In esclusiva a Roma.Cityrumors, il portavoce di Pro Vita & Famiglia, spiega: “Nove biologi su dieci pensano che un embrione sia da considerare come un essere umano. E’ ora di cambiare l’art.1”
“Forse non tutti sanno cosa sia un embrione. La verità è che quel “coso” così piccolo e attaccato forte forte al grembo materno, è un essere umano. Sì, esatto, un essere umano! Proprio come tutti noi. E allora perché non dargli i diritti di cui noi tutti godiamo? Perché non dargli il diritto alla vita, il primo di tutti i diritti?“. Jacopo Coghe, portavoce di Pro Vita e Famiglia, spiega in esclusiva a Roma.Cityrumors.it, i motivi che hanno portato l’associazione a tappezzare Roma con una serie di immagini significative.
La foto principale della campagna, ritrae un embrione che chiede di essere considerato come un essere umano. Accompagnata all’immagine c’è la scritta: “Nove biologi su 10 mi riconoscono come un essere umano. E tu?”. Parole che hanno già scosso le coscienze di molti romani e che stanno provocando discussioni e dibattiti in rete. Coghe parte da un dato che spesso viene sottovalutato. “Secondo il 96% dei biologi – dichiara – il concepito è un essere umano a tutti gli effetti. Questa verità scientifica non può essere più ignorata! Per questo abbiamo tappezzato Roma e le principali città italiane con un’immagine significativa. Vogliamo sensibilizzare tutti perché è doveroso proteggere anche il più piccolo degli esseri umani”, continua Coghe, che poi lancia un messaggio chiaro: “Chiediamo alla politica di riconoscere al concepito la capacità giuridica e la sua umanità in quanto Semplicemente Umano”.
Una battaglia che Pro Vita e Famiglia ha iniziato nei giorni scorsi e che intende portare avanti senza indugi. Anche alla luce dello studio portato avanti da ‘The Scientific Consensus on When a Human’s Life Begins‘, e pubblicato su “Issues in Law & Medicine’ nel 2021. “Siamo nel 2024 e con tutte le conoscenze scientifiche e mediche, è innegabile riconoscere l’umanità dell’essere umano, sin dal concepimento. Come Pro Vita chiediamo la modifica dell’art 1 del codice civile, per il pieno riconoscimento giuridico dell’umanità del concepito e il riconoscimento del diritto alla vita. Senza il diritto alla vita non possono essere riconosciuti tutti i diritti di cui si parla oggi. Come i diritti civili, che dovrebbero essere garantiti a tutti”, ribadisce Coghe ai nostri microfoni.
Coghe: “Parlare di aborto sembra ormai essere un tabù”
Il portavoce di Pro Vita e Famiglia, la Onlus che negli ultimi mesi è stata anche colpita da numerosi atti vandalici (la serranda sulla quale era stato disegnato lo stesso embrione è stata più volte danneggiata, e in occasione della manifestazione organizzata a Roma contro la violenza di genere, alcuni movimenti femministi hanno assalito la sede dell’organizzazione), torna su un tema molto caldo: “Parlare di aborto sembra che sia diventato un tabù. Con questa campagna e con queste affissioni vogliamo cercare di aprire un dibattito che parte da uno studio scientifico, fatto da biologici. Vogliamo un confronto aperto, basato sulla scienza e sulla verità. Ci auguriamo che il nostro invito sia accolto e che ci sia permesso di parlane liberamente, senza veti e soprattutto senza etichette, da parte di nessuno”.
Coghe: “Il futuro delle nuove generazioni dipende da noi”
Coghe chiede di ” approvare i disegni di legge come quelli dei senatori Menia (FdI), Gasparri (FI) già presentati al Senato, che propongono di modificare l’articolo 1 del codice civile al fine di riconoscere proprio la capacità giuridica del concepito o il ddl Romeo (Lega) che all’art. 3 menziona la soggettività del concepito al fine del piano di aiuti familiari previsti nello stesso ddl”. L’obiettivo è difendere la vita umana e il futuro delle prossime generazioni: “Credo che oggi non ci sia niente di più progressista che difendere la vita umana ed i futuro. Il futuro delle nuove generazioni. Il futuro ed il progresso è qualcosa di diverso da noi: che ci è davanti e che abbiamo l’obbligo di tutelare e proteggere. Ma se non partiamo dalla vita umana, non potremmo andare troppo lontano”, conclude Coghe.