Si avvicina ad una studentessa e con la scusa di un’informazione, la convince a salire in auto. Quando i Carabinieri lo hanno fermato hanno scoperto una verità che non si aspettavano
Nel 2015 fu fermato dalle forze dell’ordine e arrestato per aver aggredito e violentato una tassista. L’avvicinò a fine corsa, attirò la sua attenzione con la scusa di un’informazione, poi (dopo averla convinta a portarlo in una zona isolata) la colpì con un pugno e abusò di lei. Dopo la violenza provò ad allontanarsi e a far perdere le sue tracce, ma la donna non ebbe problemi a tracciarne un identikit preciso e a portare le forze dell’ordine ad arrestarlo. Dopo aver scontato la pena, è stato messo in libertà da un giudice, ma a breve distanza è tornato a colpire.
Una nuova violenza, ancora più efferata, che si è chiusa con il suo arresto. L’uomo ha commesso infatti un incredibile errore, portando gli inquirenti sulle sue tracce. A finire in galera è stato S. B. un uomo di trentanove anni. Lo scorso otto maggio ha violentato una studentessa che stava aspettando un mezzo pubblico in zona Magliana. Il modus operandi è stato simile a quello di nove anni fa: con la sua vettura si è avvicinato alla ragazza, che era ferma alla fermata dell’autobus ed ha iniziato a parlare con lei.
Le ha chiesto dove fosse una via e che non riusciva a localizzarla, avendo il telefono cellulare spento. La studentessa ha controllato sul suo smartphone una app di localizzazione ed ha provato a spiegargli il tragitto. L’uomo, mostrandole il cellulare completamente scarico, l’ha invitata a salire a bordo, chiedendole di accompagnarlo alla via indicata (che si trovava nelle vicinanze). La ragazza è stata colta di sorpresa ed ha accettato. Ma una volta salita a bordo, è iniziato l’incubo.
La violenza e gli errori che hanno portato al suo arresto
L’uomo ha iniziato a farle delle avances, poi (dopo aver chiuso a chiave la vettura), le ha tolto il cellulare e si è diretto verso una zona isolata, dove ha iniziato a violentarla. Al termine degli abusi le ha restituito il cellulare e l’ha riaccompagnata verso Villa Bonelli. S.B. era talmente sicuro di se che non si è accorto che la ragazza ha registrato con il cellulare la conversazione. In più ha commesso un altro errore: non si è preoccupato di oscurare o mascherare agli occhi della vittima, la sua targa. La ragazza, una volta scesa dalla vettura si è recata nella vicina caserma dei Carabinieri per sporgere denuncia, portando la registrazione audio ed il numero della targa della macchina. Gli investigatori del Distretto San Giovanni, sulla scorta delle informazioni e delle descrizioni fornite dalla vittima, hanno avviato indagini vagliando le immagini del sistema di videosorveglianza presenti sul tragitto percorso dall’uomo. In sede di denuncia, i poliziotti le hanno mostrato un album fotografico con alcuni uomini somiglianti a quello descritto e la ragazza ha riconosciuto l’aggressore.
La doppia violenza dell’otto maggio
S. B. era infatti presente negli archivi dopo l’arresto del 2015. In quell’occasione avvicinò una tassista a fine turno e la convinse a portarlo alla stazione Termini. Ma una volta in auto cambiò più volte direzione, portando la donna all’esasperazione. Durante il viaggio e una volta nei pressi di una zona isolata, colpì con un pugno la tassista e la violentò. Per quell’episodio (del 2015) scontò sette anni di carcere a Rieti. I Carabinieri hanno poi scoperto una terribile verità. Una similitudine tra i due casi che rende la vicenda ancora più torbida.
L’uomo ha infatti violentato le due donne lo stesso giorno. La tassista venne aggredita l’otto maggio del 2015, mentre la studentessa è stata avvicinata e violentata l’otto maggio del 2024. A distanza di nove anni e nello stesso giorno, il trentanovenne ha deciso di riprovarci. Una situazione che ha stupito gli inquirenti e che è stata immediatamente messa in risalto. A finire sotto l’occhio del ciclone sono stati anche i giudici che, pochi mesi fa decisero di scarcerare l’uomo, convinti della sua buona fede. Quando ci fu l’udienza di scarcerazione, si rivolse al giudice del Riesame dicendo di essere “pentito di tutto quello che ho fatto”. E’ riuscito a tornare in libertà, ma a distanza di pochi mesi è stato nuovamente arrestato dalle forze dell’ordine.
Gli agenti, dopo la descrizione e le prove portate dalla studentessa, lo hanno rintracciato e disposto per lui la custodia cautelare in carcere. Dopo il primo arresto la madre disse che il figlio “doveva pagare” ma rifiutò l’etichetta di mostro: “ha avuto una vita difficile –disse- è figlio di un padre alcolizzato, un violento con il quale ha vissuto da quando me ne sono andata via di casa nel 2005, stanca di essere picchiata e maltrattata ogni giorno”. Sulla vicenda ha detto la sua anche il padre di Giulia Cecchettin, uccisa dall’ex fidanzato. “E’ il segno che c’é ancora molto da fare – commenta all’Adnkronos Gino Cecchettin – Il fatto che si continui a stuprare, a uccidere, vuol dire che è necessaria una riflessione da parte di tutti, uomini e donne”.