Il Femminile: la discriminazione verso le donne tra diritto e famiglia

Una sentenza in cui un abuso sessuale viene derubricato a “sfogo”, non può non toccarci, non perché non siamo abituati all’infinita stupidità umana (l’uomo, purtroppo, quotidianamente offre milioni di dimostrazioni della sua pochezza), ma perché essa è emessa da un Giudice che ha come compito costituzionale nell’applicare la legge, quello di garantire giustizia ed uguaglianza a tutti i cittadini senza distinzione di sesso.

Ritenere “sfogo” un abuso sessuale, vuol dire disconoscere completamente la donna vittima di tale “sfogo” con tutti i suoi diritti e negare che il corpo è il “custode” dei nostri diritti.

Ricordo a me stessa le infinite connessioni tra il nostro corpo ed i nostri diritti: diritto alla salute, diritti all’integrità fisica ed all’integrità morale, il diritto al lavoro, il diritto agli alimenti…..potremmo continuare all’infinito.

Dunque ben si comprende gli effetti che una tale sentenza può avere sul “collettivo”.

Fortunatamente la sentenza non è italiana, è tutta Argentina, ma sviste del genere non dovrebbero accadere in nessun posto del mondo. Ma quanto in Occidente le donne possono dirsi serene e sicure che i loro diritti vengano rispettati? Credo che la strada sia ancora lunga. In effetti il diritto in Italia si è adeguato solo a partire dagli anni ottanta, è il 10 Agosto 1981 quando si sancisce definitivamente l’epilogo del cosiddetto “matrimonio riparatore”. Pertanto non abbassare la guardia sui diritti conquistati, e da conquistare, è decisivo in quanto i primi passi sono stati mossi solo qualche tempo fa.

In Italia, non vantiamo una simile sentenza, tuttavia la discriminazione verso le donne può passare anche attraverso manovre più subdole, sottili e feroci.

Esistono donne che non sono mai state discriminate in quanto tali? Semmai per il semplice fatto di non scendere a compromesso, oppure per essere madri, oppure per riuscire a conciliare famiglia e lavoro? Non credo vi siano donne che non hanno mai sentito pressioni del genere. Molto spesso i primi giudici impietosi delle donne, sono le altre donne della famiglia. Tra le mie pazienti sono tante le donne che hanno portato storie e vissuti simili sul modo di essere donna e sulla difficoltà di rivendicare un proprio originale modo di essere donna. Ricordo Sara, che arrivò al nostro primo appuntamento piena di dolore, tanto da piangere quasi tutto il tempo. Sara era riuscita a costruire una carriera accademica che una volta sposatasi e rimasta incinta, ha abbandonato a causa delle forti pressioni della famiglia di origine che la redarguiva e le ricordava che “solo una casalinga può essere una buona mamma”.  Per Sara, come per chiunque altro essere umano, abbandonare la strada del proprio desiderio inconscio vuol dire andare incontro a stati depressivi. Pertanto c’è voluto tempo, terapia, affinché Sara trovasse il coraggio di allontanarsi dal modello familiare per trovare nuovamente una sua strada ed il suo modo di essere donna e mamma.

Scriveva lo psicoanalista francese J. Lacan di quanto fosse importante per una donna il non essere tutta presa dal replicare la madre, ma anzi, per fare una donna vi è bisogno di una certa distanza, differenza, alterità, rispetto al materno.

Insomma, siam partiti con lo scrivere di diritto e siamo arrivati alla famiglia, un motivo ci sarà.

Dott.ssa Rosaria Ferrara

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Dott.ssa Rosaria Ferrara – Psicologa a Roma
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