Attraverso la lettura di un’opera si riesce davvero a viaggiare nel tempo, a vivere sensazioni ed emozioni calandosi nei contesti narrati. Certo alcuni scrittori hanno più di altri uno stile narrativo che affascina grazie alla loro preziosa capacità immaginifica ed affabulatrice.
Uno degli autori che ha queste particolari doti è certamente Francis Scott Fitzgerald, scomparso a Los Angeles il 21 dicembre del 1940, a cui è doveroso rivolgere un memore pensiero a 78 anni dalla sua morte.
Nonostante sia impossibile descrivere brevemente le peculiarità e la profondità della sua notevole produzione letteraria, basti ricordare che egli, un gigante nella storia della letteratura americana e mondiale, ha scritto pagine indimenticabili, alcune delle quali sono entrate in una sorta di pantheon mondiale.
Nei suoi Racconti, Fitzgerald narra vicende di uomini vissuti nei primi anni del ‘900, l’età dell’oro per gli Stati Uniti. Sono gli anni del jazz, del boom economico: il contesto socio-culturale influenza notevolmente lo stile e i temi dell’autore.
Egli tratta tematiche che svilupperà in altre opere, soprattutto nel suo capolavoro, Il Grande Gatsby: la nostalgia del passato, il rimpianto di un amore perduto, la consapevolezza che mai niente sarà più come prima, perché «ci sono tanti tipi di amore, ma mai lo stesso amore due volte».
Il passato che non può tornare, e che perciò costringe i personaggi ad adattarsi al nuovo contesto e, quindi, ad agire concretamente di fronte alle difficoltà della vita: «Poiché era andato via e non sarebbe mai potuto tornare indietro. I cancelli erano chiusi, il sole era calato e non c’era bellezza se non la bellezza grigia dell’acciaio che resiste al tempo. Anche la sofferenza che avrebbe potuto sopportare era rimasta nel paese delle illusioni, della giovinezza, della pienezza della vita».
Addio gioventù, bellezza, vita: quando Fitzgerald ha scritto questi racconti, era nello stato d’animo di «quella eterna inerzia che prima o poi viene a vivere con ognuno di noi e con noi rimane fino alla fine».
Fitzgerald usa un linguaggio concreto, plastico, in grado di materializzare l’emozione, capace di farla toccare con mano, come è possibile notare da due esempi tratti da due racconti: «Qui, con il passato intorno a lui, accanto a lui, che diventava minuto per minuto sempre più pesante, sembrava teatrale e stantio»; «La sorgente delle sue emozioni, che una volta aveva zampillato in una notte di aprile, si era prosciugata subito e ora rimaneva solo un rivolo sottile».
Come si può notare da queste parole, lo stile dell’autore è intrigante, fluido e scorrevole, ricco di dialoghi e descrizioni che rimandano all’immaginario del lettore moderno.
Tra i Racconti, uno dei più noti è Il curioso caso di Benjamin Button, noto per il film ad esso ispirato, uscito nelle sale cinematografiche nel 2008, diretto da David Fincher, che vede protagonisti Brad Pitt e Cate Blanchett.
Uno dei racconti che più rivela la personalità dell’autore è, senza dubbio, quello intitolato Una pagina nuova. In esso le dinamiche narrative ruotano intorno alle vicende della protagonista Julia, bella e affascinante, che potrebbe aspirare ad avere il miglior partito, l’intero universo maschile ai suoi piedi, eppure si innamora di Dick, un caso disperato, un uomo alcool dipendente; lei cerca di cambiarlo con il suo spirito da crocerossina, eppure alla fine l’amore narcisistico di Dick nei confronti di sé stesso prevale sull’amore per lei.
In questo testo, come anche in altri mirabili scritti, emerge una forte impronta autobiografica. Si ha l’impressione che l’autore abbia voluto narrare, da un punto di vista neutro (quindi terzo, altro da sé), la sua vita amorosa – il matrimonio con Zelda, malata di schizofrenia-, caratterizzata da momenti gioiosi e da momenti angoscianti, da emozioni ed inquietudini, da entusiasmi e da difficoltà.
Come in Tenera è la notte, Il Grande Gatsby, Belli e dannati, gioventù è garanzia di bellezza, spensieratezza, indica la possibilità di essere artefici del proprio destino e di costruirsi il proprio futuro. Ma quando la giovinezza, l’età dell’oro è finita, la nostalgia del passato gioioso, dei bei tempi, ha il sopravvento e ci fa sentire vinti, annichiliti: «sottoprodotto di un’idea, scoria di un sogno».
Articolo di Valeria Castelluccio