Nel corso di una intervista che ha rilasciato al ‘Corriere della Sera’ è intervenuto l’ex deputato del Partito Democratico, Emanuele Fiano
Emanuele Fiano non ci sta e lo fa capire in una dura intervista che ha rilasciato ai microfoni del ‘Corriere della Sera‘. L’argomento in questione è quello relativo al saluto fascista, il saluto romano. Si è ribadito che non ha nulla a che vedere con quel passato. Ed è per questo motivo che Fiano ha chiesto alla premier, Giorgia Meloni, di fare un importante passo in avanti. Ovvero? Nella firma di una legge contro l’apologia del fascismo. Un argomento a cui l’ex esponente del Pd tiene particolarmente.
Si definisce “figlio della Shoah” visto che suo padre, Nedo, è uno dei pochi sopravvissuti in quel di Auschwitz. Proprio nella serata di ieri è arrivata l’ufficialità da parte della Corte di Cassazione che ha comunicato ciò: “Il saluto romano non è considerato un reato“. Una decisione che lo stesso politico fatica ad accettare.
Saluto fascista non è reato, Fiano non ci sta: “Uscire dall’ambiguità”
Queste sono alcune delle sue parole a riguardo: “E’ una scelta ambigua e che, allo stesso tempo, lascia aperta moltissimi dubbi. Chi studia la legislazione sa benissimo qual è il problema. Si tende a punire solamente la ricostituzione del disciolto partito fascista e non solamente il gesto. Anche perché la legge Scelba lo puniva. Lo dice l’articolo 5, chi commetteva quel gesto veniva arrestato“.
Sempre nel corso dell’intervista ha precisato: “Non dobbiamo continuare a chiederci se la ricostituzione del partito fascista è un rischio. Ci sono persone che rivendicano con orgoglio di esserlo. Dobbiamo credergli e basta. Proprio come facevano i terroristi ai tempi del Bataclan. Anni fa approvammo subito la legge del reato di apologia del terrorismo“.
FIano successivamente afferma: “L’assalto alla Cgil la considero come una vera e propria violenza. Ci sono almeno 2-3 formazioni neofasciste. Tra queste spunta Casapound“. In conclusione: “La libertà di pensiero deve essere salvaguardata. Con mille persone che si uniscono e compiono quel gesto allora mi viene da pensare che non si tratta più solamente di una commemorazione. In quel caso si trasforma in azione politica. Bisogna uscire dall’ambiguità. Nella commemorazione di Ramelli chi fece il saluto fascista venne assolto in primo grado, condannato in Appello e ricorse in Cassazione. Serve una automatismo per una interpretazione univoca“.