In tutta la Regione Lazio mancano medici nei pronti soccorso, e nelle chirurgie.
La carenza è cronica anche nel caso dei medici di base. Nell’intero comparto sanitario mancano 10mila figure professionali e la Regione sta pensando a delle soluzioni. Lo riporta questa mattina il Corriere della Sera, citando anche le parole del governatore Francesco Rocca: “Non escludo di assumere medici stranieri: ne mancano alcune centinaia. Stiamo cercando di coprire le carenze soprattutto nei pronto soccorso”.
Sanità Lazio, Rocca: “Manca un programmazione”
Quello che manca, aggiunge Rocca è la “programmazione: trovare un medico specializzato in emergenza-urgenza è diventata una missione impossibile”. Il presidente della Regione Lazio ne sta discutendo con il ministro della Sanità Orazio Schillaci, con il quale il dialogo “è costante, ma le difficoltà sono importanti. Per esempio, non si è pensato alle professioni sanitarie relative alle persone anziane, questo il grande vulnus della sanità nazionale”.
Sempre secondo il Corriere, la Regione Lazio negli ultimi mesi ha autorizzato l’assunzione di 800 professionisti, di cui 300 medici per il potenziamento dei reparti ospedalieri e 200 ai reparti Dea. I contratti a tempo determinato sono diminuiti di 500 unità complessivamente. Sono anche state avviate le procedure per il concorso nell’Asl Roma 2 per reclutare 271 infermieri.
Magi: “Servizio sanitario pubblico poco attrattivo per i medici”
Antonio Magi, presidente dell’Ordine dei medici di Roma e provincia, al Corriere ha spiegato che i professionisti sanitari non sono attratti dal lavoro perché gli stipendi non sono alti e non ci sono prospettive di carriera. “Oggi il Servizio sanitario pubblico è poco attrattivo, altrimenti non sarebbero nate le cooperative di “gettonisti” che lavorano nei pronto soccorsi. I medici stranieri già operano a Roma e nel Lazio, gli iscritti all’Ordine sono 1.500, ma se l’idea è di far venire qui, come già accaduto in Calabria, medici cubani o venezuelani, che hanno lauree non riconosciute e non parlano italiano, è un problema. Gli specialisti ambulatoriali lavorano in media 21 ore settimanali. Potrebbero passare a 38″.
Fusco (Cisl Fp): “Adeguare gli stipendi”
Anche Giovanni Fusco, segretario Cilsl Fp Roma Capitale e Rieti è della stessa opinione. Al Corriere dichiara: “Vanno adeguati gli stipendi e servono risorse aggiuntive per investire su dei professionisti sanitari. In Italia la retribuzione è inferiore del 25% rispetto ai Paesi Ocse. Lavorare negli ospefali deve prevedere un giusto riconoscimento a livello professionale e una giusta retribuzione”.