Il 31 gennaio ci sarà la decisione finale del giudice sul caso che ha coinvolto lo youtuber Matteo Di Pietro, alla guida del Suv Lamborghini che uccise il piccolo Manuel Proietti
La morte del piccolo Manuel Proietti, il bimbo di cinque anni travolto dal Suv Lamborghini guidato da Matteo Di Pietro, lo youtuber appartenente al gruppo dei The Borderline, rischia di chiudersi con una sentenza clamorosa: che non fa altro che accentuare la rabbia e la delusione della famiglia. Di Pietro infatti, alla luce della richiesta di patteggiamento dei suoi legali e della decisione della Procura, potrebbe non passare neanche un giorno in carcere.
Il 14 giugno scorso lo Youtuber era alla guida di un Suv Lamborghini, preso a noleggio per una challenge: il gruppo dei The Borderline erano soliti tentare delle imprese al limite dell’impossibile, documentando il tutto e creando dei video che erano diventati virali. Il gruppo aveva oltre 600.000 iscritti ed aveva costruito un vero e proprio impero. “Non siamo ricchi ma ci piace spendere per farvi divertire a voi! Tutto quello che facciamo si basa su di voi, più supporto ci date più contenuti costosi e divertenti porteremo, tra sfide, challenge e scherzi di ogni tipo cercheremo di strapparvi una risata in ogni momento”, l’incipit che accompagnava il canale video.
Il gruppo aveva deciso di sciogliersi dopo l’incidente.“Quanto accaduto ha lasciato tutti segnati con una profonda ferita, nulla potrà mai più essere come prima. L’idea di The Borderline era quella di offrire ai giovani un intrattenimento con uno spirito sano. La tragedia accaduta è talmente profonda che rende per noi moralmente impossibile proseguire questo percorso. Pertanto, il gruppo TheBorderline interrompe ogni attività con quest’ultimo messaggio. Il nostro pensiero è solo per Manuel”. Di fatto, i componenti del gruppo hanno lasciato solo Di Pietro, scaricando su di lui (che era alla guida), le responsabilità maggiori.
La ricostruzione dell’incidente
Il giovane, secondo la ricostruzione del pubblico ministero30 ha travolto a circa 120 all’ora la Smart su cui il bambino viaggiava con la madre e la sorellina, causando la morte del piccolo e il ferimento delle due. Di Pietro è finito ai domiciliari: un particolare che potrebbe risultare decisivo. Il 31 gennaio infatti il giudice dovrà decidere se la pena concordata tra l’accusa e la difesa (ovvero quattro anni di reclusione) sia da ritenersi congrua. Nel caso in cui il parere fosse favorevole, è molto probabile che il 22enne romano potrebbe continuare a scontare la pena a casa con l’affidamento ai servizi sociali. Senza andare in carcere.
Il pm ha dato l’ok al patteggiamento: se il gip riterrà giusto l’accordo trovato, a Di Pietro rimarranno da scontare 3 anni e 5 mesi: una soglia inferiore ai quattro anni e che permette di presentare la domanda di affidamento ai servizi sociali. Di Pietro è incensurati e al momento non sono stati segnalati comportamenti che violino il regime degli arresti domiciliari. Pertanto, il suo atteggiamento dovrebbe far ritenere al giudice che sia prognosticabile in modo favorevole un reinserimento di Di Pietro nel contesto sociale.
Il profilo di Di Pietro secondo il Giudice
Il Giudice, nel condannare Di Pietro ai domiciliari, spiegò che “per colpa consistita in negligenza, imprudenza e imperizia e inosservanza delle norme sulla circolazione stradale ha tenuto una velocità eccessiva (allo stato accertata in oltre 120 chilometri orari su via di Macchia Saponara) in rapporto al limite lì imposto (50 km/h) e comunque non adeguata alle caratteristiche e alle condizioni della strada urbana percorsa e all’approssimarsi a un’intersezione, non riusciva ad arrestare tempestivamente il veicolo e andava a collidere, travolgendola, contro la parte laterale destra dell’autovettura Smart che proveniva dal senso opposto di marcia e aveva intrapreso una svolta a sinistra”.
Secondo il giudice, Di Pietro, alla vigilia della challenge, ha noleggiato il Suv Lamborghini con “l’unico ed evidente fine di impressionare e catturare l’attenzione di giovani visitatori del web per aumentare i guadagni della pubblicità, a scapito della sicurezza e della responsabilità e di conseguenza a procedere a una velocità superiore ai limiti indicati. Tanto più che alcuni dei passeggeri presenti all’interno della Lamborghini avevano più volte invitato a ridurre la velocità”, ha evidenziato il giudice.
“Un ulteriore indicatore di pericolo concreto – concluse – e attuale di reiterazione di analoghi reati va colto nell’assoluta inconsapevolezza, da parte dell’indagato, della necessità di rispettare le regole della strada osservando i limiti di velocità, soprattutto in quanto ventenne, neopatentato e come tale, tenuto ad applicare maggiore prudenza, al fine di evitare pericolo alla incolumità propria e altrui”.