Carlo Calenda sulle Primarie: “Ticket col Pd, ma io non mi ritiro”

Di seguito un’intervista a Carlo Calenda riportata dal quotidiano Il Messaggero sulla politica romana e le Primarie.

Carlo Calenda, ormai il Pd sta per lanciare le primarie per Roma e in campo c’è anche Gualtieri. Perché non corre anche lei? 
«Guardi, io sono molto scettico sulle primarie. Dal 12 ottobre, giorno in cui mi sono candidato, le primarie appaiono e scompaiono. Appaiono quando servono a prendere tempo per non decidere. Poi scompaiono quando sembra che possa essere in campo Zingaretti o quando c’è un tentativo di far ritirare la Raggi. Abbiamo perso cinque mesi. La sinistra ripete sempre la stessa cattiva abitudine. Quella di parlare solo di se stessa e mai delle questioni che interessano i cittadini. Mi rifiuto di pensare che per i prossimi 3 mesi, ammesso che per via del Covid le primarie si possano davvero fare, si continui a parlare solo di questo. Roma merita ben altro. Va presa molto più sul serio». 

Ma allora che cosa andrà a offrire a Letta nei prossimi giorni, quando vi vedrete di nuovo?
«Gli dirò che è venuto il momento di sederci intorno a un tavolo e di identificare una squadra, con un vice sindaco o una vice sindaca espressione del Pd e un programma comune». 

Cioè un ticket con Calenda candidato sindaco del fronte progressista e Gualtieri o qualcun altro come vice? Sembra una richiesta sproporzionata per un partito piccolo come Azione…
«Nell’ultimo sondaggio uscito, Azione a Roma è il quarto partito. Ma il punto non è questo. Alle Comunali conta la qualità del candidato e il programma. In questi cinque mesi ho girato tutti i quartieri, analizzando problema per problema, e ho preparato con 20 gruppi di lavoro piani dettagliati a livello municipale e comunale. Porte aperte a tutti quelli che vogliono contribuire alla ricostruzione della Capitale. A partire dal Pd. Ma a Letta dico: la cosa importante è che la squadra comune che spero costruiremo non sia ostaggio dei capibastone del Pd romano. Quelli che hanno contribuito all’immobilismo e al declino di questa metropoli. La fuga in avanti sulla candidatura di Gualtieri, all’insaputa di Letta, come a dire Roma è nostra, è stato un atto di prepotenza inquietante». 

Lei dice percorso comune ma non fa che attaccare il Pd. Incoerenza?
«Ma quando mai! Ho ricevuto più attacchi personali da quando mi sono candidato che in tutta la mia carriera politica. Ho risposto chiedendo di decidere e di parlare di contenuti. E ho anche aspettato. In questi mesi mi sono concentrato sul programma per la Capitale e per i singoli municipi, ma sa perché non l’ho ancora tirato fiori e solo adesso comincio a farlo? Proprio per aspettare il tavolo unitario del centrosinistra, che doveva discutere le varie proposte. Ma quel tavolo è scomparso da mesi. Quindi oggi lancio la prima parte del nostro programma, quella sui rifiuti; la settimana prossima la seconda parte, quella sui trasporti; poi il verde e via così». 

Rifiuti?
«Un piano di pulizia straordinaria, da 40 milioni di euro, per la Capitale più sporca d’Europa. Poi: un piano di costruzione di impianti per rendere Roma autonoma sui rifiuti. Oggi si spendono 170 milioni all’anno per smaltire in 55 impianti fuori regione. E ancora: per renderla più efficiente, puntiamo all’incorporazione di Ama in Acea. Oggi l’Ama ha il doppio dell’assenteismo della media delle società di settore. E c’è di più nel nostro programma sui rifiuti: ridurre l’evasione della Tari, al momento stimabile in 200 milioni evasi all’anno. Infine: aumento della raccolta differenziata. Roma è 15 punti sotto la media nazionale». 

Non la preoccupa intanto che la Raggi salga nei sondaggi?
«Premesso che per un sindaco che si ricandida essere bocciata dall’80 per cento dei cittadini non è un gran risultato, ma oggi Raggi è l’unica che parla di Roma oltre a noi. E infatti anche noi cresciamo e siamo quarto partito alle Comunali secondo i report. Questa è la Capitale peggiorata di più in Europa in quanto a qualità dei servizi. Ed è comico vedere la Raggi che inaugura due volte gli stessi autobus o mezza aiuola. L’unica rivoluzione che serve a Roma è la buona amministrazione. Guai a trasformare il voto di ottobre in uno scontro ideologico. Serve invece un approccio civico e bipartisan. Noi, nel caso non si arrivi a un accordo con il Pd, correremo non con il simbolo di Azione ma con liste civiche. Chiedendo il voto ai cittadini di destra, di centro e di sinistra, che si sentono romani prima che partigiani di questo o di quel movimento politico. I romani hanno diritto a una squadra di governo esperta e pragmatica, libera dai condizionamenti di una classe dirigente politica locale che è trasversalmente tra le peggiori d’Italia». 

Fonte: Il Messaggero

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