Roma, testimonianza della ex moglie di un Casamonica: “Mi hanno distrutto la vita”

Debora Cerroni, ex moglie di Massimiliano Casamonica, ha testimoniato come collaboratrice di giustizia consentendo alla procura di decimare il clan con un’ondata di arresti.

Nell’ultima udienza del maxiprocesso a carico di 44 esponenti della famiglia sinti, la donna ha raccontato la sua vita precedente:
“So che Giuseppe Casamonica diceva di avere 10 milioni di euro nascosti nei muri. Una volta ero a vicolo di Porta Furba e venni insultata perché mi ero tagliata i capelli di un centimetro, arrivavano a controllarmi anche la spesa”.

La donna continua il suo racconto dopo essersi separata dalla famiglia sinti, decidendo di raccontare ogni cosa agli inquirenti:
“Mi hanno distrutto la vita. Non avevo sposato soltanto Massimiliano, ma tutto il clan; mi hanno tolto il cellulare, per cercare di nascondere il sequestro mi hanno anche portato alla festa di un loro parente.
Hanno anche minacciato di sciogliermi nell’acido”.

Ha spiegato anche il rapporto diretto con i familiari, a quanto pare mai stati contenti di doverla accogliere in famiglia:
“Non sono mai stata ben vista da loro, perché non ero sinti; dovevo fare quello che dicevano loro, non potevo fiatare. Ogni volta erano discussioni e botte.
Lavoravo come cuoca e neanche questo andava bene. Mi accusavano dei tradimenti ma anche mio marito mi tradiva.
Più volte ho pensato di denunciare, ma ogni volta che andavo in caserma alla fine non entravo e piangevo, avevo paura per i bambini. Ma nel maggio 2014 sono riuscita a fuggire e a Bologna ho sporto denuncia. Avevo paura e temevo ritorsioni sui miei figli.”

Il maxiprocesso contro la famiglia sinti è scaturito dall’operazione Gramigna che, tra il 2018 e il 2019, in due tranche, ha fatto finire in carcere decine di esponenti del clan. Il primo filone si è chiuso lo scorso dicembre con la condanna di 14 componenti della famiglia. Per gli imputati, che hanno scelto il giudizio abbreviato, sono state disposte pene che vanno dai 3 ai 9 anni di reclusione e per alcuni di loro è stata riconosciuta l’aggravante mafiosa. L’accusa più pesante, quella di associazione a delinquere di stampo mafioso, invece, viene contestata nel processo trattato ieri a carico di 44 imputati.

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