Stupro+a+Palermo%2C+Colasanti+%28AICIS%29%3A+%26%238220%3BLa+giovane+vittima+non+va+lasciata+sola%26%238221%3B
romacityrumorsit
/news-in-tempo-reale/stupro-a-palermo-colasanti-aicis-la-giovane-vittima-non-va-lasciata-sola.html/amp/
News

Stupro a Palermo, Colasanti (AICIS): “La giovane vittima non va lasciata sola”

La giovane vittima dello stupro a Palermo non va lasciata sola sotto tutti i punti di vista”. 

Sono le parole di Roberto Colasanti, colonnello dei carabinieri in congedo e coordinatore del Team Crime Analists ed Investigation dell’Associazione italiana criminologi per l’investigazione e la sicurezza (AICIS). In un’intervista a Notizie.com raccomanda: “Non va dimenticata sia dal punto di vista legale sia psicologico e bisogna starle vicino sia nella fase delle indagini, che durante il processo. Quando si aprirà il dibattimento, dovrà essere preparata, perché per lei sarà il momento più critico”. 

Stupro a Palermo, Colasanti (AICIS): “La giovane vittima non va lasciata sola” (Pexels.com) – notizie.com

Inoltre il criminologo ricorda che le vittime dei reati del Codice rosso non vanno lasciate sole e che “hanno sempre diritto al gratuito patrocinio, indipendentemente dal reddito”. 

Uno degli aspetti inquietanti che vede vittima la diciannovenne, è l’esistenza di due gruppi Telegram composti da 12mila e 14mila iscritti, nei quali si cercavano video dello stupro. In cambio queste persone offrivano foto e video di bimbi in biancheria, ma anche di madri e sorelle, o donne che prendono il sole.
I mezzi di comunicazione non sono di per sé il problema, ma l’uso che se ne fa. Chiaramente gli inquirenti e gli investigatori stanno operando con attenzione ed hanno circoscritto la situazione velocemente, recuperando i filmati. Questo apre la fase delle responsabilità: ci sono video che riproducono immagini di sesso esplicito la cui diffusione costituisce reato”;

Sarebbe stato reato anche con il consenso?
Certo, anche se ci fosse stato il consenso dell’altra parte. È il cosiddetto Revenge Porn, che fa parte del Codice rosso e prevede sanzioni consistenti. In generale, chi riceve video e li mette in circolazione viene coinvolto in una cosa di cui forse non si rende conto. Evidentemente queste persone sono abituate a ricevere e inviare contenuti di questo genere senza pensarci troppo, restando impuniti. In generale, arrivare a tutti quelli che ricevono filmati di questo tipo è un percorso laborioso, ma va intrapreso. È necessario fare un percorso di moralizzazione ai ragazzi: devono capire che non è un gioco. Tra la realtà e il virtuale c’è una bella differenza”;

Cosa può spingere i ragazzi ad essere interessati a contenuti di questo genere?
Ogni genitore dovrebbe porsi questa domanda. Non bisogna mai generalizzare, perché le situazioni dei ragazzi sono diverse e dipendono da tanti fattori, compreso il contesto sociale. Gli apparati tecnologici spesso sono sottratti a qualsiasi forma di controllo da parte dei genitori. In molti casi c’è un’attrazione verso la trasgressione anche dal punto di vista dell’uso di sostanze stupefacenti e superalcolici”;

Il ragazzo scarcerato dal gip del tribunale dei minori, si trova in comunità ma continua a provocare sui social. “C’è qualche ragazza che vuole uscire con noi?”, oppure, “la galera è di passaggio, si ritorna più forti di prima”. Da queste frasi non si è evince certo un pentimento.
In questi casi serve un percorso che deve far capire ai soggetti che ci sono cose che non vanno fatte perché le persone vanno rispettate. È alla base dell’educazione. Nel caso di Palermo parliamo di sette persone contro una sola ragazza che non poteva reagire. È evidente che è stata costretta all’atto sessuale con l’uso della forza e questo dimostra insensibilità. Evidentemente, questi ragazzi credevano che quello che stavano facendo fosse giustificabile. È chiaro che l’opinione pubblica sia scossa, perché oltre alla violenza fa riflettere la modalità in cui è stata perpetrata. Inoltre questi ragazzi sono arrivati a vantarsi di quello che hanno fatto, prima di pentirsi. C’è un problema sociale e bisogna intervenire”;

Le leggi contro la violenza di genere bastano?
La pena prevista per il reato di violenza sessuale di gruppo va da 8 a 14 anni, non è poco. In più, ci sono le circostanze aggravanti che possono ulteriormente incrementare la pena di un terzo. Dal punto di vista normativo non possiamo dire che il fatto non sia stato qualificato adeguatamente. Per il resto, non conosco questi ragazzi personalmente, non so da quale contesto sociale provengano, sono tutti giovanissimi. Devono fare un percorso adeguato”;

Crede che ci sia abbastanza sensibilizzazione contro la violenza di genere?
Penso che nelle scuole di ogni ordine e grado si debbano introdurre ore dedicate a sensibilizzare gli studenti contro la violenza sulle donne. Ci deve essere qualcuno che faccia capire ai ragazzi il valore del rispetto della vita altrui. Ci sono molti tipi di violenza ma hanno tutti una radice comune. Quando si trae piacere a infliggere sofferenza a un altro essere vivente c’è qualcosa che non va e si deve far capire che non è giusto”.