Giuseppe Lavenia, psicoterapeuta e presidente Associazione Nazionale Dipendenze Tecnologiche (Di.Te), spiega cosa potrebbe spingere i giovani a cercare contenuti violenti online, dopo il caso dello stupro di gruppo a Palermo ai danni di una ragazza di 19enne.
In un’intervista a Notizie.com, ha dichiarato che “questi gruppi riflettono una manifestazione estrema e distorta della curiosità umana, spesso alimentata dalla depersonalizzazione resa possibile dal mondo digitale”.

In due gruppi di Telegram, uno pubblico e uno privato, di 12mila e 14mila iscritti, si cercava il video dello stupro di gruppo a Palermo, che ha visto vittima la diciannovenne. In cambio si offrivano foto e video di bimbi in biancheria, ma anche di madri e sorelle o donne che prendono il sole. Qualcuno è anche riuscito ad identificare la giovane vittima.
“C’è anche una componente di “effetto spettatore”, dove gli individui possono sentirsi meno responsabili delle loro azioni quando agiscono come parte di un gruppo piuttosto che individualmente“;
“Questi gruppi possono anche attrarre individui con inclinazioni sadiche o voyeuristiche, che cercano gratificazione attraverso la sofferenza altrui o la violazione della privacy“;
Ma è un reato.
“È fondamentale per la società riconoscere queste minacce e intervenire. Questo può includere la cooperazione tra piattaforme di social media, forze dell’ordine e organizzazioni di sostegno alle vittime per identificare e fermare tali attività. È altrettanto cruciale educare le persone sulle conseguenze delle loro azioni online e promuovere una cultura di rispetto e empatia, anche nel mondo digitale. Se qualcuno si imbatte in tali contenuti, è importante segnalarli alle autorità competenti e non partecipare o diffondere ulteriormente tali materiali”;