È online il video di Massa Den feat Matthieu Chedid, il nuovo singolo di Fatoumata Diawara, artista originaria del Mali, tra le voci più intense nel panorama internazionale della world music. Il brano anticipa l’uscita il 12 maggio del nuovo, atteso album London Ko (Wagram Music) in cui la cantautrice, chitarrista e attrice, unisce le forze con Damon Albarn (Gorillas, Blur), che co-produce alcuni brani e si esibisce con lei nel brano Nsera.
Massa Den è un’ode all’amore, una canzone potente che unisce la voce e la chitarra di Fatoumata Diawara ai suoni unici di Matthieu Chedid (in arte – M -), musicista e compositore francese con cui l’artista africana ha già collaborato per l’album Fenfo. Si legge nelle note al brano: “L’amore è libero, l’amore non può essere imposto a qualcuno. Lasciate che coloro che si amano stiano insieme. Chi ha turbato l’uomo che il mio cuore e la mia anima hanno scelto? Chi parla alle spalle del mio amante? È lui che porta sulle spalle la speranza di una nazione. Non fatevi coinvolgere da Mansaden, il figlio del re, il principe e l’uomo che amo!”. Anche se canta in bambara – la lingua del Mali – con questa canzone Fatoumata Diawara riesce a far immergere l’ascoltatore nel suo personale universo eclettico che, tra radici mandinka e influenze afrobeat, jazz, pop, elettroniche e persino hip hop, le è valso due nomination ai Grammy.
Una sintesi che si riflette anche nell’album, London Ko, che già nel titolo combina i nomi di una metropoli occidentale come Londra con quello della capitale maliana Bamako. Spiega Fatoumata Diawara: «Per me, London Ko significa aprire la mente. Rappresenta anche il legame di Damon Albarn con la musica maliana». Il titolo, un neologismo coniato dalla stessa cantante, si riferisce a un continente immaginario che unisce l’Africa e l’Europa. Pur mantenendo le tradizioni, la musica di Fatoumata Diawara offre una visione profetica di ciò che l’Africa può fare. L’artista inventa uno spazio e un tempo alternativi in cui è possibile diventare padroni del proprio destino. Posizionando se stessa come protagonista di un mondo futuro, con questo album Fatoumata Diawara entra di diritto nel novero delle grandi voci dell’afrofuturismo.
In occasione di questa nuova uscita, da aprile sono già programmati una serie di concerti in alcune città degli Stati Uniti e in Europa. In Italia, Fatoumata Diawara arriverà il 13 luglio al Ravenna Festival, l’11 agosto al Locus Festival di Locorotondo, il 19 novembre all’Auditorium Parco della Musica per il Romaeuropa Festival, il 20 novembre al festival H/Eearthbeat Festival al Teatro Puccini Firenze.
Fatoumata Diawara ha debuttato nel 2011 con il suo album d’esordio, Fatou, che ha visto la partecipazione di musicisti leggendari come John Paul Jones, Tony Allen e Toumani Diabaté. Il disco è stato salutato da Pitchfork come un “album ammaliante” che “semplicemente ti circonda con la sua atmosfera”, mentre The Guardian lo ha elogiato come “un set piacevole e impressionante”. Ha ricevuto due nomination ai 61° Annual Grammy Awards per le categorie Best World Music Album con Fenfo (2018) e Best Dance Recording per il singolo Ultimatum al fianco del duo elettronico inglese Disclosure.
Nata in Costa d’Avorio da genitori maliani e cresciuta in una famiglia molto numerosa con dieci fratelli, negli anni ‘90 ha vissuto nella capitale del Mali, Bamako. Inizia a recitare da bambina e tra le sue prime esperienze cinematografiche prende parte nel 2001 al film Sia, The Dream of the Python di Dani Kouyaté, acclamato dalla critica. All’età di diciannove anni ha lasciato la casa contro il volere della famiglia e si è unita alla compagnia francese di teatro di strada Royale de Luxe, con la quale ha girato il mondo e ha iniziato a cantare nei club e nei caffè di Parigi. Ha cantato come corista per Dee Dee Bridgewater e per la superstar maliana Oumou Sangaré, prima di firmare con l’influente etichetta World Circuit Records per il suo album di debutto. Oltre a Sia, The Dream of the Python, ha partecipato a film come Timbuktu,
Morbayassa e Clouds of Conakry, nominati agli Oscar, e ai documentari The Africa Express e Mali Blues.
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Magalì Berardo magalie@musicalista.it