesimo. Ritornò nel 1829 e infine nel 1835, anno in cui andò a vivere nel palazzo della famiglia Conti dei Duchi di Poli, a ridosso della fontana di Trevi; proprio per questo venne iscritta nel registro delle anime della parrocchia dei Santi Vincenzo e Anastasio. In realtà la principessa trascorreva molto tempo in una villa costruita dall’architetto Francesco Azzurri che sorgeva nei pressi del Laterano ed oggi ospita la sede dell’ambasciata di Gran Bretagna a Roma.
Al primo piano di palazzo Poli aveva un salotto letterario in cui riceveva intellettuali russi, ad esempio Gogol, ma anche italiani; tra questi c’era il Belli, che le dedicò due sonetti. Dopo la morte del marito nel 1845 iniziò a frequentare la casa del marchese De Gregorio, dove si riunivano Vincenzo Pallotti, Maria De Mattias, Angela Molari e anche alcuni laici con lo scopo di organizzare delle attività caritative per i poveri della città. La nobildonna, animata dalla fede e desiderosa di impegnare la sua vita nelle opere pie, entrò a far parte del gruppo di benefattori e finanziò generosamente i loro progetti. Grazie al suo prezioso intervento le Adoratrici del Preziosissimo Sangue, congregazione fondata dalla De Mattias con il carisma dell’educazione e istruzione delle fanciulle, poterono aprire il 3 maggio 1847 la loro prima scuola in via degli Avignonesi, a cui la principessa ne aggiunse una seconda vicino al Laterano il 13 giugno 1854.
Negli ultimi venti anni di vita la Wolkonskj si dedicò totalmente alla preghiera e alla carità al punto che intorno a lei si creò un’aura leggendaria. Coloro che la conobbero raccontano che pochi giorni prima di morire, avendo visto per strada una mendicante intirizzita a causa del freddo, ne ebbe pietà. Ricordò che San Martino si era tolto il mantello per donarlo ad un povero e le venne spontaneo imitare il gesto; entrò in un portone, si tolse la sottogonna di lana e la diede alla donna.
Dopo aver visitato la chiesa dei Santi Vincenzo e Anastasio probabilmente il nostro turista farà una foto alla fontana di Trevi, prenderà un gelato e proseguirà la sua passeggiata ma, se potesse conoscere la storia di Zenaide, forse tirerebbe un sospiro di sollievo, si sentirebbe leggero e penserebbe che Roma è ancora più bella.
Alessandro Gerundino
#santivincenzoeanastasio #fontanaditrevi #ambasciatagranbretagna