Monica Nappini, sorella di Rossella, l’infermiera uccisa a Roma, si scaglia contro il 45enne marocchino, accusato dell’omicidio
Il 45enne di origine marocchina, sospettato dell’uccisione di Rossella Nappi, l’infermiera di 52 anni uccisa a Roma nell’androne della sua abitazione con più di 20 coltellate, rimarrà in carcere. L’uomo è il principale indiziato dell’assassinio della donna: secondo una prima ricostruzione, avrebbe aspettato la vittima a casa della madre (dove Rossella si era trasferita), poi dopo un amichevole chiacchierata, l’avrebbe aggredita appena usciti da casa, per motivi ancora da chiarire.
Gli inquirenti sospettano che sia stato proprio lui ad infliggere al corpo della sua ex fidanzata (i due avevano da poco interrotto una relazione) le 20 coltellate che l’hanno uccisa. Secondo gli investigatori, alla base del delitto potrebbero esserci motivi sentimentali o economici (i due erano usciti per andare a prelevare una somma al bancomat prima della lite). I testimoni hanno raccontato di urla e richieste di aiuto, prima di trovare il corpo della vittima, disteso a terra, nell’atrio del palazzo, in mezzo ad un lago di sangue.
“Giustizia fatta adesso devi marcire in carcere“. Con queste parole Monica Nappini, sorella di Rossella, ha commentato su Facebook la notizia del fermo del 45enne marocchino, principale indiziato dell’omicidio della sorella. Questa mattina, sempre sui social, Monica aveva ricordato con parole molto più dolci la sorella. Insieme ad una sua foto sorridente in bianco e nero, aveva scritto: “Purtroppo questa volta non sono riuscita a salvarti, ma una cosa è certa: starai vicino a papà come volevi. Riposa in pace sorellina mia”. Tra i commenti anche quello del cognato Francesco: “Cavolo Rosse’ non trovo una foto che stiamo insieme. Voglio ricordarti così Cognata Mia. Ricordo perfettamente quando stampammo sta foto assieme. T’ho voluto bene malgrado i nostri litigi. Mi mancherai tantissimo capocciona mia!! Che la terra ti sia lieve”.
Fabio, il migliore amico di Rossella, svela: “Il 45enne marocchino fermato oggi? Non lo conoscevo. Ultimamente era molto stanca di tutto e mi parlava soprattutto del padre dei suoi figli che le dava problemi sugli alimenti o sul fatto che non vedeva i ragazzi. Cose così. Non mi ha mai parlato di altri uomini. Rossella non aveva paura. La paura non era un sentimento che le apparteneva“. Fabio rivela che Rossella non si sentiva minacciata e che la raccolta fondi per le associazioni che combattevano la violenza sulle donne, non era stata fatta da Rossella per delle violenze subite. “Se fosse stato così me lo avrebbe detto. Io e Rossella ci siamo conosciuti nell’agosto del 1983, in vacanza vicino a Tarquinia. Io avevo 9 anni e lei 12. Io di Torino e lei di Roma. Ho seguito la sua vita, la nascita dei sui figli tanto desiderati, la morte del padre Piero che lei amava tantissimo. Insomma, non ci vedevamo tanto ma ci sentivamo spesso e lei mi diceva sempre ‘sei più che un fratello, sei il mio amore che non mi tradirà mai'”.
La morte di Rossella Nappini ha sconvolto l’ospedale San Filippo Neri, dove la donna lavorava come infermiera. Decine e decine di volantini con la sua foto sono stati affissi sui corridoi dell’ospedale. I colleghi hanno voluto ricordarla così: con una foto sorridente e un messaggio che invita a riflettere sulla “barbarie” nei confronti delle donne. “È stata uccisa una donna, ancora una volta. Questa donna era una nostra infermiera, lavorava all’ospedale San Filippo Neri. Era parte della nostra comunità ed è doveroso che tutta la Asl Roma 1 si unisca simbolicamente nel cordoglio – insieme con il commissario Quintavalle e la Direzione aziendale – e nella espressione di ferma condanna della violenza, in ogni sua forma. Un femminicidio non è mai solo un episodio di cronaca. Per questo non dobbiamo mai cedere alla banalizzazione di un simile dramma, ma restare vicini a questa famiglia e a quella di tutte le vittime. Non esistono motivazioni reali per simili gesti, si tratta di una barbarie che dovrebbe farci riflettere e vergognare tutti”.