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Roma allo specchio

La Quaresima di Vittoria Colonna

Vittoria Colonna non fu soltanto uno dei personaggi più importanti del Rinascimento italiano, ma fu soprattutto una poetessa. Nata nel 1490 a Marino da una nobile e antica famiglia romana, andò in sposa nel 1509 a Francesco Ferrante d’Avalos, marchese di Pescara, e si trasferì a Ischia. Nel 1525, a seguito delle ferite riportate durante la battaglia di Pavia, suo marito morì e lei scelse di vestire i panni vedovili, che non avrebbe mai lasciato, e dopo alcuni anni si trasferì a Roma.

La sua scrittura poetica si sviluppa nel mezzo di vicende belliche che vedono il coinvolgimento di suo fratello Ascanio, ma anche in concomitanza con il fermento religioso legato alla Riforma luterana. In un primo momento la Chiesa cattolica aveva tentato di trovare una mediazione con i protestanti tramite i colloqui di Ratisbona del 1541. Il tentativo fallì in quanto tra i cardinali prevalsero quelli più intransigenti; la questione più scottante era la giustificazione per sola fede (ex fide sola). I protestanti sostenevano che le opere buone non sono necessarie per la salvezza, ma basta soltanto la fede, in quanto il sacrificio di Cristo sulla croce ha riscattato l’umanità dal peccato una volta per sempre. Alcuni cattolici sposarono questa posizione dottrinale e presero il nome di “spirituali”, tra questi c’erano Juan Valdés, Reginald Pole, Pietro Carnesecchi, Vittoria Colonna e Michelangelo Buonarroti.

La Sirena di Marino entrò a far parte del movimento quando conobbe il frate cappuccino Bernardino Ochino, che venne nominato padre generale dell’ordine grazie al suo aiuto, e dopo lo seguì in varie partì d’Italia per ascoltare le sue prediche. L’iniziativa degli spirituali fallì; qualcuno venne incarcerato, qualcun altro finì al rogo.

Tuttavia, nonostante le sue posizioni poco ortodosse, Vittoria Colonna è stata una poetessa molto apprezzata durante il ‘500 e anche dopo. Le sue poesie vennero pubblicate per la prima volta nel 1538, anche se lei non autorizzò mai la stampa. A colpire il pubblico, soprattutto quello femminile, erano soprattutto le rime spirituali, che probabilmente venivano utilizzate come una sorta di libro di preghiera dai lettori più inesperti, mentre i suoi amici letterati e le persone più colte apprezzavano nella sua scrittura il modello di Petrarca.

Nel 1539 circa, prendendo spunto da una predica dell’Ochino, la poetessa scrisse una Meditazione sulla Passione di Cristo.

El giorno de Venere et l’hora tarda me convitano a scrivere del pietoso effetto di veder Christo morto in braccio alla Madre […] Io penso, Padre, che la Regina del Cielo lo pianse in più modi, prima come humano, vedendo il bellissimo corpo formato dalla sua propria carne tutto lacerato et quei capelli con tanto studio da lei conservati esserli stati cagion de molestia, che pieni del pretioso sangue li cascavan sul volto. […] Solo la fede la sostenne in vita et lei sostenne viva la fede per reinvestirne tutto il mondo che ne era allor spogliato, per tanto nascendo quanto thesoro può haver il Christiano de la vera fede, et havendola recevuta dalla Vergine che se non per lei sarà extinta, hor pensate, Reverendo et osservandissimo Patre, se devemo restarli obligati.

La Vergine Maria è stata la depositaria della fede dopo la morte del figlio e l’umanità deve esserle grata per sempre. La poetessa la vede sola sotto la croce e si chiede dove siano tutti quelli che Gesù ha aiutato, chiamandoli uno ad uno.

Ove è il cieco nato che non apre gli occhi a tanta luce poi ch’el perduto lume li fu da questo Sole con tanta benignità restituito? Como non viene la samaritana a ber di nuovo al fonte de la vita, perché non conduce adesso tutta la sua Samaria se veramente el cognobbe? Deh, Marta, como tardi tu a darli la sepoltura como li desti lo hospitio, et quando non havessi altra te lassò pur con la sua gratia, quella del resuscitato fratello, pensi forse che Maddalena basti? Non sai che lei l’ha sepulto nel cuore et che delle cose exteriori ha lassato continuo la cura a te; lei è ben presente, piange e serve Christo, accompagna la Madre con tale obsequio et con sì ardente amore che sarà consolata prima che nisciun altro per dar testimonio al Divin Giudice del suo fidel animo e del suo acerbo dolore.

Cristo è il Sole per il cieco nato, fonte d’acqua viva per la Samaritana, divino maestro per Marta, salvezza comune. Analizzando tutta la produzione poetica, si nota che il sole è una metafora sempre presente nella poesia della Colonna, prima riferita al marito e in seguito a Cristo.

Michelangelo la conobbe negli anni ’30 durante il suo soggiorno a Roma e in seguito realizzò per lei tre disegni a matita nera: la Samaritana, il Crocifisso e la Pietà. Per l’inquieto Buonarroti la Colonna fu una guida spirituale, come si nota in molte delle poesie dedicate a lei.

Porgo la carta bianca/ a’ vostri sacri inchiostri/ ch’amor mi sganni, e pietà ‘l ver ne scriva […] Chieggio a voi, alta e diva/ donna, saper se n’ ciel man grado tiene/ l’umil peccato che ‘l superchio bene.

Vittoria è “diva” e il suo inchiostro è sacro perché scrive rime spirituali che conducono sulla retta via, infatti il poeta le chiede di rivelargli se in Cielo pesa di più il peccato o la grazia. In un altro componimento, temendo che la donna possa morire e lasciarlo solo, mentre interroga i suoi occhi la chiama “mio vivo sole”, usando la metafora a lei tanto cara.

Se grazie il ciel disserra/ com’ai beati suole/ questo mio vivo sole/ se lassù passa e partesi da noi/che cosa avrete qua per guardar poi?

Il 25 febbraio 1547, alla presenza del suo fedele amico, Vittoria Colonna lasciò questo mondo concludendo una vita che forse, dopo la morte del consorte, era stata una perenne Quaresima e finalmente raggiunse il suo Sole.

Alessandro Gerundino

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