Si inaugura giovedì 2 febbraio alle ore 18, alla Sala Dalí
dell’Instituto Cervantes di Roma (piazza Navona, 91), la mostra
“Cono d’ombra e luce” di Miguel Fabruccini. L’esposizione,
curata da Martha L. Canfield, raccoglie 37 opere dell’artista
uruguaiano, da quattro decenni residente a Firenze, suddivise in sei
aree tematiche. Una retrospettiva che racconta il legame di Fabruccini
con l’universo letterario uruguaiano, il cui cosmopolitismo ha dato
vita ad uno stile espressivo unico che ha attraversato diverse fasi,
passando soprattutto dall’astratto al figurativo.
Organizzata dall’Ambasciata dell’Uruguay in Italia con la
collaborazione del Centro Studi Jorge Eielson e dell’Instituto
Cervantes, la mostra resterà esposta a Roma fino al 2 marzo 2023 e si
potrà visitare gratuitamente dal martedì al venerdì dalle 16 alle 20
e il sabato dalle 10 alle 14 e dalle 15 alle 20.
La mostra, inoltre, si arricchisce di tre appuntamenti tematici curati
da Martha L. Canfield e dedicati a tre scrittori uruguaiani che hanno
ispirato alcune opere dell’artista originario di Salto: Mario
Benedetti (9 febbraio), Mauricio Rosencof (16 febbraio) e Felisberto
Hernández (23 febbraio).
Nell’insieme delle opere esposte nei quattro ambiti della Sala Dalí
si possono distinguere sei gruppi che illustrano il passaggio
dall’astrattismo al figurativo e dalla memoria dei paesaggi persi a
una configurazione simbolica che unisce arte e scrittura.
Un primo gruppo di opere, già presente nella prima sala, corrisponde
alla serie dei “fari”, che sollevano il loro profilo geometrico
sopra una superficie non definita, nella quale predominano colori dorati
e riflessi di luce. Queste immagini informali, derivate
dall’astrattismo iniziale dell’artista, riescono a evocare il Faro
della Collina del porto di Montevideo (il Cerro), importante strumento
portuale e ingresso alla città.
Il secondo gruppo, invece, è composto da una serie di immagini che
Fabruccini chiama “serre”. Qui il cambiamento della prospettiva e la
frammentazione delle parti seduce lo spettatore con una confluenza tra
cubismo e astrattismo, evocando il linguaggio del narratore Felisberto
Hernández.
Un terzo gruppo di opere è formato da quello che l’artista uruguaiano
chiama “bianchi”, ovvero immagini di case si collocano
irregolarmente al centro o di lato, nello spazio informe e incolore in
cui il bianco predomina come materia indefinita. E qui Fabruccini
incontra il suo conterraneo Mario Benedetti, che ha conosciuto il dolore
dell’esilio e il bisogno di salvare la memoria del focolare.
Il quarto gruppo riunisce una serie di bacinelle dentro le quali,
attraverso imprevedibili riflessi dell’acqua che contengono, si
configurano palazzi e grattacieli che evocano una città moderna. Ancora
la memoria che rinasce e si apre strada tra il flusso inarrestabile del
tempo, rappresentato emblematicamente dall’acqua.
Una serie di macchine da scrivere dalle quali emergono delle immagini
evocative sono il fulcro del quinto gruppo di opere. La sospensione
della tastiera suggerisce il rapporto tra immagine e scrittura, il quale
è senz’altro uno dei fondamenti della poetica di Miguel Fabruccini.
Infine c’è un sesto gruppo formato da una serie di scarpe – o
meglio “espadrillas” – all’interno delle quali si possono
intravedere ritratti di persone, bambini che giocano, famiglie. Qui
inevitabilmente sorge la tragica storia degli anni in cui l’Uruguay
subì una violenta dittatura militare e l’esperienza personale di
Mauricio Rosencof, il quale, chiuso per anni in una minuscola cella
poteva parlare soltanto con un personaggio immaginario incarnato in una
delle sue espadrillas.
Nel lavoro di Fabruccini si evidenzia l’unione dell’originale formazione
latinoamericana con l’impronta dell’intensa attività degli anni
europei, dove la sua arte si è evoluta, attraversando varie fasi e
diverse modalità espressive.
Miguel Fabruccini è nato in Uruguay, a Salto, nel 1949. Qui compie la sua formazione giovanile, studiando a Montevideo alla Scuola Nazionale di Belle Arti e all‘Istituto Pedagogico per la formazione docente, dove nel 1972 si è laureato in Pedagogia delle Arti Visive. Nel 1975, dopo avere vinto il Concorso Nazionale di Arti Grafiche con un soggiorno di due anni in Italia, si stabilì a Firenze per studiare all’Istituto Statale d’Arte di Porta Romana dove si laureò in Arti Grafiche e Grafica Pubblicitaria nel 1987. Qui ha inizio la sua seconda fase esistenziale, con la scelta di Firenze come sede definitiva di residenza, dedicandosi alla propria creazione artistica e lavorando come docente di pittura, grafica, decorazione murale e, più recentemente, anche arteterapia. Le sue opere fanno parte di diverse collezioni pubbliche e private e sono state esposte in Italia, Germania, Francia, Sud America e Stati Uniti, presso Gallerie private ed Istituzioni quali la Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, l’Istituto Italo-Latino-Americano, il Museo Nacional de Artes Plásticas di Montevideo, il Museo Olarreaga Gallino di Salto e l’Archivio di Stato di Firenze.