Aldovrandi, diffamò la polizia: chef Rubio chiede il rito abbreviato

Chef Rubio ha chiesto di essere giudicato con rito abbreviato davanti al gup di Velletri. 

All’anagrafe Gabriele Rubini, è finito sotto processo con l’accusa di diffamazione ai danni della Polizia di Stato per un tweet risalente a settembre 2020, sulla vicenda di Federico Aldovrandi, il diciottenne morto a Ferrara il 25 settembre 2005 dopo un intervento di polizia.

Il procedimento è stato trasferito per competenza alla Procura laziale e vede il Sap (Sindacato autonomo di polizia) parte civile nel processo, nella persona del segretario generale Stefano Paoloni, e rappresentati dall’avvocato Valter Biscotti.

Aldovrandi, diffamò la polizia: chef Rubio chiede il rito abbreviato
Aldovrandi, diffamò la polizia: chef Rubio chiede il rito abbreviato (Ansa Foto) – roma.cityrumors.it

Chef Rubio, volto noto anche per aver partecipato a programmi televisivi, è accusato di aver commentato la vicenda di Aldovrandi, affermando che erano stati posizionati alcuni cassonetti della spazzatura proprio nel luogo in cui il giovane morì, dove è stata collocata una lapide per ricordarlo.

Il post di Chef Rubio

Nello specifico, lo chef, rivolgendosi al Comune di Ferrara, aveva twittato: “Caro Comune di Ferrara, anche se avete messo l’installazione “la Monnezza” proprio a denunciare chi uccise un ragazzino inerme, furono 4 maiali della @poliziadistato di Ferrara (@sindacato-Sap ancora in servizio) potreste far spostare i cassonetti? Grazie #Aldrovive#Ovunque”. 

Sap: “Soddisfatti di essere parte civile”

Sarà nostro compito tutelare l’onorabilità del Sap e di tutti i suoi associati. Esprimiamo grande soddisfazione per il fatto che il giudice ci abbia riconosciuto parte civile”, ha dichiarato il Sindacato autonomo di polizia. All’epoca, nel 2020, il tweet di Chef Rubio spinse il Sap a presentare un esposto alla Procura della Repubblica di Ferrara.

Per Chef Rubio non è una novità

Chef Rubio non è nuovo a fatti simili. Era stato denunciato dai carabinieri di Milano per le parole ritenute ingiuriose su Twitter nei confronti della senatrice Liliana Segre, che l’avevano spinta a tutelasi segnalando lui e altre ventitre persone. L’accusa era di diffamazione a mezzo telematico, con l’aggravante delle motivazioni di tipo religioso, etnico e razziale.

Precedentemente ha fatto parlare di sé per le critiche allo Stato di Israele, alla premier Giorgia Meloni, i ministri Matteo Salvini e Giuseppe Valditara, ma anche nei confronti del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, la vicepresidente Usa Kamala Harris, Francesco Totti e Vittorio Brumotti.

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