Dario Rose, cinquantatré anni, 2 figli, archeologo, è un profondo conoscitore della storia e dei beni culturali del territorio, ha dedicato molti anni allo studio del patrimonio archeologico del Comune di Ciampino, da tempo impegnato, con Ciampino Bene Comune e altre associazioni del territorio, alla la difesa del verde, dell’acqua pubblica e dei beni comuni.
“Dopo aver aderito al Manifesto – dice Rose – è nata subito l’esigenza di tradurre quei principi e valori comuni in un progetto di cambiamento per la città. Ho accettato di dare la mia disponibilità per condurre questa sfida impegnativa, a nome di una coalizione larga e plurale, che abbiamo chiamato Diritti in Comune. Mi ha convinto la ricchezza e la diversità dei percorsi politici e civici che si sono uniti, insieme all’espressione di una cittadinanza attiva che, giorno dopo giorno, continua ad aderire a questa proposta”.
“E’ un progetto di cambiamento – prosegue Rose – che nasce dal basso e dalla necessità di segnare una forte discontinuità con una classe dirigente di lungo corso, che ha portato l’amministrazione al commissariamento. Con responsabilità mettiamo insieme competenze, passione e lavoro collettivo, per ridare diritti e coesione sociale ad una comunità cittadina, che oggi appare fortemente disgregata di fronte ad un territorio, per troppo tempo manomesso da speculazione e degrado”.
“Da oggi ci mettiamo al lavoro – conclude Rose – con un laboratorio programmatico condiviso. La difesa dei beni comuni, la centralità dei servizi pubblici locali, un sistema di mobilità sostenibile e di città ecologica, un nuovo strumento di governo per la tutela e la salvaguardia del territorio, sono per noi fondamenta per ricostruire un modello di città aperta, pubblica, inclusiva, vivibile, a misura di cittadino”.
IL MANIFESTO
“Siamo donne e uomini che vivono e lavorano in questa città, legati a questo territorio, alla sua storia, alla sua comunità. Molti di noi hanno scelto appartenenze politiche, molti operano nell’associazionismo cittadino, tutti riteniamo che ci si debba impegnare insieme per cambiare il futuro che decenni di politica nazionale e locale spinta esclusivamente dal profitto di pochi, avrebbe già scritto per noi”, è scritto nel manifesto.
“In questo territorio viviamo tutte le contraddizioni di un sistema economico che produce disoccupazione e precarietà, la progressiva distruzione dello stato sociale, dell’ambiente naturale e l’impoverimento degli stessi rapporti umani. Il territorio è ormai saturo, con un forte condizionamento sul presente e sul futuro di questa città, cresciuta rapidamente sotto il peso della speculazione, a discapito dei servizi e degli spazi pubblici che dovrebbero connaturarla: manca un punto di primo soccorso, un teatro, una sala riunioni, persino una piazza vivibile o un’area pedonale”.
“Oggi la scelta è tra due visioni di città: da una parte la definitiva trasformazione di Ciampino in una periferia dormitorio di Roma, socialmente abbandonata e scarsamente coesa; dall’altra il recupero dei valori di una città aperta, pubblica, inclusiva, vivibile, a misura di cittadino. L’apatia sociale della comunità cittadina è stata volutamente alimentata, per permettere a chi occupa la scena politica da lungo tempo di amministrare senza ascoltare le idee, senza rispondere alle domande e mortificando ogni forma di proposta di iniziativa popolare.
La città vive oggi in uno stato d’abbandono, con un territorio schiacciato tra inquinamento (aereoporto, traffico, roghi tossici e discariche abusive) e degrado urbano. L’epilogo fallimentare di una lunga stagione di governo e l’assenza di una visione politica lasciano in dote a chi verrà un quadro economico-finanziario devastante, inaccettabile per chi, come noi, non si arrende alla logica dei tagli indiscriminati su welfare e servizi, come unica prospettiva di “rilancio” amministrativo.
Crediamo sia urgente e necessario costruire un’alternativa netta e coraggiosa, sia rispetto ad una classe politica che ha definitivamente esaurito la propria funzione, sia rispetto a chi vorrebbe consegnare Ciampino nelle mani delle destre, di Governo e non, le quali investono sulla guerra tra poveri, la xenofobia e il sessismo, diffondendo insicurezza ma rinunciando ad ogni azione concreta in grado di combattere diseguaglianze, povertà diffusa e precarietà. Quello che ci hanno lasciato è un bilancio comunale con zero stanziamenti su gran parte degli interventi di manutenzione, con tagli su tutti i servizi locali, in particolare quelli per i diritti sociali e per le famiglie, come si evince dalla prossima chiusura dei nidi comunali a partire da luglio 2019. Di fronte a tutto ciò noi crediamo si debba ridiscutere tutto. Emerge la necessità di nuovi strumenti di partecipazione politica, con la verifica delle scelte passate, per la gestione del presente e la programmazione del futuro. Serve un radicale cambiamento del modello di mobilità cittadina, che dovrà essere sempre più incentrata su sistemi pubblici ed ecologici e non più soltanto sull’uso dell’auto privata, su cui poi “fare cassa” attraverso piani sosta, gravando come sempre sulle spalle delle persone.
Le vicende dell’Igdo e della Tenuta Mura dei Francesi sono state una profonda ferita per la nostra comunità, che non si rassegna a veder cancellata la funzione pubblica e affettiva dei beni culturali e paesaggistici del territorio, per i progetti speculativi di pochi. Anche quel che resta del patrimonio pubblico vive nell’abbandono e nell’incuria, basti pensare al degrado scandaloso nel quale versa il Cimitero comunale. Sentiamo il dovere di far rivivere questi luoghi, riproducendo esperienze di gestione e controllo popolare diretto, da discutere collettivamente nelle forme e negli obiettivi.
Occorre infine ridare assoluta centralità ai servizi pubblici locali, in particolare quelli che riguardano i diritti fondamentali della persona, che devono restare privi di rilevanza economica. Per questo furono pensate le Aziende pubbliche cittadine: le partecipate comunali, la cui gestione avrebbe dovuto coniugare lavoro e qualità dei servizi, vanno ristrutturate e devono tornare ad occuparsi esclusivamente dei servizi di questa comunità, con un controllo rigoroso anche attraverso forme partecipate dai cittadini utenti.
Solo attraverso la costruzione di una rete di persone, associazioni, esperienze civiche e politiche che animano buone pratiche di autogestione e di partecipazione attiva, sarà possibile realizzare un’altra idea di città e di futuro.
La città che si prende cura di sé, ecologica, pubblica, è una città che vive, partecipa e progetta il suo futuro. Ora è il tempo di farlo insieme.