L’uomo faceva leva sulla copertura del lavoro; risultando in servizio credeva di avere un alibi perfetto.
L’agente di 56 anni avrebbe lasciato il lavoro al carcere di Rebibbia per andare a compiere atti osceni in strada alla presenza di una donna.
L’ assistente capo di polizia penitenziaria era stato arrestato il 12 agosto 2019 per aver molestato in due occasioni una trentenne in zona Conca d’Oro.
In questi giorni la procura ha aperto un nuovo fascicolo sull’uomo; per il reato di violenza sessuale è già stato disposto l’immediato cautelare, ma ad aggiungersi alle accuse c’è anche quella di truffa.
Infatti, ricostruiti i movimenti del poliziotto nella notte tra il 15 e 16 giugno scorso, le sue dichiarazioni sono apparse non veritiere:
«La notte tra il 15 e il 16 giugno – aveva detto il poliziotto – ero di turno notturno nel carcere di Rebibbia, risulta agli atti di servizio. Quel molestatore seriale non sono io. Vi sbagliate».
Controllando i suoi spostamenti tramite il gps del suo cellulare, però, sono apparsi gli effettivi movimenti dell’uomo, che si è allontanato dal luogo di lavoro.
Parte da qui la contestazione di truffa ai danni dello Stato: l’assistente capo, secondo il magistrato, avrebbe interrotto il turno di servizio, per cui veniva retribuito, per uscire e fare altro.