Era una notte come tante ad Artena, paesino alle porte di Roma, quando il forno del centro ha riaperto i battenti per sfornare pane e pizza rossa appena uscita dal forno poi l’aggressione.
Un gesto quotidiano, semplice, che però si è trasformato in un episodio di violenza inspiegabile. Il fornaio, mentre lavorava come fa ogni notte da anni, è stato aggredito da un gruppo di ragazzi. Il motivo? Volevano pizza calda, subito, senza attese.
L’episodio è avvenuto in piena notte, intorno alle 3:30 del mattino, nella zona della Circonvallazione del Fosso. A quell’ora i forni iniziano a profumare l’aria di impasto lievitato e pomodoro. Il fornaio, intento a preparare le prime teglie, è stato sorpreso da una banda di giovani che, con toni arroganti, pretendeva di avere subito un pezzo di pizza. Nessuna pazienza, nessun rispetto per i tempi di cottura: solo prepotenza.
Alla risposta del fornaio — che la pizza rossa non era ancora pronta — è seguita una reazione spropositata. Prima le offese, poi le minacce. E infine, la violenza. Uno dei ragazzi ha lanciato una sedia, un altro ha preso a calci la porta d’ingresso. L’uomo, cercando di mantenere la calma, ha chiesto aiuto e ha contattato le forze dell’ordine. Ma nel frattempo, è stato colpito con schiaffi e pugni.
All’arrivo dei Carabinieri, i ragazzi si erano già dileguati. Il fornaio, visibilmente scosso e con lividi sul volto, è stato medicato sul posto. La sua denuncia ha dato il via alle indagini: grazie alle telecamere di sorveglianza presenti nei pressi dell’attività, i militari sono riusciti a risalire all’identità degli aggressori. Si tratta di cinque ragazzi, tra i 17 e i 20 anni, residenti nella zona. Alcuni di loro già noti alle forze dell’ordine per atti vandalici.
La domanda che sorge spontanea è: come si arriva a picchiare un uomo per una pizza? Non si tratta solo di un gesto violento. C’è dentro un senso di arroganza, un’assenza totale di empatia e una cultura della prevaricazione che non può essere ignorata.
Il fornaio, però, non ha intenzione di chiudere. Il giorno dopo, era già di nuovo lì, al suo posto, pronto a lavorare. “Non smetto di fare il mio mestiere per colpa di qualche bullo”, ha detto ai suoi clienti abituali, che hanno voluto mostrargli solidarietà. La comunità di Artena si è stretta intorno a lui, e molte persone hanno lasciato messaggi di affetto davanti al suo negozio.
È difficile trovare un senso in tutto questo, ma forse la riflessione più importante è proprio sulla fragilità del vivere quotidiano. Basta una notte sbagliata, un capriccio, un gesto impulsivo, per rompere qualcosa che si regge sul rispetto reciproco. E allora viene da chiedersi: stiamo facendo abbastanza per educare al rispetto? Per insegnare che il mondo, anche quando profuma di pane e pizza, non è un luogo da usare ma da vivere insieme?