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Lazio, Sarri: “Alla Lazio sto bene e poi vorrei giocare al Flaminio. E a Immobile ho detto…”

L’allenatore della Lazio, in una lunga intervista al quotidiano La Repubblica, tra passato, presente e futuro, racconta il suo calcio e la sua voglia di finire la carriera sulla panchina della società biancoceleste

Maurizio Sarri non è un allenatore qualunque, ha le sue idee non solo dal punto di vista tecnico, e non si tira indietro a difenderle, anche andando contro quello che oggi viene chiamato calcio moderno, che non è detto sia per forza migliore di quello di una volta. Una lunga chiacchierata tra un calendario assurdo per la salute dei calciatori, il passato al Napoli e alla Juventus e un presente laziale che lo stimola a pensare di chiudere la carriera con l’aquila sul petto perchè “qui ti fanno sentire neanche parte integrante, ma addirittura fondamentale: così è la figura dell’allenatore, per Lotito”.

Maurizio Sarri al terzo anno sulla panchina della Lazio – Roma.Cityrumpors.it – Ansa foto

 

Le difficoltà del calcio moderno

Quella sul calendario fittissimo è una battaglia che l’allenatore toscano porta avanti da anni, secondo lui si gioca troppo e a risentirne sono prima di tutto gli stessi attori protagonisti, cioè i calciatori e lo spettacolo che poi possono offrire. Ne parlo da cinque anni, eppure mi accusano di cercare alibi e basta. In questi giorni in Spagna sta venendo giù il mondo per l’infortunio di Gavi, lo chiamano Uefa Virus: spero che qualcuno abbia l’onestà intellettuale per riconoscermi che certe cose io le dico da una vita. Il calcio moderno alla fine è solo un modo di dire, perchè “l’unico calcio sostenibile è quello inglese”, afferma il tecnico, “il più tradizionalista, dove il sabato pomeriggio non c’è nessuna partita in tv perché la gente affolla gli stadi delle categorie minori. La finale di FA Cup è il match più visto al mondo dopo quella di Champions, eppure da cent’anni ha sempre gli stessi riti e si gioca a Wembley, mica in Arabia. Vorrà dire qualcosa?”. Senza emozioni nello sport come nella vita tutto è più triste, “perchè il calcio è uno sport emozionale: se gli togli l’emozione, a livello televisivo non è certo il migliore spettacolo del mondo. L’emozione la tiene viva il bambino che va allo stadio, ma non c’è futuro se si mira al pubblico degli highlights”.

La ricetta del Comandante

Il tecnico della Lazio passa per criticone e lamentoso, ma lui alza le spalle e tira dritto provando a spiegare come si potrebbe ancora salvare lo sport più bello del mondo. Sostanzialmente me ne frego, ho una testa pensante e critico, anche se questo calcio fa il mio bene. In privato i colleghi, tutti, mi dicono bravo, fai bene, bisogna denunciare. Ma poi non ce n’è uno che mi venga dietro. Le storture del cosiddetto calcio moderno si vedono ogni giorno. “Si dovrebbero giocare al massimo 50 partite. Si potrebbe almeno cominciare dalle piccole cose, tipo rinunciare alle tournée estive e riportare la Coppa Italia ad agosto anche per le grandi, facendole giocare sui campi delle squadre di Serie C, che così farebbero incassi per campare tutto l’anno. Ma di sicuro ci direbbero che c’è un problema di ordine pubblico per cui la Juve non può andare a Campobasso. La Coppa Italia è un evento clandestino cucito su misura per l’audience televisiva degli ultimi turni. Ma il calcio non è questo, è il Bayern che perde con una squadra di C”. 

Il consiglio a Ciro Immobile – Roma.Cityrumors.it – Ansa foto

 

La sua Lazio e la voglia di chiudere la carriera a Roma

Alla Lazio ha ritrovato la voglia di allenare, di lavorare per quello che il calendario permette durante la settimana, di provare a vincere, ma senza l’assillo di doverlo fare. Alla Juve tutto era dovuto e dovevamo solo vincere la Champions, ma era un messaggio inquinato. Ho vinto lo scudetto con un gruppo a fine ciclo e una società che ha preso me perché aveva la voglia, ma non la convinzione di cambiare stile. Nel Chelsea ho fatto fatica io a calarmi in un club atipico, senza ds, dove nessun allenatore riusciva a resistere due anni. Però poi negli ultimi mesi mi sono divertito e ho sbagliato a voler venire via, non tanto dal Chelsea, che mi avrebbe anche tenuto, ma dalla Premier, un contesto di bellezza unica. Tornare in Italia è stato un errore. Qui alla Lazio ti fanno sentire neanche parte integrante, ma addirittura fondamentale: così è la figura dell’allenatore, per Lotito. Sulla possibilità di chiudere la carriera a Roma, Sarri non si tira indietro e risponde: “mi piacerebbe che fosse così. Non metto limiti temporali, perciò non dipende solo da me”. I soldi facili del calcio arabo sono una tentazione continua per tanti, ma anche su questo il tecnico toscano ha le idee chiare. “Si può fumare in Arabia? Sì? Allora vedremo. Comunque non è una cosa programmabile oggi. Se penso al futuro, mi piacerebbe essere l’allenatore della Lazio al Flaminio. È un progetto in cui Lotito crede, anche se ovviamente vuole delle garanzie: non è che si possa fermare tutto se scavando salta fuori un’anfora.

La stagione è ancora lunga

La Lazio non ha iniziato bene la stagione attuale, ma piano piano sta crescendo.L’anno scorso le coppe hanno tolto punti alle nostre concorrenti, consentendoci di realizzare un miracolo che rimane, ma che non può cambiare le aspettative su di noi. Al ritorno in Champions la squadra ha reagito bene, 7 punti in 4 partite sono un risultato di grande livello, ma non ci aspettavamo certe difficoltà nella normalità del campionato”. Il primo derby è passato, ora c’è tempo per affrontare di nuovo la stracittadina. “Il derby mi trita. Da fuori ti sembra un’esagerazione, poi quando lo vivi è micidiale: tutto quello che respiri diventa derby, c’è il magazziniere in clima derby, ci sono i cuochi in clima derby. Il derby ti rovina la vita, ma è bellissimo. La Lazio ha bisogno del suo bomber Immobile per provare a insidiare la testa della classifica. “Cosa ho detto a Immobile in questo periodo? Che deve ricominciare ad attaccare la profondità e non giocare contro le sue qualità migliori. L’altro giorno mi ha chiesto: mister, cosa devo fare per tornare come prima? Gli ho risposto: fai quello che hai sempre fatto, non venire incontro alla palla, continua a scavare la difesa avversaria, a giocarle addosso”.

Mauro Simoncelli

Romano di nascita, giornalista, scrittore, appassionato di sport e non solo. Mi piace informarmi e informare su tutto ciò che accade intorno a noi. Da sempre collaboro con giornali e tv e mi arricchisco attraverso il contatto quotidiano della radio. Oggi scelgo l’informazione quotidiana a tutto campo con passione e determinazione.