Un corriere della droga di 31 anni di origini sudanesi è evaso dalla stanza dell’ospedale Grassi a Ostia, dove era guardato a vista e ricoverato in attesa che espellesse gli ovuli ingeriti prima di essere arrestato. Intorno alle 4,30 di ieri ha forzato un’anta della porta della stanza, è riuscito a superare il blocco della Polizia penitenziaria che lo piantonava ed è fuggito facendo perdere le sue tracce. Immediata è scattata la caccia all’uomo da parte di carabinieri, polizia di Stato e degli stessi agenti penitenziari che stanno setacciando gli ambienti della malavita e del traffico di stupefacenti tra Ostia, Roma e il litorale a sud della Capitale. Gli investigatori ipotizzano che l’uomo possa contare su una rete di connivenze e di legami con i capi delle piazze di spaccio, disposti ad aiutarlo e a nasconderlo. Fino a ieri sera, infatti, del corriere della droga non c’era alcuna traccia.
Ostia, il sudanese evaso
Il cittadino sudanese era stato arrestato venerdì scorso appena sbarcato all’aeroporto di Fiumicino e immediatamente trasferito nel nosocomio lidense perché le forze dell’ordine avevano ritenuto che avesse ingerito ovuli di droga. Piantonato dagli agenti penitenziari, l’uomo, di corporatura massiccia, ha approfittato dell’effetto sorpresa e della sua agilità per eludere il blocco della polizia e riuscire così ad allontanarsi dall’ospedale. A dare la notizia dell’evasione, successivamente confermata dalle forze dell’ordine, è stato Gennarino Di Fazio, segretario generale Uil Pubblica amministrazione Polizia penitenziaria, che è tornato sulla necessità di fornire agli agenti, in occasioni particolari, strumenti più efficienti per evitare episodi come quello di ieri.
IL RACCONTO
«L’arrestato era in carico alla Polizia penitenziaria da qualche giorno e al momento della fuga, per quanto abbiamo potuto apprendere, era ricoverato in una stanza ospedaliera dedicata proprio ai cosiddetti ovulatori e piantonato da due uomini racconta il segretario Di Fazio pare che sia riuscito a scardinare un’anta della porta e successivamente a forzare il blocco che gli agenti penitenziari hanno tentato di opporre senza, naturalmente, poter utilizzare le armi da fuoco in dotazione». La mole del malvivente e l’impossibilità di sparare in aria a scopo intimidatorio perché all’interno di una struttura ospedaliera, hanno giocato a favore del detenuto. Secondo il segretario Uilpa Polizia penitenziaria, l’episodio di ieri «potrebbe essere indicato come uno dei casi di scuola circa l’utilità della dotazione del taser anche per gli agenti penitenziari. Sia ben chiaro, non chiediamo e, anzi, riterremmo inutile e persino pericolosa e controproducente chiarisce Di Fazio la disponibilità della pistola elettrica nelle carceri. Al contrario pensiamo però che sarebbe utilissima se non indispensabile in altri servizi espletati dagli agenti penitenziari e del tutto assimilabili a quelli disimpegnati dalle Forze di Polizia a competenza generale fra i quali, appunto, quello delle traduzioni e dei piantonamenti dei detenuti».
L’APPELLO
Quindi un nuovo appello al Governo di valutare la possibilità di concedere strumenti efficaci che possano evitare situazioni a rischio come quella di ieri all’ospedale Grassi. «Ancora una volta conclude il segretario Di Fazio chiediamo al Presidente Mario Draghi e alla Ministra Marta Cartabia l’adozione i misure concrete per rafforzare il corpo di polizia penitenziaria a partire dagli organici e dagli equipaggiamenti, anche dotandola, al pari delle altre forze di Polizia, del taser per i peculiari servizi assicurati all’esterno delle carceri».
Moira Di Mario
Il Messaggero