Una donna ricoverata nella Terapia intensiva del reparto di Cardiologia al San Giovanni è morta e il primo tampone rinofaringeo per accertare il contagio da Covid-19 è risultato positivo. Immediatamente è scattato l’allarme nell’ospedale perché ora arriva il difficile: ricostruire con esattezza come il virus è entrato in reparto.
la donna è stata ricoverata al San Giovanni lo scorso 17 gennaio, ben prima che il coronavirus si palesasse e per 46 giorni non ha vissuto un solo reparto: da Cardiologia infatti è stata trasferita anche nell’Utic, l’Unità di terapia intensiva cardiologica, ha sostenuto analisi ed esami dentro la struttura ospedaliera. Insomma ha vissuto diversi ambienti, molti anche delicati. In quasi due mesi, inoltre, la donna – romana di 87 anni – ha ricevuto, come è ovvio che fosse, numerose visite di parenti e familiari stretti, alcuni dei quali residenti al nord Italia.
Per i sanitari e anche per la Regione Lazio è dunque di prima necessità ricostruire la sua catena di trasmissione da Covid-19 quanto meno per poter scongiurare l’esplosione di casi secondari nei prossimi giorni dentro al San Giovanni.
Come ha fatto sapere la Regione Lazio la paziente «È deceduta con il Covid-19 e non a causa dello stesso». Tutto è iniziato a cavallo tra la notte di mercoledì e ieri mattina quando le condizioni della 87enne sono peggiorate. Da qui, considerata la crisi respiratoria che aveva manifestato, è stato svolto il test che è risultato positivo, ma poi la donna è morta e quindi non si è proceduto con il secondo tampone. Il suo resta comunque il primo decesso in un ospedale romano che coinvolge il coronavirus.
Ed è per questo che l’azienda sanitaria ha iniziato fin da ieri a ricomporre la mappa dei contatti isolando tutti i dipendenti che, pur essendo al momento asintomatici, sono entrati in contatto con la paziente in un arco temporale molto ampio. Al momento si tratta di una trentina di persone