L’amministratore di condominio è una figura molto importante. Eppure, non tutto è lecito e in alcuni casi si può anche procedere per cacciarlo.
Ci sono situazioni in cui vi è un’incompatibilità tra la figura dell’amministratore di condominio e il suo ruolo e gli interessi che entrano in conflitto. Per quanto riguarda la gestione delle unità abitative, questa è molto precisa e va rispettata perché si rischia altrimenti di muoversi in modo errato e soprattutto di avere conseguenze sul piano legale.
Il ruolo dell’amministratore non è solo di coordinamento, non serve quindi esclusivamente ad organizzare o gestire, ma riguarda un aspetto fondamentale in quanto deve agire sempre nell’interesse di tutte le persone che abitano in un determinato spazio.
Il conflitto di interesse sorge quando ci sono delle motivazioni che determinerebbero proprio la nullità di tale situazione, ossia laddove l’amministratore lavori a suo beneficio e a danno degli abitanti, che verrebbero posti secondariamente rispetto alle sue necessità.
La Cassazione lo ha specificato con apposita sentenza, al fine di eliminare ogni dubbio. Con la 12377/2023 ha spiegato che quando c’è il conflitto, di fatto, si determina la possibilità di rendere nulla l’assemblea. Quando sussiste una situazione di questo tipo tra condominio, amministratore, socio o gestore, dunque, si può procedere alla sua sospensione o comunque a rimuoverlo totalmente.
Il conflitto si può configurare in tante situazioni diverse, ma chiaramente è utile fare un esempio pratico. Nasce ad esempio laddove l’amministratore sia socio di una ditta per eseguire lavori edili e proponga tale impresa, magari anche facendo pressione, al fine di ricavarne un beneficio personale.
In questo caso, ci sono due interessi che entrano in conflitto: da un lato l’azienda che deve fatturare e dunque viene proposta per eseguire il lavoro; dall’altra l’amministratore che rischia di scegliere non la migliore per quel dato progetto o la più conveniente, che farebbe comodo ai residenti.
Questo è un esempio pratico ma non l’unico. In qualunque situazione in cui vi sia una condizione tale da non porre più al centro l’interesse primario del residente e della sua abitazione, vi sono anche i presupposti legali per far finire il mandato dell’amministratore o sospenderlo dal suo ruolo fino ad ulteriore decisione. Spetta sempre ai condomini stabilire ciò e, successivamente, scegliere come agire una volta che tutto si rende chiaro.