Lunedì 8 marzo, Dress for Success Rome ha reso omaggio a tutte le donne con l’evento “Lui vede Lei”, digital talk condotto da Nadia Alese, giornalista Rai. Sulla piattaforma Zoom, professionisti appartenenti al settore medico, formativo, tecnologico e artistico, si sono confrontati a favore di un’ottica rovesciata: la donna vista dall’uomo. Numerosi gli spunti di riflessione, che hanno coinvolto tutti i partecipanti in modo interattivo, nel tentativo di non contrappore né sovrapporre, ma allineare il mondo maschile e quello femminile.
Ispirata dalla campagna “He for She”, proposta dall’ONU per rimarcare la solidarietà e l’impegno del mondo maschile nella lotta per l’uguaglianza di genere, e dal tema “Choose to Challenge” condiviso universalmente dai media, Dress for Success Rome, quest’anno, nel celebrare la Giornata internazionale della donna, ha deciso di cogliere la sfida e coinvolgere un parterre tutto al maschile in un dibattito digitale che ha appassionato oltre cento persone connesse in rete.
Nessuna provocazione, ma una naturale curiosità di sapere se e come, gli uomini, nel 2021, percepiscono la questione dell’uguaglianza dei sessi.
Il percepire si è legato, fin da principio dell’evento, proprio alla tematica del vedere, espressa attraverso una serie di iridi umane contrapposte, in un gioco di immagini che ha evidenziato le loro infinite sfumature cromatiche, la loro uguaglianza e la loro diversità, il loro rendere singolarmente unici ciascuno di noi, grazie al lavoro condotto da due fotografe, Cinzia Carbonelli e Adriana Seganti, autrici del progetto Eyeconart. Sono stati gli occhi, dunque, gli estremi di un lungo filo invisibile che ha unito performance artistiche e interventi tematici, in due ore esatte di diretta.
E hanno parlato, letteralmente, gli occhi degli interpreti della performance teatrale d’apertura, gli attori Roberta Tenuti ed Edoardo Ciufoletti, autore del testo rappresentato. Sarcasmo e paradosso hanno percorso i diversi scambi di battute tra i due giovani, costellati di domande e anche di allusioni fuori contesto, rese ancor più evidenti dalla scelta autoriale di alternarle, identiche, tra lui e lei. «I documenti dell’ultimo cliente sono pronti», comunica la donna, in modo saldo e cordiale, lasciandosi immaginare all’interno di una situazione lavorativa; «Grazie!», risponde l’uomo, aggiungendo «Stai molto bene con quelle calze, sai?» e suscitando nel volto di lei un palpabile, motivato imbarazzo. L’osservazione suona quasi comica, quando la situazione si rovescia e, alla stessa informazione, lei ribatte: «Ti stanno proprio bene quei calzini, sai?». Nell’espressione di lui, interdetto, si legge una notevole perplessità. L’avvicendarsi delle battute “a rovescio” prosegue, abbracciando contesti che vanno dal lavoro alla vita privata, toccando persino le abilità cognitive di ciascuno. Impossibile non accorgersi della miriade di significati e conseguenze diverse che la comunicazione riferita a sessi opposti può assumere, a causa dei pregiudizi e dei luoghi comuni che la società, spesso, non riesce a evidenziare in modo responsabile. Eppure, nel loro essere fraintesi, i due “rubano” lettere al discorso, andando a mettere insieme, sul finale, la parola “Allineati”.
Da qui, dall’essere allineati, sullo stesso piano, e dalla questione del linguaggio parte il primo ospite interpellato, Stefano Greco, psicologo, formatore e saggista. Alla domanda della moderatrice, Nadia Alese, riguardo la possibilità di un allineamento tra generi, Greco risponde che esso dipende da “un salto di civiltà, poiché il nostro è un problema culturale forte” ma la buona notizia, aggiunge, “è che le nuove generazioni sentono meno la distanza tra i due sessi, i millennials sono più orientati alle pari opportunità. Un’altra buona notizia è che la donna, oggi, professionalmente e a livello personale, è molto più consapevole, c’è un movimento forte alla consapevolezza. Bisogna lavorare sicuramente su aspetti legati al linguaggio”. Il salto di civiltà, infatti, secondo Greco, è basato su un cambiamento di visione che passa proprio attraverso i codici comunicativi, l’educazione di tutti, uomini e donne. “Non c’è forse da parlare di violenza di genere, ma domandarsi: «che genere di violenza?». Necessitiamo di un’analisi forte sulle radici dell’odio, sul perché accadono le cose. Il marcare le differenze in modo antagonistico va superato con il paradigma della persona, siamo esseri umani, persone, una nuova visione del mondo passa attraverso l’educazione. Perché non ci sono programmi scolastici, ovunque, che aiutino sul fronte culturale a cambiare il linguaggio? Siamo tutti responsabili, perché impregnati di stereotipi”.
“Un allineamento nella medicina sembra esserci, anche se il lavoro è stato, ed è, ancora lungo”, sottolinea invece un altro ospite, Umberto Zanetti, ginecologo e psicoterapeuta. Nel suo rilevare come, in particolare, la Medicina di genere aiuti a un’ottimizzazione delle risorse, afferma anche che essa “evidenzia che le donne hanno diritto ad avere maggiore attenzione, in termini di prevenzione, per quanto riguarda alcuni tipi di malattie, perché l’organismo maschile è diverso da quello femminile”. Da uomo e da medico, osserva che “sicuramente c’è una maggiore attenzione e sensibilità da parte delle donne stesse; per esempio, oggi ci sono delle possibilità di trattamento che permettono di mettere da parte ovociti che potranno garantire una maternità in un secondo tempo, nel caso di malattie oncologiche. Sicuramente è cambiata la sessualità; con la menopausa, la maggior parte delle donne credeva che dovesse essere messa nel cassetto. Oggi sappiamo che ci sono delle donne che a 60, 70 anni, hanno una vita sessuale assolutamente normale e che si pongono il problema anche di come mantenerla”. È cambiato anche l’atteggiamento dei medici, più sensibili a certe tematiche rispetto anche solo a trenta anni fa “ma sono anche le donne che fanno questa richiesta, per cui c’è un allineamento tra questi due mondi. Il metterci in un’ottica di ricerca per cui la donna va incontro a patologie con incisività maggiore rispetto ad altre (le cardiopatie, per fare un esempio, contrariamente a quanto si possa immaginare), e produrre protocolli di prevenzione e diagnosi veloce, può fare molto”.
Riprendendo un po’ l’idea fornita da Stefano Greco, il cantautore Emanuele Belloni, uno dei due artisti ospiti, si sposta sul termine complessivo di persona, interpretando live il brano “Tutto sbagliato”, una storia “che nasce dall’osservazione dei comportamenti delle persone” e che coincide con il titolo di un concept album incentrato sul tema della tutela dei più fragili, in situazioni diverse, donne o uomini, indifferentemente. “ ‘Tutto sbagliato’ parla di persone messe in una situazione di debolezza perché perdono la libertà. Quando sento che qualcosa mi toglie la libertà, lì deve scattare il campanello d’allarme; questa cosa può accadere con una parola violenta, con un gesto, con un comportamento reiterato e lì deve scattare qualcosa” così da riprendersi la propria vita.
Come una staffetta in cui le parole si passano velocemente le une alle altre, la tutela di se stessi chiama in causa anche le tecnologie digitali, insieme all’intervento di Pietro Vultaggio, esperto di Cyber Security. Citando quanto affermato da Paola Pisano, ex ministra per l’Innovazione tecnologica e la transizione digitale, secondo la quale “Ognuno deve poter cogliere le opportunità offerte dalle nuove tecnologie”, Vultaggio ricorda pochi ma essenziali aspetti: innanzitutto, che la sicurezza degli account utilizzati dipende da noi stessi, quindi deve diventare prassi abituale l’utilizzo di un antivirus, che deve essere “funzionale, aggiornato, professionale, in modo da avere il così detto ‘buongiorno sicuro’” quando si accede al dispositivo. Inoltre, è opportuno controllare sempre gli alert in riferimento ai siti visitati, controllare le notifiche di accesso ai social network, se arrivano, perché “nel qual caso non abbiamo effettuato l’accesso, dobbiamo immediatamente modificare la password e fare il reset da tutti i dispositivi”. Soprattutto in riferimento alle donne, alla loro sicurezza in situazioni particolari e al loro essere a rischio nell’utilizzo dei social network, l’esperto aggiunge che bisogna imparare a proporre i propri contenuti sul web: non condividere necessariamente la propria posizione in tempo reale sui social, oscurare determinati dati sul profilo Facebook ed escludere dati non necessari anche da LinkedIn. Non solo le donne, del resto, sono a rischio quando si utilizzano soprattutto i social, poiché, afferma Vultaggio “il rischio c’è anche per gli uomini, tra account fake, persone che si spacciano per ciò che effettivamente non sono o che, incautamente, forniscono una serie di elementi neanche indispensabili a quella che è la loro presenza sui social”.
Pieno di vigore e di fiducia è l’intervento del Corporate Artist veronese Arvedo Arvedi, autore di un’ “opera mobile” realizzata proprio per Dress for Success Rome, costituita da una tela riportata su oltre 100 pashmine in seta, donate all’associazione. Arvedi, fortemente contrario alle paradossali “quote rosa” e a tutto ciò che deve limitare l’operato femminile, sposta la prospettiva chiamando in causa una certa sfiducia delle “donne verso le donne”, poiché le loro capacità, sul fronte personale e professionale, sanno anche essere superiori a quelle degli uomini. Nel contesto lavorativo dell’arte pittorica, svela Arvedi, se le pittrici vere e proprie sembrano meno riconosciute e numerose dei colleghi uomini, c’è comunque un approccio diverso, in cui “c’è chi fa la gallerista, la critica d’arte, c’è spazio per tutti”, e il riconoscimento di valore e competenze non sono condizionati da giudizi sul genere.
Totale fiducia e apprezzamento nelle capacità femminili viene anche da Roberto Santori, CEO Challenge Network – Presidente Unindustria Sezione Formazione, rappresentante orgoglioso di una realtà aziendale in cui oltre l’80% dei dipendenti è donna e il 60% anche mamma, perché “non c’è mai stata nessuna barriera”. Se Challenge Network rappresenta un’isola felice nel contesto aziendale italiano, Santori non si redime dal ricordare i tristi dati che coinvolgono l’attuale disoccupazione femminile, la diffusa mancanza di servizi a supporto delle donne e delle famiglie, la percentuale ancora limitata di giovani donne che intraprendono lo studio delle discipline STEM, auspicando un intervento profondamente strutturale per l’utilizzo delle risorse del Recovery Fund. Osservazione particolare, ancora a vantaggio delle donne, viene da Santori in relazione all’efficienza dimostrata nello smart working, che marca notevolmente la natura multitasking del gentil sesso.
Sul finale del digital talk, Nadia Alese lancia davvero una provocazione, chiedendo agli ospiti se davvero – a prescindere dalla loro visione privilegiata, dovuta a determinati bagagli di conoscenze ed esperienze – ci sia una diffusa consapevolezza maschile sulle difficoltà che, oggettivamente, le donne possono incontrare nel mondo, professionale e non. Schietta e immediata la risposta di Umberto Zanetti: “Quelle attività di empowerment e di disponibilità, non devono essere limitate a un’analisi l’8 marzo, è tutto un lavoro che uomini e donne devono fare nel tempo, per far sì che questo non sia effimero”. Auspicabile, secondo Zanetti, un’“educazione alle emozioni”, per appropriarsi, o riappropriarsi, di un’idea matura della sfera emotiva e della sua gestione, salvifica per entrambi i sessi. Da ambo le parti della linea, uomini e donne, consapevolmente insieme.