C’è chi decide di alzarsi in un certo modo, chi evita qualcuno e chi invece ha preparato dei riti ai quali non rinuncia per nessuna ragione. Ecco come i romani vivono il Venerdì 17.
“Per me questo è uno dei giorni più particolari. Da sempre vivo di superstizioni e di convinzioni personali e il Venerdì 17 diventa per me una giornata molto difficile”. Pietro, 42 anni, è uno dei tanti romani che vivrà questa giornata all’insegna della scaramanzia. Sono numerose le persone che trasformano il venerdì 17 in un momento di ansia, convinti che possano accumularsi circostanze sfortunate.
Un pensiero che fonda le sue radici nella storia. Ed in parte in alcune credenze: uno dei collegamenti tra la paura del numero 17 ed il Venerdì si fonda su motivazioni religiose e lega il giorno in cui Gesù viene ucciso (il venerdì santo) al diluvio universale, che nell’Antico Testamento è iniziato “il 17 del secondo mese”. Si tratta però di una credenza tutta italiana: altri Paesi infatti considerano il 13 come numero sfortunato: negli Stati Uniti e nel Regno Unito infatti, non è insolito constatare che sugli aerei il numero 13 viene spesso “dimenticato”, nella composizione dei numeri dei seggiolini e sugli ascensori.
Ma come vivono i romani questo giorno così particolare? La scaramanzia esisteva sin dall’antichità: gli antichi romani erano molto superstiziosi ed avevano un culto speciale verso la Dea Fortuna, che aveva il potere di sovvertire gli eventi. Motivo per il quale rivolgevano a lei con preghiere e richieste continue. I romani, non solo erano molto superstiziosi, ma avevano delle credenze molto particolari: ad esempio erano convinti dell’esistenza della magia nera, della stregoneria e delle arti oscure: amavano utilizzare amuleti, talismani e tutto ciò che ritenevano essere di buon auspicio, affidandosi anche a incantesimi.
Francesco si definisce molto scaramantico e attento ad alcuni riti. “Certe cose le ripeto anche nei giorni che reputo normali…figuratevi il venerdì 17. C’è una cosa che faccio sempre: cerco di stare attento a non pestare le righe delle mattonelle: so che se dovessi prendere il bordo, la mia giornata risulterebbe sfortunata”. Andrea, 45 anni e impiegato, inizia ogni venerdì 17 in modo molto particolare. “In questo giorno indosso sempre un paio di calzini che reputo fortunati. E che indicano quale sia quello che deve essere indossato sul piede destro e quello che invece va messo sul sinistro. Sui due calzini infatti ci sono la R (right ndr.) e la L (left ndr.) come indicazioni. Io indosso sempre pima il destro. E presto la massima attenzione a questo particolare”.
Ma non si tratta delle uniche usanze: Mario, 35 anni inizia la giornata “prendendo un caffè macchiato. E calcolate che gli altri 364 giorni io ne prendo pochissimi. Soprattutto la mattina. E’ il mio modo per esorcizzare un giorno che ritengo possa essere sfortunato. Facendo una cosa che solitamente non faccio: un piccolo pegno al destino”. Antonio, poliziotto, si definisce non scaramantico, “ma il venerdì 17 sto comunque più attento del solito alle persone che incontro. Io cerco di evitare uno che abita nella mia stessa scala. Un paio di volte, quando l’ho incrociato, poi ho avuto delle situazioni spiacevoli. Lo so che non c’entra nulla e che è tutto frutto della casualità, ma se il Venerdì 17 lo evito, credo sia meglio”.
Esistono anche scaramanzie culinarie? “Assolutamente si – ci tiene a ribadire Antonella – mio marito ad esempio pretende che ogni venerdì 17, ma ripete poi la richiesta anche nei giorni in cui ci sono degli eventi particolari, come un colloquio di lavoro, un esame, ecc… io prepari l’amatriciana. Anche se il venerdì 17 arriva ad agosto e il caldo scoraggia un piatto così calorico”. Mario, ci confida che, “un giorno, in un colloquio di lavoro, indossai una camicia a quadri. Andò bene e quindi da quel momento in poi ogni volta che c’è una giornata che reputo particolare, cerco sempre una camicia a quadri. E la indosso ogni venerdì 17. Quante ne ho? Diciamo che cerco sempre di averne un paio stirate e pronte all’uso”.
Molti degli intervistati hanno anche ribadito che, pur non dando troppo peso alla scaramanzia, sono soliti ripetere dei gesti, o evitarli in due occasioni: il Venerdì 17 e in occasioni di partite o eventi sportivi. “Il Venerdì 17 – ci dice Umberto – faccio le stesse cose che di solito faccio quando mi reco allo stadio. Non perchè esistano delle similitudini, ma solo perchè nella mia testa mi sono convinto che vadano fatti. Un esempio? Allo stadio, e solo allo stadio quando vado a vedere la Roma, mi prendo due o tre caffè Borghetti (bevanda distribuita fuori dall’impianto sportivo); bene, lo faccio anche il venerdì 17. Perchè? Non lo so (ride ndr…) ma dentro di me sento che va fatto”. “Succede anche a me – ribatte Paolo, 43 anni ed esperto informatico – associo le due cose: sai qual è la cosa che faccio sempre, prima del venerdì 17 e prima di una partita importante della mia squadra del cuore? La sera prima vado a lavare la macchina. E’ il mio modo per creare una sorta di fluido positivo”.
A proposito di stadio, molti si riconoscono scaramantici, solo in occasioni calcistiche, ammettendo di ripetere determinati gesti, fatti in occasione di una gara. “Nel 2001 quando la Roma stava giocando in casa della Juventus e perdeva 2-0, mi ritrovai ad andare in bagno durante la ripresa. Mentre ero li, ci fu il gol di Nakata che riaprì la partita. Bene, sono rimasto chiuso in bagno tutto il resto del match, fino al pareggio di Montella. Sono convinto che una parte dello scudetto sia anche il mio”, ci dice Riccardo, notaio di 44 anni. Matteo, ricorda invece che, “la mattina del 26 maggio del 2013, giorno in cui la Lazio ha battuto in finale di Coppa Italia la Roma, vincendo un derby storico, io andai a giocare a tennis, su un campo di terra battuta. La sera andai allo stadio con le stesse scarpe, che erano praticamente rosse. Da allora, ogni derby ripeto questo evento: mattina tennis, e poi in curva con le scarpe sporche di terra”.
Ma non si tratta di un caso isolato. “La stagione 99-00, quella che si concluse con lo scudetto della Lazio – ci dice Alessandro – ho costretto mia madre a farmi sempre lo stesso piatto, ogni volta che c’era una partita: i tortellini in brodo. Questo perchè il giorno in cui si giocò la prima giornata (che si concluse con la vittoria dei biancocelesti contro il Cagliari ndr.) preparò quel piatto: e andò bene. Ma non si tratta dell’unica mia superstizione. Come tanti, durante la partita mi autoconvinco che se faccio qualcosa, la partita andrà bene, e sono capace di ripeterli sempre quei gesti. Un esempio? Non lo dirò mai”. Mauro, non solo ha un rito tutto suo, ma vive un rammarico personale. “Io tutto l’anno dovevo vedere le partite sugli scalini della Curva Sud. Cerco sempre di occupare lo scalino numero 17, tanto per rimanere in tema con la giornata di oggi. Purtroppo quest’anno non sono riuscito ad occuparlo il giorno di Roma-Bayer Leverkusen. E guarda come è andata a finire….” .