L’ex Premier accusa la Francia e spiega cosa è successo il 27 giugno del 1980: “Un’onta che pesa sulla Francia e che Macron può eliminare”
A distanza di quarant’anni dalla Strage di Ustica, Giuliano Amato, ex Premier, esce allo scoperto e rivela le sue verità. Il 27 giugno del 1980 l’aereo DC-9, partito da Bologna e diretto all’aeroporto di Punta Raisi a Palermo, fu abbattuto all’altezza di Ustica. L’aereo perse il contatto radio col Centro di controllo d’area di Roma, responsabile del servizio di controllo del traffico aereo in quel settore e ubicato presso l’aeroporto di Roma-Ciampino, si spezzò – come appurato dopo lunghe analisi dei dati radar e con il successivo recupero del relitto dal fondo del mare – in almeno due grossi spezzoni e cadde nel mar Tirreno. Nell’incidente morirono tutti gli 81 occupanti dell’aeromobile, tra passeggeri ed equipaggio.
A distanza di 43 anni, e dopo numerose indagini, cadute nel vuoto, Giuliano Amato svela la sua verità: “Dopo quarant’anni le vittime innocenti di Ustica non hanno avuto giustizia. Perché continuare a nascondere la verità? È arrivato il momento di gettare luce su un terribile segreto di Stato. Potrebbe farlo Macron. E potrebbe farlo la Nato. Chi sa ora parli: avrebbe grandi meriti verso le famiglie delle vittime e verso la Storia”. Amato tira in ballo la Francia, spiega che tutto era stato realizzato per colpire Gheddafi e che il leader libico fu avvertito da Bettino Craxi.
L’ex Premier rivela la sua versione della strage e in una lunga intervista a Repubblica, dichiara: “La versione più credibile – afferma – è quella della responsabilità dell’aeronautica francese, con la complicità degli americani. Si voleva fare la pelle a Gheddafi, in volo su un Mig della sua aviazione. Il piano prevedeva di simulare una esercitazione della Nato, una messa in scena che avrebbe permesso di spacciare l’attentato come incidente involontario”.
“Gheddafi – prosegue Amato – fu avvertito del pericolo e non salì sul suo aereo. E il missile sganciato contro il Mig finì per colpire il Dc9. L’ipotesi più accreditata è che quel missile sia stato lanciato da un caccia francese”. Amato ha cercato di andare a fondo alla vicenda e il comportamento di alcuni responsabili militari dell’epoca, lo insospettirono. “Da principio i militari si erano chiusi in un silenzio blindato, ostacolando le indagini. E quando da sottosegretario ebbi un ruolo in questa vicenda, nel 1986, cominciai a ricevere le visite dei generali che mi volevano convincere della tesi della bomba. Capivo che c’era una verità che andava schermata. E la nostra aeronautica era schierata in difesa della menzogna”.
“Avrei saputo più tardi, ma senza averne prova – dichiara ancora l’ex presidente del Consiglio – che era stato Craxi ad avvertire Gheddafi. Non aveva interesse che venisse fuori: sarebbe stato incolpato di infedeltà alla Nato e di spionaggio a favore dell’avversario. In fondo è sempre stata questa la sua parte. Amico di Gheddafi, amico di Arafat e dei palestinesi: uno statista trasgressivo in politica estera”. Ad Amato viene chiesto se Craxi era stato informato del piano della Nato: “Non direi – risponde – forse aveva ricevuto qualche soffiata ed ha avvertito Gheddafi. Ma non credo ne sapesse più degli altri. Ho sempre avuto l’impressione che la politica ne sapesse meno rispetto agli alti comandi militari. C’è una cosa che pensai allora, ma non dissi perchè facevo parte del ceto politico e poteva sembrare una giustificazione autoassolutoria. Non era del tutto irragionevole che i generali, per tenere al sicuro il segreto, si guardassero bene dal condividerlo con i politici”.
Secondo Amato, il mondo politico è stato al gioco: “La politica non aveva convenienza a sapere fino in fondo. In ogni modo la verità risultava scomoda. Ed era meglio lasciarla sepolta”. Tra fedeltà alla Costituzione e fedeltà alla Nato, sostiene Amato, è prevalsa la seconda: “Un apparato costituito da esponenti militari ha negato ripetutamente la verità. Tutte queste persone hanno coperto il delitto per una ragion di Stato. Non giustifico e tuttavia comprendo le spinte che portarono all’occultamento della verità, ma 40 anni dopo è difficile da capire. Mi chiedo perché Macron, anche anagraficamente estraneo alla tragedia – conclude Amato – non voglia togliere l’onta che pesa sulla Francia. O dimostrando che questa tesi è infondata oppure porgendo le scuse più profonde all’Italia e alle famiglie delle vittime in nome del suo governo”.