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Il delivery arriva anche a Rebibbia: pizza e birra in carcere ad un prezzo shock

La Procura ha chiuso le indagini nei confronti di 41 persone. A Rebibbia era stato organizzato una specie di “delivery dello Spaccio”: con consegne anche di pizza, birra e altri generi

“Scusi, è possibile avere una pizza e una birra? L’indirizzo? Consegni tutto al carcere di Rebibbia”. Con un pizzico di immaginazione, possiamo proiettare nella nostra testa questa scena. Pagando una cifra molto elevata, era infatti possibile riuscire a fare entrare di tutto all’interno della struttura carceraria romana. Anche una pizza e una birra. La Procura di Roma, allarmata da alcune vicende poco chiare avvenute nel carcere romano, ha indagato a lungo, riuscendo a fare luce su ciò che era accaduto. E trovando le risposte che cercava…

A Rebibbia era possibile per i detenuti ordinare pizza e birra. La procura scopre la verità – Roma.cityrumors.it

All’interno de carcere romano, entrava davvero di tutto: bastava pagare profumatamente alcuni responsabili della struttura carceraria, per riuscire ad evitare blocchi, controlli e divieti. Una consuetudine che ha permesso ad alcuni boss di mantenere i rapporti con l’esterno e di riuscire ad avere il controllo di numerose sostanze stupefacenti.

Il modus operandi è stato spiegato dalle autorità competenti. All’interno del carcere romano riusciva ad entrare di tutto. E senza che le guardie preposte al controllo riuscissero ad intervenire. Nella struttura sono entrati telefoni cellulari, tablet, messaggi diretti e tanta droga. A finire nel mirino della Procura di Roma sono finite quarantuno persone,  nell’ambito di un’inchiesta in cui vengono contestati, a vario titolo e a seconda delle posizioni, reati che vanno dall’associazione per delinquere finalizzata allo spaccio di droga fino alla corruzione. Il sistema era molto ben organizzato e permetteva ai detenuti che riuscivano a pagare una sorta di “pizzo” agli agenti corrotti, di riuscire ad evitare i divieti.

Una pizza e una birra in cambio di un pagamento in denaro: la Polizia scopre la verità

Secondo l’accusa del pubblico ministero della Direzione Distrettuale Antimafia, alcuni degli indagati, incarcerati a Rebibbia, avrebbero ricevuto pacchi contenenti droga e telefoni cellulari in cambio di denaro a un membro della polizia carceraria. Questi oggetti erano utilizzati per comunicare con il mondo esterno. “C’è un regalo per Maurizio”, o “sigarette”: questi i doni che entravano e che venivano poi presi in carico dai detenuti. In uno degli episodi contestati, dopo le indagini degli agenti del commissariato di Tivoli e della Polizia Penitenziaria coordinate dalla procura di Roma, nell’autunno 2020, oltre alla droga un detenuto si sarebbe fatto consegnare in carcere anche pizza e birra. Il costo delle operazioni, secondo quanti ricostruito era di trenta euro per ogni “introduzione”.

La Procura ha fatto luce su ciò che accadeva all’interno del carcere di Rebibbia – Roma.cityrumors.it

 

Oltre alla sostanza stupefacente in carcere, sempre con le stesse modalità, erano arrivati anche un coltello a serramanico, alcol, una pennetta usb e diversi pizzini. Nell’avviso di conclusione delle indagini a un medico di guardia dell’istituto penitenziario romano viene contestata l’accusa di omessa denuncia per non aver segnalato all’autorità giudiziaria, alla polizia penitenziaria o al direttore del carcere, l’utilizzo del cellulare da parte di un detenuto.

Tra le quarantuno persone indagate dalla direzione distrettuale antimafia della procura di Roma di associazione per delinquere finalizzata allo spaccio di droga, all’interno del carcere romano di Rebibbia, figura anche il nome di Daniele Primavera, l’uomo di 41 anni arrestato sabato scorso dalla polizia di Tivoli in una villa con piscina a Sant’Angelo Romano perché deve scontare la pena residua di 4 anni, 9 mesi e 2 giorni di reclusione e il pagamento di una multa di 30mila euro, comminata per una lunga serie di attività di vendita di stupefacenti gestita, in particolare, nella vasta ‘piazza di spaccio’ del quartiere romano di San Basilio e nelle aree ad est della Capitale. Tra gli indagati nell’inchiesta dell’antimafia romana, anche Fabrizio Valeri, di 44 anni, e Costantino Di Silvio, detto ‘Patatone’ attivo nelle organizzazioni criminali dei Sinti a Latina. Le indagini sono state condotte dagli investigatori della polizia Penitenziaria e da quelli del commissariato di polizia di Stato di Tivoli.