A San Basilio, nella zona in cui sorge l’ex fabbrica di penicillina, gli abitanti protestano: “Dovevano abbatterla, ma non se ne farà nulla. Una sconfitta per tutti”
C’è un quartiere nel cuore della Capitale che preoccupa i romani. Una zona che per molti residenti rischia di diventare la nuova Caivano. A San Basilio, nella zona in cui sorge l’ex fabbrica della Penicillina, c’è un ecomostro abbandonato da tanti anni e che è diventato un ricettacolo di amianto e nel quale si nascondono spesso personaggi poco rassicuranti. Negli ultimi anni si sono registrati diversi problemi di ordine pubblico: risse, incendi, violenze, con le forze dell’ordine spesso costrette ad intervenire.
Tra gli abitanti c’era grande attesa per il possibile smantellamento dell’ex fabbrica di penicillina. Un intervento che molti consideravano come un punto di ripartenza dell’intero quartiere. Una possibilità caldeggiata anche dallo stanziamento di oltre sei milioni di euro previsto. Il fabbricato, che delimita il quartiere di San Basilio ed è raggiungibile anche attraverso la via Tiburtina era stato infatti sottoposto a procedura di abbattimento. Ma la situazione è cambiata. Ancora una volta.
I fondi inizialmente destinati a questo progetto sono stati dirottati altrove. Su altre “voci di spesa”. Una notizia che ha fatto infuriare i residenti. Piano piano, di quei sei milioni inizialmente stanziati, non è rimasto nulla. La giunta Gualtieri ha cambiato la destinazione finale di quei soldi: anche l’ultimo milione disponibile è stato indirizzato su altri fronti. “I cittadini hanno paura – dichiara Carlo, un residente – è una zona senza controllo, quello che può accadere non lo sa nessuno. Sono 4 ettari senza controllo. Lo stanziamento di quei soldi per l’abbattimento aveva dato speranza a tutto il settore est della città. La ex penicillina è stata ancora una volta considerata un aspetto minore”.
Secca la replica del sindaco Gualtieri. “Non è assolutamente vero – ha dichiarato il primo cittadino a margine di un’altra iniziativa – quelli erano soldi messi lì senza nessuna attività preliminare quindi erano soldi non spendibili. Quei soldi erano una cosa di immagine e non di sostanza, erano soldi buttati”, ha spiegato Gualtieri. Parole che però non sono servite agli abitanti della zona. Spaventati per l’ecomostro e per un degrado che sembra non arrestarsi. “E’ una bomba ecologica oltre che pericolosa per la sicurezza– prosegue Carlo – pieno di veleni ed amianto. Una cosa terribile quindi ma anche pericolosa”.
Qualcuno paragona la zona con il quartiere di Caivano, tristemente salito alla ribalta per i recenti fatti di cronaca: “Lì dentro può accadere di tutto, non c’è controllo. La gente ha paura e può accadere un’altra “Caivano” anche qui ma il Comune fa finta di non vedere. Io voglio che si muovano, non è possibile aspettare un altro incendio o un’altra “Caivano” perchè è semplicissimo che possa accadere qua dentro”, continua un altro residente. “La ex penicillina – aggiunge Lillo, abitante di San Basilio – potrebbe diventare una occasione di rilancio per il quartiere, potrebbe diventare un polo universitario visto che La Sapienza è qui vicino. Portare questo spazio in un luogo aperto all’università vorrebbe dire portare in periferia un servizio qualificante”.
La fabbrica di Penicillina Leo è stata la prima in assoluto a sorgere in Italia e a produrre il farmaco. Fu inaugurata il 21 settembre 1950 alla presenza di Sir Alexander Fleming, scopritore della penicillina, e del conte Giovanni Armenise, proprietario dei terreni ed amministratore delegato della Banca Nazionale dell’Agricoltura, oltre che presidente del Consiglio del Leo (Industrie chimiche farmaceutiche S.p.A. “Ho visto ora la fabbrica di Penicillina LEO – dichiarò Fleming il giorno dell’inaugurazione – ed ho avuto grande piacere. Negli ultimi anni ho visto numerose fabbriche di penicillina, in diversi paesi, ma nessuna era più attraente di questa. La penicillina è stata il primo antibiotico che abbia avuto successo, ma ora ve ne sono altri ed auspico di visitare la LEO di nuovo in avvenire e di vedervi prodotti tutti gli antibiotici. La terapia antibiotica non è una fase effimera della medicina. Sarà duratura”.
La fabbrica, tra alti e bassi, restò in vita fino ai primi anni 2000. Poi l’attività passo a Pomezia, nel nuovo polo industriale. Inizialmente il fabbricato sembrava destinato a diventare una struttura alberghiera (grazie all’interessamento del Gruppo Alberghiero Internazionale Domina Hotels), ma il progetto fallì a causa di gravi limitazioni d’uso conseguenti un decreto di esproprio nell’anno 2006, che prevedeva l’allargamento della via Tiburtina Valeria, circostanza che impediva una regolare fruizione dell’area antistante il realizzando Albergo. La struttura è stata quindi abbandonata a se stessa e ne è rimasto il solo scheletro. All’interno rifiuti, cumuli di macerie, amianto e luoghi dove nessuno ha mai controllato con attenzione. Portando i residenti a lanciare l’allarme.