Julio Velasco è l’uomo del giorno. Con la Nazionale d Pallavolo ha trionfato alle Olimpiadi. Il coronamento di una carriera eccezionale, che lo ha visto trionfare anche nel calcio. Con la Lazio. Il racconto della sua avventura romana
Il mondo celebra Julio Velasco. Il tecnico argentino, dopo aver vinto la medaglia d’argento alla guida della Nazionale maschile alle Olimpiadi di Atlanta del 1996, ha trionfato a Parigi, portando le donne del Volley azzurro a vincere per la prima volta il titolo olimpico. La vittoria della medaglia d’oro alle Olimpiadi è la ciliegina sulla torta di un acarriera eccezionale. Alla guida dell’Italia Maschile ha conquistato l’argento olimpico ad Atlanta nel 1996 contro l’Olanda, 3 ori europei, 2 titoli mondiali e 5 vittorie nella World League. Come allenatore di squadre di club ha portato a casa quattro scudetti, tre Coppe Italia, una Supercoppa e una Coppa delle Coppe.
Ma in pochi sanno che Julio Velasco ha lasciato il segno anche nel mondo del calcio. Il tecnico più vittorioso e conosciuto della storia della Pallavolo italiana ha lavorato anche in un club calcistico, riuscendo a lasciare il segno e a trasferire la sua enorme esperienza. Velasco fu chiamato l’estate del 1998 dal patron della Lazio Sergio Cragnotti, per diventare Direttore Generale della Lazio.
Un’esperienza durata un solo anno, ma estremamente formativa e che si è conclusa con due trofei in bacheca. Nello straordinario palmares di Julio Velasco ci sono infatti anche la Supercoppa italiana e la Coppa delle Coppe, vinte come dirigente della S.S. Lazio. Un’avventura breve, ma intensa, che Velasco (in un’intervista a noi rilasciata), spiegò con queste parole: “Quando ricevetti la telefonata del dottor Cragnotti rimasi molto sorpreso poi, durante una cena mi spiegò il suo progetto e rimasi affascinato. Era un progetto ambizioso che mi permetteva di rimettermi in discussione. Tra l’altro sentivo dentro di me il bisogno di staccarmi dal mondo della pallavolo e accettai di slancio”.
Velasco, l’avventura alla Lazio
Quando diventa presidente della Lazio, Sergio Cragnotti inizia un processo di modernizzazione e di cambiamento totale nel mondo biancoceleste: inizia acquistando i giocatori più forti, prosegue rivoluzionando l’assetto societario e sconvolge l’abitudinario metodo di gestione della società portando all’ordine del giorno termini come plusvalenze, minusvalenze, aumenti di capitale, flussi di entrate, opa e tanti altri slogan finanziari, inizialmente sconosciuti ai tifosi, ma diventati in breve tempo di pubblico dominio. Ma le rivoluzioni più grandi della sua gestione si sono vissute a cavallo tra il maggio e l’agosto del 1998: prima fa entrare la sua Lazio in Borsa, diventando il primo club calcistico italiano a sperimentare un’avventura di questo tipo. Poi, stupisce tutti, con un innesto societario inaspettato e curioso. Seguendo il motto: “per vincere bisogna contornarsi di uomini vincenti”, chiama al suo fianco l’uomo che più di ogni altro ha legato il suo nome a trionfi ed escalation sportive: Julio Velasco, l’allenatore più vincente della storia della pallavolo italiana. “Peccato – urlano i critici – che nessuno di questi trionfi sia legato al mondo del calcio”.
Poco importa. Per un rivoluzionario come Cragnotti questi numeri bastano e avanzano per legare il nome di Velasco a quello della Lazio. Il ruolo? Direttore Generale. L’uomo di fiducia del presidente. “Ad essere sinceri avevo già ricevuto un’offerta di Cragnotti qualche anno prima. Si parlava addirittura di un ruolo tecnico. In quel caso rifiutai perché non mi sembrava una cosa logica. Quando mi venne proposta la nomina di Direttore Generale capii che potevo mettere al servizio della Lazio tutta la mia esperienza. All’inizio non fu facile. Molti parlarono di problemi ambientali, di diatribe con i dirigenti dell’epoca. Tutto falso”.
Velasco e le differenze tra calcio e pallavolo
Fin dal primo giorno di ritiro Velasco scese in campo con la tuta e gli scarpini insieme ai giocatori e questa cosa non fu ben vista: né dalla squadra, né dagli altri dirigenti.“Forse inizialmente qualcuno poteva pensare che da parte mia c’era la voglia di mettermi in evidenza e di farmi notare attraverso questi gesti che, solo in seguito, ho capito non essere all’ordine del giorno nel calcio. Mi sentivo ancora uomo di campo, ma non avevo voglia di manifestarlo ai quattro venti. Volevo solo studiare bene l’ambiente all’interno della squadra. Ma da quel giorno ho capito che nel calcio i dirigenti devono svolgere ruoli diversi. E meno si vedono e meglio è. Perchè i protagonisti devono essere sempre e solo i giocatori”.
Velasco abbandonò il ruolo di tecnico per uno dirigenziale. L’inizio non fu semplice. “Il vero problema fu quello di abbandonare il ruolo di allenatore e passare dall’altra parte della barricata: tra i dirigenti. Per me fu come mettermi dei panni nuovi. La sfida però era troppo ambiziosa e la Lazio una piazza troppo prestigiosa per non rischiare. Capii che in quella stagione c’era l’ambiente, la squadra e le potenzialità per fare bene”. Una squadra già forte e rinforzata, in extremis, anche dall’arrivo di Cristian Vieri, l’attaccante più forte in circolazione. Quando arriva la notizia dell’ingaggio del bomber, Velasco è ai sorteggi europei in rappresentanza della società incurante della trattativa intavolata da Cragnotti e quando i cronisti gli chiedono un parere, lui nega qualsiasi trattativa. “Ma non stavo bluffando. Io non ne sapevo davvero niente. Fu un’iniziativa presa e gestita solamente da Cragnotti, che ricevette la chiamata del Presidente dell’Atletico Madrid Jesus Gil e in un giorno chiuse l’acquisto”.
Julio Velasco a Formello durante la sua esperienza alla Lazio – Roma.Cityrumors.it
Velasco e la stagione trionfale alla Lazio
La stagione iniziò con la vittoria della Supercoppa italiana a Torino con la Juventus e si chiuse con il trionfo in Coppa delle Coppe a Birmingham, contro il Maiorca. La Lazio si impose 2-1, con i gol di Vieri e Nedved. “Da parte mia non ci fu una grande pressione esterna, ma interna. Mi spiego meglio: per me trionfare in Europa non voleva dire rispondere alle attese del mondo del calcio, ma a quelle del presidente Cragnotti, che aveva speso tanto sul mercato per allestire una squadra da primi posti e voleva vincere. Noi, del resto volevamo rispondere ai suoi sacrifici”. C’è un’immagine che rimarrà per sempre nella storia, e che verrà custodita nella bacheca biancoceleste: siamo al Villa Park di Birmingham e mancano pochi minuti all’inizio della finale tra Lazio e Mallorca. Le squadre stanno per lasciare gli spogliatoi e da li a poco entreranno sul terreno di gioco. Sven Goran Eriksson sta dando le ultime raccomandazioni ai suoi, mentre all’esterno Julio Velasco aspetta in paziente attesa. Ad un certo punto lo spogliatoio si apre e i giocatori iniziano ad uscire alla spicciolata: Velasco si avvicina ad ogni calciatore, gli va incontro e lo carica con una vigorosa stretta di mano o con una parola di incoraggiamento. “Nella mia carriera ho giocato tante partite importanti, diverse finali e so che devi avere un rapporto speciale con i giocatori. Soprattutto nei minuti che li separano dall’inizio della sfida. Quando sentono che gli sei vicino, riescono a dare più del cento per cento. Per questo sono andato a dare il cinque ad ognuno di loro. Avevano una grandissima carica, ma il mio lavoro fu importante non solo per quelli che scesero in campo. Anzi ricordo un particolare che riguarda un giocatore che inizialmente partì dalla panchina. Di uno di quelli che in quella stagione diede un apporto straordinario, ma che aveva un carattere particolare. Uno di quelli che non riusciva a digerire il turn over e le panchine: Sergio Conceicao”.
Nelle foto finali si vede un Julio Velasco festante insieme al patron Cragnotti e al tecnico Eriksson. “Non dimenticherò mai i festeggiamenti a fine partita. I tifosi erano impazziti e anche i giocatori non stavano nella pelle. Inoltre ci fu anche la soddisfazione di essersi ritagliati uno spazio importante nella storia avendo vinto l’ultima edizione del torneo. Per me è stata una gioia doppia. Ricorderò per sempre quella Coppa delle Coppe come il mio primo successo nel mondo del calcio. Emozioni difficili da dimenticare”.