L’ex difensore biancoceleste del primo scudetto, racconta un curioso aneddoto: “Aveva vinto per la seconda volta il titolo di re dei bomber, ma mi disse che avrebbe voluto essere come Riva”
Esistono storie che vale la pena raccontare. Aneddoti, amicizie, momenti di grande e forte passionalità. La morte di Gigi Riva ha sconvolto il mondo del calcio. L’ex stella del Cagliari e della Nazionale, capace di portare il primo ed unico scudetto in Sardegna, ci ha lasciato nei giorni scorsi, dopo una vita intera spesa nel mondo del calcio: prima da straordinario bomber navigato, poi come dirigente della Nazionale. Dopo aver segnato 34 gol in 45 partite con la maglia azzurra, è diventato il Team Manager dell’Italia, diventando un punto di riferimento per tutti i tecnici. Entrò a Coverciano nel 1987 e ne uscì nel 2013.
E’ stato tra i responsabili della delegazione azzurra in sei mondiali: ha vinto il titolo nel 2006 a Berlino con Marcello Lippi, ed ha lavorato al fianco di Vicini, Sacchi, Cesare Maldini, Trapattoni, Donadoni, Prandelli e i vari ct che si sono succeduti sulla panchina azzurra. Per i calciatori è stato un punto di riferimento eccezionale. “Ricordo ancora quando, dopo il mio esordio, mi fece recapitare a casa la maglia azzurra con tutte le firme dei miei compagni”, ha ricordato Alessandro Matri nei giorni scorsi. “E’ stato l’esempio più grande di attaccamento e professionalità”, ha ribadito Roberto Baggio. Parole alle quali sono seguite quelle di Fabio Cannavaro e di tanti altri capitani della Nazionale.
Chinaglia voleva essere Riva
Gigi Riva è stato un esempio da seguire, ed un modello da imitare. Anche da parte dei suoi stessi compagni e avversari. Nel racconto di Giancarlo Oddi, difensore della Lazio del 1974, che si è scontrato spesso in campo con Gigi Riva, c’è la massima esemplificazione del rispetto e della stima che i giocatori di quegli anni nutrivano per la stella del Cagliari: “Giorgio Chinaglia voleva essere come lui”. Parole inaspettate, attribuite al condottiero della Lazio del primo scudetto: uno dei più forti centravanti della storia del calcio italiano, che difficilmente era solito regalare giudizi positivi sugli altri. “Giorgio era suo grande amico e una sera, mentre eravamo in camera insieme, mi disse che avrebbe voluto essere come Riva. Aveva appena vinto per la seconda volta la classifica dei cannonieri. Ma già lo sei, gli risposi. E lui: Non dire stronzate. Fu una delle rare volte, forse l’unica, che nominò qualcuno più forte di lui”.
Chinaglia e Riva, diversi, ma molto simili
Chinaglia e Riva erano diversi (tanto guascone e fiero il primo, quanto riflessivo e carismatico il secondo), ma accumunati da una storia simile. Entrambi centravanti, entrambi condottieri in piazze poco avezze al successo, ma che riuscirono a trascinare alla vittoria di un titolo. Chinaglia ha trascinato la Lazio alla vittoria del suo primo scudetto, imitando quanto era riuscito a fare Riva con il Cagliari. Insieme hanno giocato in Nazionale. Eramo amici, avevano un buon rapporto. Al termine di un Lazio-Cagliari, vinto all’Olimpico dai biancocelesti, uscirono abbracciati dal campo: entrambi imbronciati. Riva per aver perso, Chinaglia per nona ver segnato. “Mai visto un sinistro come il suo”, ricorda ancora Oddi, che lo ha incrociato spesso.
Riva ha allargato le dimensioni della sua popolarità
Chinaglia sta alla Lazio, come Riva al Cagliari: due eroi capaci di cambiare il corso della storia e fare uscire dal guscio, due piazze nelle quali difficilmente si riusciva a gioire. Ma mentre l’eroe biancoceleste ha avuto un pessimo rapporto con la maglia azzurra (il suo più grande cruccio), Riva ha sposato la Nazionale, diventandone prima un condottiero in campo (è ancora oggi il recordman di gol segnati), poi il simbolo dietro la scrivania. E’ stato tra i dirigenti che nel 2006 ha lavorato alla spedizione in Germania, che si è conclusa con la vittoria del titolo Mondiale. Forse proprio per questo ha allargato le dimensioni della sua popolarità. Se Chinaglia ancora oggi è una specie di dio per i laziali (che nell’anno del centenario lo hanno eletto laziale del secolo), Riva è un idolo di tutti: un simbolo amato e rispettato in ogni zona d’Italia. E che ha portato uno dei giocatori più forti ed orgogliosi della storia, a sperare di diventare come lui.