Alla vigilia di un importante congresso che andrà in scena a Roma, Pierluigi Marini, lancia l’allarme: “Se continuiamo così, non potremmo più operare”
“Se le cose non cambiano, saremo costretti a chiudere le sale operatorie e ad evitare di realizzare gli interventi”. Il direttore di Chirurgia Generale d’urgenza e delle Nuove tecnologie dell’ospedale San Camillo di Roma, Pierluigi Marini, lancia un allarme molto pesante. La normale attività ospedaliera, alla luce della situazione attuale, potrebbe risultare compromessa. Con problemi gravissimi da risolvere.
Marini, oltre a dirigere l’importante reparto dell’ ospedale romano, sarà anche il presidente del 41esimo Congresso Acoi, dal titolo ‘Una sfida capitale’, in programma dal 10 al 13 settembre al Centro congressi La Nuvola dell’Eur a Roma. Per quattro giorni la capitale diventerà il centro della sanità italiana con appuntamenti scientifici, sessioni di lavoro, workshop, convegni e seminari a cui parteciperanno le massime istituzioni dello Stato, il mondo della Sanità, della Ricerca, le associazioni dei pazienti ma anche, per la prima volta, la Sanità militare.
Ma la situazione attuale, è a dir poco difficile. “Durante l’emergenza Covid – ha ribadito Marini – più volte abbiamo detto che dovevamo prendere a cuore la lezione che la pandemia aveva portato all’interno della sanità e quindi rilanciare il Ssn per non farci trovare più impreparati. La pandemia fortunatamente è alle spalle anche se ci sono ancora dei casi. Tuttavia, non vediamo quello che ci aspettavamo, ovvero un rilancio della sanità pubblica che in alcuni settori è in gravi difficoltà dal punto di vista del personale (medico e non) e tecnologico”.
Il congresso si pone quindi un obiettivo preciso: “Dunque, il primo messaggio che dal Congresso dell’Associazione chirurghi ospedalieri italiani vorremmo mandare alle istituzioni è questo: rilanciamo la sanità pubblica e la chirurgia italiana, di cui siamo maestri nel mondo. Senza fondi, ovvero 4 miliardi aggiuntivi per il Ssn, sono a rischio interventi chirurgici e potremmo essere costretti a chiudere le sale operatorie”.
Una situazione delicata, che necessita di interventi precisi. “La chirurgia in questi 25 anni è cresciuta tantissimo anche grazie alla tecnologia – spiega Marini -. L’innovazione tecnologica vuol dire qualità e sicurezza nelle nostre sale operatorie e vuol dire miglioramento degli outcome clinici dei nostri pazienti che possono essere dimessi prima dall’ospedale e tornare ad essere attivi nella società”.
Resta, però, il nodo “payback dispositivi medici – rimarca Marini – le Regioni vogliono indietro 3,6 miliardi di euro dalle aziende che hanno prodotto e venduto dispositivi innovativi necessari per operare. Risultato? Il rischio è che le aziende non investiranno più nel nostro Paese e dovremo acquistare dispositivi scadenti. È stato umiliante per me sentire dalle grandi aziende che l’Italia potrebbe uscire dal G7 della Salute. Noi siamo stati maestri di chirurgia in tutto il mondo e questa cosa la viviamo molto male”