Il tecnico, doppio ex di Atalanta e Lazio, in esclusiva al nostro sito sul big match del Gewiss: “Nerazzurri al top, ma la Lazio ha e caratteristiche per metterli in difficoltà”
Ha guidato i nerazzurri in una stagione, ed è rimasto per quattro anni sulla panchina dei biancocelesti, portando a casa una qualificazione in Champions League e una Coppa Italia. “L’emozione più grande della mia vita”. Delio Rossi è il doppio ex di Atalanta e Lazio. Due avventure diverse, ma entrambe significative per la sua carriera calcistica. “A Bergamo sono stato sei mesi. Quando sono arrivato la squadra era in difficoltà, ultima in classifica ed in pochi giorni mi hanno ceduto Pazzini e Montolivo. Volevo andare via, ma non sarebbe stato giusto per i tifosi. Ho promosso cinque giocatori dalle giovanili – ha detto in esclusiva al nostro sito – ci siamo messi a lottare e siamo arrivati ad un passo dalla salvezza. Quando perdemmo l’ultima in casa e retrocedemmo, il pubblico ci fece una standing ovation. Mai vista una cosa così in tanti anni di carriera”.
E la Lazio?
“Un’esperienza unica. Sono arrivato a Roma in una Lazio che si stava ricostruendo. Il pubblico era abituato ai Veron, Nedved, Crespo e si è ritrovato un tecnico semi sconosciuto e giocatori che nelle Lazio del passato non avrebbero mai giocato. Poi ci sono state la contestazione, lo stadio vuoto, Calcipoli. Insomma, non è stato facile. Ma siamo arrivati in Champion e abbiamo vinto una Coppa Italia”.
Il suo regalo d’addio..
“Sapevo da sei mesi che sarei andato via da Roma al termine di quella stagione. Il mio sogno era lasciare con uno stadio pieno di bandiere biancocelesti. E devo dire che ce l’ho fatta. Io ho imparato a conoscere i tifosi laziali. Se gli dai amore e affetto, ti apprezzano e per loro sarai laziale per sempre. A me hanno dato tanto: ancora oggi. Paradossalmente più ora di quando allenavo”.
Mister, che partita sarà Atalanta-Lazio?
“La Lazio per come è strutturata e per come sta giocando, è più probabile che faccia una bella figura con le grandi squadre, che con le piccole. Questa stagione i biancocelesti segnano poco e producono meno, quindi quando affrontano squadre che fanno la partita, possono trovarsi a loro agio. E sono sicuro che l’Atalanta cercherà di prendere in mano il pallino del gioco”.
I biancocelesti hanno possibilità di uscire da Bergamo con un risultato positivo?
“Lo dice la storia, non lo dico io: basta vedere i recenti risultati e le prestazioni dei biancocelesti di Sarri contro i nerazzurri di Gasperini. L’Atalanta è una squadra che ti pressa alta, che cerca di aggredirti e sono tutti atteggiamenti che possono agevolare i biancocelesti”.
L’Atalanta in casa ha vinto 8 delle 11 gare vinte in totale in questo campionato
“L’Atalanta sta bene e in questo momento sta meglio della Lazio. Ma in novanta minuti può succedere di tutto”.
Che giudizio dare al campionato dei biancocelesti?
La Lazio non è partita bene. Ma adesso, tolta la nefasta partita di Coppa con l’Inter, viene da cinque vittorie e un pareggio con il Napoli campione d’Italia. La Lazio è tornata ad essere una squadra coesa: fa molto bene la fase di non possesso ed è tornata ad essere una squadra equilibrata. Ma è una squadra poco pericolosa in avanti rispetto allo scorso anno.
Da cosa deriva questa poca capacità offensiva?
“Credo che si tratti di una serie di problemi avuti dai suoi interpreti: gli esterni che non vanno come lo scorso anno e Ciro Immobile che ha fatto fatica a segnare. E’ poco pericolosa in attacco, crea poco. E poi ci sono alcuni aspetti abbastanza evidenti”.
Quali?
“La Lazio storicamente non sa sfruttare le palle inattive. Fa pochi gol su corner e punizioni. Se ti manca brillantezza sulle fasce e i tuoi interpreti non saltano l’uomo, non segni su corner e non hai gente che tira da fuori, diventi prevedibile e fai pochi gol”.
Lei si è mai trovato a vivere una situazione del genere?
“Nel mio secondo anno. Mi resi conto che eravamo diventati troppo prevedibili piatti e non facevamo più gol come prima, creando meno. Allora decisi di cambiare modulo: dal centrocampo a quattro, spostai Mauri dietro le punte. Provammo e andò bene. La squadra iniziò a volare”.
Quest’anno potrebbe servire una mossa simile?
“Penso di si. Io parto da un presupposto: noi insegniamo un sistema di gioco, con determinate caratteristiche. E a questo sistema di gioco puoi inserire una variante. E questo fa bene anche alla squadra: gli togli la routine e la sensazione di fare sempre le stesse cose. Secondo me, senza stravolgere, a volte si può creare qualcosa di diverso: un dettaglio, un particolare. Io parto sempre da un presupposto…”
Quale?
“Un giornalista, un tifoso e un tecnico vedono sempre la stessa partita. Magari con occhi diversi, ma vedono la stessa cosa. Se per tre o quattro volte si nota che il copione è simile e che esistono delle difficoltà, vuol dire che c’è qualcosa che deve essere modificato. Ma mentre il cronista o il tifoso possono solo segnalarlo, il tecnico ha la possibilità di intervenire e di provare a cambiare qualcosa. Un tecnico, se si accorge che c’è qualcosa che non va, deve cambiare. Anche un piccolo particolare. O cambi i giocatori, sperando che te ne comprino altri, o devi cambiare qualcosa. Certo, c’è anche il rischio di peggiorare, ma andare avanti come se niente fosse, sperando che all’improvviso la situazione cambi, non la reputo la cosa migliore da fare”.
Inter, Juve e Milan volano. Atalanta, Lazio, Napoli, Roma, Fiorentina e Bologna sembrano giocarsi un posto per la Champions. Secondo eli chi la può spuntare?
“E’ ancora presto per dirlo. Chi si presenterà meglio a fine marzo, la potrà spuntare. In quel momento ci si renderà conto di chi ha meno infortunati e di chi sta meglio fisicamente. E dipenderà molto dalle coppe. Chi andrà avanti, potrà provare a vincere un trofeo, ma sicuramente perderà qualcosa in termini di punti in campionato. So che è paradossale dirlo, perchè un allenatore cerca sempre di raggiungere l’Europa durante il campionato, ma è così. Guardate la Juve quest’anno. Il preparare solo una gara a settimana è stato fondamentale per arrivare a giocarsi il titolo”