Regina Coeli è nella bufera: arriva la denuncia, il momento è davvero problematico
In Italia, le condizioni delle carceri sono un problema che va ben oltre le mura dei penitenziari. Da nord a sud, il sistema penitenziario è sovraffollato, le strutture sono spesso inadeguate e le risorse umane scarseggiano.
Le carceri italiane sono sotto pressione da anni, con una pianta organica che non riesce a far fronte al numero di detenuti e con impianti che, in molti casi, non rispondono più alle necessità di sicurezza e igiene. Questo scenario è emerso con forza anche durante una recente visita della Fp Cgil Polizia Penitenziaria a Regina Coeli, uno dei penitenziari più noti di Roma, dove i problemi strutturali e organizzativi sono ben lontani dall’essere risolti.
Regina Coeli non è certo una struttura moderna. Costruito come un convento tra la fine del 1800 e l’inizio del 1900, il carcere è stato adattato nel tempo a penitenziario, ma senza mai riuscire a soddisfare pienamente le esigenze di sicurezza e di gestione. Come sottolineato da Pierluigi Acunzo, coordinatore della Fp Cgil Polizia Penitenziaria, la pianta organica del carcere è assolutamente insufficiente rispetto alla sua capacità.
Regina Coeli ospita circa 1050 detenuti, ma la sua capienza massima dovrebbe essere di 628 persone, e per giunta una sezione è attualmente chiusa per lavori di ristrutturazione, a causa di danni subiti durante l’ultima crisi. In altre parole, la struttura è sovraffollata e l’inadeguatezza della struttura si riflette anche nelle condizioni di lavoro degli agenti di polizia penitenziaria.
Questa situazione crea non solo un ambiente di vita difficile per i detenuti, ma anche un contesto di lavoro estremamente rischioso per chi lavora all’interno. Il sovraffollamento è un problema che aggrava ulteriormente la difficoltà di mantenere l’ordine e garantire la sicurezza, tanto per i detenuti quanto per gli agenti di custodia.
La delegazione Fp Cgil ha evidenziato le difficili condizioni di lavoro del personale di polizia penitenziaria che, a causa di un numero insufficiente di agenti e di strumenti di sicurezza, si trova spesso a dover affrontare turni massacranti e a garantire l’ordine in situazioni precarie.
In alcuni casi, un singolo agente si trova a dover sorvegliare fino a 200 detenuti su tre piani, senza le necessarie risorse, come telefoni per comunicare, estintori o videocamere di sorveglianza. A ciò si aggiunge l’impossibilità di garantire una protezione adeguata in caso di emergenza o di incidenti.
La scarsità di strumenti di protezione è particolarmente grave, considerando che l’ambiente del carcere è spesso teso e le probabilità di conflitti tra detenuti o con il personale sono elevate. La situazione è tale che il rischio per la sicurezza e la salute degli agenti di polizia penitenziaria è quotidiano, senza che le autorità abbiano messo in atto soluzioni adeguate per migliorare le condizioni di lavoro.
Un altro aspetto preoccupante riguarda la lotta contro l’introduzione di sostanze stupefacenti all’interno della struttura. Nonostante gli sforzi per prevenire il traffico di droga, il personale ha intercettato un tentativo di introduzione di sostanze durante la visita sindacale stessa. Ciò evidenzia la costante difficoltà di mantenere il controllo su questi fenomeni, in un ambiente sovraffollato e privo delle risorse necessarie per garantire una sicurezza efficace.
Le problematiche sollevate durante la visita sono chiare: una maggiore attenzione alla salubrità degli ambienti di lavoro, l’implementazione di misure di sicurezza più adeguate e un incremento del personale sono tutte necessità urgenti. Il sovraffollamento e le difficili condizioni di lavoro non sono solo una questione di comfort, ma riguardano direttamente la sicurezza e la salute dei detenuti e degli agenti. Se non vengono adottati interventi concreti e tempestivi, la situazione rischia di diventare ancora più critica.
Questa è la realtà di molti carceri italiani, ma ciò che avviene a Regina Coeli è solo un esempio di come il sistema penitenziario, nonostante gli sforzi di chi vi lavora, continui a vivere in un contesto di gravi difficoltà. Cosa può cambiare in futuro? Come possiamo aspettarci che una riforma effettiva risolva questi problemi se le condizioni rimangono invariate da anni? La domanda resta aperta.