“Cosa raccontano di te i tuoi abiti? Valorizza la tua identità con la moda” è stato il titolo del webinar condotto online dalla psicologa della moda Paola Pizza, giovedì 18 febbraio. Un piacevole momento formativo non solo per le volontarie e le beneficiarie di Dress for Success Rome, ma anche per tutte le donne curiose di scoprire il linguaggio segreto di ciò che si indossa.
Paola Pizza è psicologa della moda, autrice di numerosi libri e del blog psicologiadellamoda.com, fondato nel 2014. Docente, formatrice, consulente di molte aziende e Fashion Psychology Coach, ci ha dedicato un po’ del suo tempo anche dopo il seminario, rispondendo alle domande seguenti.
Prof.ssa Pizza, che cos’è esattamente la Psicologia della moda?
La Psicologia della moda è quel settore della psicologia che si occupa della dimensione profonda della moda, quindi, di tutto quello che gli abiti e gli accessori esprimono di noi e della nostra identità. In questa ottica, l’abbigliamento viene considerato come uno dei linguaggi che collegano corpo e psiche, attraverso il quale svelare l’inconscio; il modo di vestire diventa un transfert che attualizza sentimenti, emozioni, desideri, cognizioni, conflitti e paure. La moda fa parlare la psiche e contribuisce a definire l’identità.
In che modo la Psicologia della moda può aiutare a conoscere meglio se stessi?
Più spesso di quanto si pensi, il rapporto con gli abiti e con gli accessori è assolutamente inconsapevole. Le persone non si rendono affatto conto di ciò che “raccontano” tramite i look che scelgono di indossare. Per questo, attraverso l’analisi dell’armadio, che è centrale nella Psicologia della moda, si scoprono dimensioni psicologiche che hanno a che vedere con la parte profonda della scelta degli abiti, dei tessuti, dei colori, ma anche del rifiuto di alcuni colori, alcuni tessuti o di alcuni modelli reputati a volte, erroneamente, inadatti a sé. Gli studi fatti negli anni nell’ambito della Psicologia del colore, per esempio, possono aiutare moltissimo nel comprendere i motivi inconsci delle preferenze o dei rifiuti nell’utilizzare determinate tonalità. Tutto ciò può essere indagato, naturalmente, grazie a professionisti con una formazione specifica. Io stessa, attraverso una serie di corsi, mi occupo di formare gli psicologi e le psicologhe che vogliono specializzarsi in questo ambito.
La moda offre soluzioni per tutti i gusti. Eppure, noi donne, non abbiamo mai “niente da mettere”. Perché?
Tutte, sicuramente più di una volta nella vita, ci siamo trovate smarrite davanti all’armadio aperto. Nel famoso “non ho niente da mettere” però, non ci sono privazioni reali, ma privazioni relative. Ci manca quello che, in quel momento, può farci sentire bene con noi stesse, che sia appartenere a un gruppo, essere simili a un’altra persona, secondo i diversi obiettivi che abbiamo nei diversi momenti della nostra vita. Questo pensiero è abbastanza comune quando bisogna affrontare qualcosa di nuovo: un nuovo lavoro, un nuovo meeting, una nuova conoscenza, per fare solo alcuni degli infiniti esempi. Le donne che hanno consapevolezza di sé, portano con sé anche un progetto comunicativo molto forte e, spesso, hanno anche un armadio ricco di abiti e accessori che possano esprimere i vari aspetti della propria identità. Come già detto nel corso del webinar, quello della moda è un sistema di comunicazione non verbale con cui esprimere, esternamente, verità o anche “bugie” su se stesse. Meno le donne sono consapevoli del processo comunicativo che possono esprimere con la moda, più sono disorientate quando c’è da affrontare un nuovo contesto. Un nuovo abito, un nuovo accessorio, permette di veicolare nel contesto e nel momento opportuno una determinata immagine di sé. Avere “molto da mettere”, usando la prospettiva opposta, significa raccontare molte sfaccettature, secondo la propria complessità interiore, che non va mai decontestualizzata.
Quando si vive un cambiamento, anche i capelli diventano particolarmente espressivi?
I capelli, innanzitutto, sono a contatto con le parti del corpo che vediamo prima delle altre, la testa e il volto, hanno un impatto naturalmente immediato. Possiedono significati molto profondi: sono collegati alla seduzione, alla sessualità, sono uno “strumento di rinascita” e le pettinature, i tagli o i colori che scegliamo di volta in volta, danno la comunicazione, a noi stessi e agli altri, che siamo una persona nuova. Questo succede sovente in momenti nevralgici della nostra vita, come l’arrivo di un nuovo amore o l’inizio di una nuova professione. Il cambio dei capelli è comunque quasi automatico con il cambio del look complessivo. Tutto dipende molto dalla personalità: i mutamenti repentini che coinvolgono i capelli possono indicare una spiccata creatività ed essere scelti come canone comunicativo della diversità, ma, a volte, sono anche manifestazione di un’immagine di sé che non si riesce a “trovare”. In tal caso, la Psicologia della moda è lo strumento adatto a identificare lo stile che si sta “cercando”.
Nell’ambito del colloquio di lavoro, esistono colori più adatti di altri a “conquistare” chi ci seleziona?
Direi di ribaltare quest’ottica. Non esistono colori adatti agli altri, visto che non li conosciamo, ma esistono colori adatti a noi stessi. Io trovo che non sia una buona strada quella di scegliere il “non colore” per un colloquio di lavoro, per dare un’immagine di sé più neutra possibile. Bandire l’uso esclusivo del bianco e del nero a favore di una gamma cromatica molto più ampia, può essere un punto di forza. Per fare ancora un esempio, perché non utilizzare il rosso, espressione di passione e determinazione? Non c’è da essere timorosi, non c’è un colore giusto o uno sbagliato, ma quello che esprime la propria identità e i propri punti forti, in relazione alle proprie competenze. Pensare che non dobbiamo piacere agli altri, ma piacere a noi stessi per ciò che siamo e sappiamo complessivamente, è l’atteggiamento giusto anche per il colloquio di lavoro. Non dimentichiamo che anche un accessorio può trasmettere l’idea di essere più particolari e meno uniformi. Nel lavoro, in ogni caso, sconsiglio gli eccessi, sia per quanto riguarda la formalità che la stravaganza. La comunicazione di sé deve essere autentica, ma sempre legata al contesto. Tutte ricordiamo sicuramente la memorabile scena in cui la protagonista de “Il diavolo veste Prada” viene percepita “stonata” nel suo look d’esordio, in quel particolare ambiente lavorativo. L’essere accettati, indubbiamente, ci dà piacere e anche energia in ciò che facciamo.
Come ha influito la pandemia sulla dimensione dell’immagine esterna?
Molte persone hanno vissuto di più la dimensione privata anche nel lavoro, lasciandosi andare indubbiamente a un abbigliamento più comodo, più rilassato, ma per alcuni è diventato anche un abbigliamento “trascurato”. C’è chi ha lavorato da remoto con pigiami, tute, giubbotti in pile, con le pinze nei capelli, ce n’è per tutti i gusti! Una cosa pessima, purtroppo, dal punto di vista della comunicazione, sia per quanto riguarda la comunicazione nei confronti degli altri, sia per quanto riguarda l’autostima. Noi siamo abituati a guardarci, a osservarci e a provare dei sentimenti nei nostri confronti anche attraverso la nostra immagine. Diventa difficile volersi bene, piacersi, accettarsi, ritenersi efficaci con il pigiama. Il pigiama presenta la parte più infantile, più indifesa di noi, poco adatta ai momenti di lavoro, se non in quelli strettamente creativi, “invisibili”. Non bisogna mai perdere di vista il fatto che, nel lavoro, rappresentiamo l’azienda e un ruolo all’interno di essa, anche quando siamo in smart working, e anche il nostro look contribuisce a incrementare l’immagine che l’azienda vuole diffondere all’esterno. Tenere a mente questo e metterlo in atto ogni giorno è importantissimo, in attesa del ritorno alla vera normalità. Coco Chanel ci ha insegnato che un abbigliamento più confortevole è un modo per liberare il corpo femminile, ma non coincide affatto con l’abbigliamento da casa. Stando davanti al computer, inoltre, ricordiamo di dedicare un’attenzione in più alla parte più visibile: ad esempio, curiamo i capelli, il trucco, indossiamo gli orecchini, non rinunciamo a collane o a foulard. Mentre lavoriamo, però, vediamo anche la parte inferiore del corpo! Se dobbiamo trasmettere maggiore autorevolezza affinché il nostro team porti avanti i progetti in corso, rischiamo di riuscirci meno, avendo ai piedi le pantofole. Dunque, facciamo uno sforzo e iniziamo a tornare sui tacchi, anche a casa, “strumenti” utilissimi ad acquisire maggiore consapevolezza. Una cosa positiva del lockdown, è che ha fatto concentrare moltissimo le aziende, in particolare quelle di moda, sulla persona. Spero che questo sia l’inizio e la continuazione di un’era in cui non ci si concentri tanto sul fisico, quanto sulla persona, rispettando anche il corpo per ciò che è, senza la costrizione di uniformarsi alle taglie.
Professoressa, lei è autrice di diversi libri sui tanti aspetti della Psicologia della moda. Ne sta per uscire un altro, vero?
Sì, ma non posso anticiparvi nulla. Posso solo dirvi che uscirà lunedì 8 marzo è avrà come tema la bellezza. Un giorno perfetto per omaggiare tutte le donne, anche quelle di Dress for Success Rome! Ne parleremo sicuramente al prossimo incontro!