Quali sono state le delusioni più calde dell’anno? Ecco una selezione dei 5 film che, per un motivo o per un altro, hanno disatteso le aspettative nutrite nei mesi precedenti alla distribuzione in sala
Il 2023 è stato un anno ricco di prodotti audiovisivi, la cui qualità e il riscontro sul pubblico, hanno confermato quanto in realtà, al contrario di quello che si potrebbe credere, la settima arte sia viva e vegeta.
Tra servizi in streaming e sala, i cinefili hanno avuto pane per i propri denti… Tuttavia, tra le svariate perle riscontrabili nel corso dell’anno, vi sono state numerose delusioni, tanto sul lato prettamente commerciale, quanto sul verdetto del pubblico.
Ecco i cinque film più deludenti dell’anno:
Si trattava senza dubbio, dopo Barbie e Oppenheimer, del lungometraggio più atteso del 2023. Il kolossal targato Ridley Scott, dai primi trailer diffusi, pareva essere un incrocio ideale tra l’approccio epico de Il Gladiatore (2000) e la raffinatezza profilmica di The Last Duel (2021). La presenza di Joaquin Phoenix, inoltre, presagiva la possibilità di sviscerare con efficacia la psicologia del dittatore corso.
Tuttavia, una struttura narrativa sfilacciata e inconsistente, unita al mancato approfondimento della figura di Giuseppina, ne hanno decretato un cocente fallimento. Critica specializzata e pubblico, si sono allineati in una sonora bocciatura del lavoro di Scott, che prosegue nella sua altalenante fase finale della carriera.
La quinta iterazione basata sulla figura dell’affascinante archeologo interpretato da Harrison Ford, era certamente una scommessa che, per il dispiacere dei fan più accaniti, non è stata certamente vinta. James Mangold raccoglie l’oneroso testimone di Steven Spielberg che, già a partire dal quarto capitolo, aveva dimostrato con evidenza l’esaurimento della linfa narrativa che la saga era disposta a fornire. Il film non è un prodotto oggettivamente sgradevole, ma l’assenza alla regia di Steven Spielberg e un finale fin troppo comodo, ne hanno inevitabilmente impedito il successo.
E’ probabile che, vederlo in questa lista, potrebbe causarvi un certo sgomento: uno dei film più redditizi di sempre, divenuto immediatamente un fenomeno di dimensioni globali, come potrebbe essere considerato una delusione? La verità è che, oltre al dato meramente economico, Barbie non è stato un successo unanime, a causa di alcuni elementi controversi della sua impalcatura. Difatti, in molti si sarebbero aspettati un film decisamente più coraggioso, in grado di destrutturare con taglienti provocazioni la dimensione patriarcale in cui la bambola più famosa di sempre ha conosciuto i suoi natali.
Al contrario, Greta Gerwig e Margot Robbie scelgono una strada semplice e rassicurante, ricca di concetti oramai piuttosto consolidati nelle generazioni contemporanee. Inoltre, la presenza di numerose linee di dialogo caratterizzate da sarcasmo e riferimenti a dinamiche adulte, ha inevitabilmente generato uno spazio di incomprensione tra la dialettica filmica e gli spettatori più piccoli.
In questo caso, il film generato dall’impero di Tom Cruise non ha deluso tanto in termini di qualità, quanto più sul piano prettamente numerico. Abituato, anche recentemente grazie al successo di Top Gun, a rispettare brillantemente le aspettative al botteghino, stavolta Cruise va incontro al generale raffreddamento del pubblico nei confronti di una saga che, forse, ha dato fondo al potenziale mediatico di cui era dotata nel corso delle precedenti stagioni cinematografiche. In questo caso, il film riesce persino a inserire efficacemente il tema dell’intelligenza artificiale e, al netto di alcune leggerezze, risulta perfettamente coerente e sorprendentemente godibile. Il pubblico, tuttavia, non pare aver premiato queste caratteristiche.
Michael Mann torna dietro la macchina da presa per narrare in ottica statunitense il mito di Enzo Ferrari. Per farlo, sceglie un cast d’eccezione, in cui spicca ovviamente Adam Driver, incaricato di vestire i panni del fondatore della casa automobilistica più celebre della storia. Il risultato del pubblico e della stampa specializzata, manifesta un innegabile fallimento del progetto.
Minato sin dalle provocatorie dichiarazioni di Pierfrancesco Favino, il film non è riuscito a spazzare via le polemiche grazie ad un risultato finale di pregio. Al contrario, Mann mette su schermo un lungometraggio dai ritmi sin troppo compassati e, soprattutto, dal potenziale emotivo scarno e mal sfruttato. Nonostante ciò, il film può comunque vantare un’interpretazione lodevole del suo protagonista, oltre all’affascinante rappresentazione delle corse in tutto il loro primitivo fervore.