I 5000 presenti all’Auditorium Parco della Musica sono rimasti sorpresi da una battuta del frontman della boy band inglese. La reazione è stata clamorosa
“Ero presente al concerto di Roma del 1995 e a distanza di più di 30 anni non potevo mancare a quest’altro evento”. Nelle parole di una delle oltre 5000 persone presenti ieri sera all’Auditorium Parco della Musica per assistere al concerto dei Take That, c’è il riassunto di una serie di emozioni. Ad assistere allo spettacolo c’era tutto il popolo degli anni ottanta e novanta. Hanno ballato, cantato, si sono scatenati sulle note dei brani più iconici che hanno accompagnato un’intera generazione.
Il concerto è iniziato intorno alle 21:30: Gary Barlov, Mark Owen e Howard Donald, i tre superstiti della prima vera storica boy band capace di segnare un’intera generazione musicale nei primi anni novanta, hanno dato spettacolo, accompagnando il pubblico presente in un viaggio lungo trenta anni, attraverso i successi che li hanno portati ad essere una delle band più conosciute e amate. “L’ultima volta che li ho visti dal vivo avevo quindici anni ed ero una ragazzina scatenata. Ero innamoratissima di Mark e Robbie – dichiara una fan con maglietta e bandana dedicata alla boy band- oggi non potevo mancare a questo spettacolo straordinario”.
Nelle oltre cinquemila persone che hanno riempito gli spalti del della Cavea dell’Auditorium Parco della Musica Ennio Morricone di Roma, non c’era quasi traccia di millennial. Gli unici presenti, fungevano da accompagnatori dei genitori. A godersi l’ora e mezza di spettacolo ininterrotto, con oltre 20 brani suonati dal terzetto britannico, c’era una schiera di fan cresciuti con i brani della band: Un esercito di quarantenni capaci di emozionarsi e di rivivere le emozioni di un tempo. “Lo spettacolo è stato bellissimo. Ma ammetto che fino all’ultimo ho sperato che potesse esserci anche Robbie Williams. Ho creduto che la tappa Rromana potesse stuzzicarlo e permettergli di presentarsi insieme ai suoi vecchi compagni di viaggio”, il pensiero di uno presenti, che si è goduto il concerto insieme alla moglie e alla figlia. “E’ una delle poche ventenni presenti, chiaramente lei ha i suoi idoli musicali, Ma noi l’abbiamo fatta crescere potendo le canzoni che hanno accompagnato la nostra gioventù e tra queste non potevano mancare i brani dei Take That”.
Il concerto ha vissuto un momento molto particolare, quando Mark Owen ha preso il microfono ed ha stuzzicato il pubblico presente con un messaggio chiaro, quasi provocatorio: “Ce la fate a venire qui sotto?”, ha detto, rivolgendosi al pubblico presente nel parterre. La risposta ha stupito tutti: la band, i fans presenti sugli spalti e gli stessi organizzatori, sono stati costretti ad affrontare una folla inferocita, che in pochi istanti ha raggiunto il bordo degli spalti. Gli steward stavano per intervenire, quando lo stesso Owen, dal palco ha detto: “Va bene così, non c’è problema, possono stare qui”. Ed è iniziato un nuovo spettacolo: Owen, Barlow e Donald hanno iniziato a duettare con il pubblico: hanno distribuito birre (di una nota marca italiana) agli spettatori, si sono prestati a “dare il cinque” ai presenti, hanno omaggiato con delle rose le fans ai piedi del palco e realizzato tanti momenti speciali.
“Ero venuta qui con un solo obiettivo – ha detto una ragazza – dovevo vedere dal vivo il balletto di Pray: quando ero teenager impazzivo nel vederli ballare. E quel pezzo mi ha sempre fatto morire. Non pensavo di vederli così: hanno dato spettacolo”. Lo show, iniziato alle ore 21, ha portato la band inglese ad esibirsi in venti brani: dall’iconico Back for Good a Relight my fire, da Pray a Shine, da Patience ad Everything Changes, fino a How Deep is your Love. “Speriamo solo di non dover aspettare altri 30 anni prima di rivederli a Roma”, scherzava una ragazza all’uscita. E’ l’augurio che più di cinquemila persone hanno condiviso.