Fino al prossimo otto ottobre i visitatori potranno realizzare un suggestivo viaggio da Roma e Pompei, attraverso le luci che illuminano la città
“Nuova Luce, da Pompei a Roma”. Questo il titolo della nuova e suggestiva mostra esposta nel suggestivo scenario dei Musei Capitolini. La mostra, che si pone l’obiettivo di realizzare un viaggio nelle atmosfere e nelle luci che illuminano le notti nella Capitale, è in corso di svolgimento e si terrà fino al prossimo 8 ottobre.
L’iniziativa è stata promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Cultura, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali in collaborazione con l’Università Ludwig-Maximilian di Monaco di Baviera, e curata da Ruth Bielfeldt e Johannes Eber, con l’organizzazione di Zètema Progetto Cultura, l’esposizione invita a scoprire ciò che non è più visibile: la luce del passato. Per la prima volta una mostra affronta in maniera organica la tecnologia, la dimensione estetica e le atmosfere della luce artificiale nel mondo romano. Nessun’altra città dell’antichità ha restituito così tanti sistemi di illuminazione come Pompei.
Le due città vengono messe a confronto, attraverso una serie di reperti originali (più di 150) in bronzo dalle città vesuviane: lucerne ad olio, candelabri, portalucerne nonché supporti per lucerne figurative e torce, opere custodite presso Il Museo Archeologico Nazionale di Napoli (MANN) e il Parco Archeologico di pompei (PAP). Oltre alle famose statue e alle famigerate sculture di lucerne, i visitatori potranno ammirare anche reperti appartenenti al Museo Nazionale Archeologico di Napoli che fino ad ora erano inediti. Non erano infatti mai stati esposti in pubblico, molti dei quali restaurati appositamente per l’occasione e, in questa sede romana, anche da circa 30 opere pertinenti alle collezioni dei Musei Capitolini, Antiquarium.
La paternità dell’evento è della Prof. Ruth Bielfeldt, docente di Archeologia Classica dell’Università Ludwig-Maximilian di Monaco, nell’ambito di un progetto di ricerca che ha affrontato questi materiali e tematiche in maniera sistematica, entro una cornice scientifica interdisciplinare. La luce artificiale romana, che la mostra invita a riscoprire, è arte della luce. Con le loro forme plastiche e le superfici elaborate, lucerne e candelabri di bronzo creano una spettacolare scenografia di luce e ombra. L’esposizione è arricchita da riproduzioni fedeli prodotte in cooperazione con la Fonderia d’Arte San Gallo AG, nonché da simulazioni digitali su modelli tridimensionali.
Il tema dell’illuminazione offre una nuova prospettiva per la comprensione delle diverse sfere di vita nell’antica Roma: festa e religione, magia ed erotismo, sogno e notte. L’illuminazione è un prodotto tecnico-culturale che permette, in primo luogo, di creare uno spazio umano di condivisione. Questa prospettiva antropologica sulla luce, intesa come mediatrice sociale fondamentale, serve come linea guida del percorso narrativo. Per mettere in relazione passato e presente sono state inserite all’interno del progetto espositivo le lampade realizzate dal light designer Ingo Maurer (1932-2019). Le sue creazioni poetiche, ludiche, bizzarre, sovversive, testimoniano la vitalità di un rapporto creativo con la luce che prosegue da duemila anni.
Nove le sale che riprenderanno il percorso esplorativo, ripercorrendo il ruolo della luce nella vita di tutti i giorni, in una sorta di dialogo con gli oggetti con le fonti letterarie. L’opera moderna ‘Remember Yves’ di Maurer, una scultura blu di forte impatto estetico che rimanda al salto nel vuoto di Yves Klein (1960), accoglierà i visitatori, prima dell’ingresso nella prima sala, dove verrà proiettato un video didattico destinato a spiegare il progetto scientifico. Il viaggio proseguirà tra la lucerna sontuosa con pipistrello dalla Villa di Arianna di Stabia dalla scoperta nel 1761, alla riproduzione e all’uso sperimentale nel 2022, fino al modello della Casa del Poeta Tragico, presentato nella terza sala, che offre un’idea delle condizioni di luce della domus Romana, luogo caratterizzato dalla semioscurità.
Le ricerche condotte da Danilo Marco Campanaro (Università di Lund) rivelano la scarsa quantità di luce disponibile, così come la ritmizzazione della giornata attraverso la luce solare. La ‘fonderia’ della quarta sala mette a fuoco gli aspetti tecnici e estetici del bronzo – materia che modula la luce con i suoi variegati colori e superfici. Un candelabro tardo ellenistico, realizzato in bronzo policromo (aes corinthium) testimonia il particolare apprezzamento per questo materiale nel periodo tardo repubblicano. Qui i visitatori sono invitati a toccare una replica della grande lampada con pipistrello, oggetto iconico della mostra. Nella Sala della Notte è presentato l’originale della lucerna con pipistrello dall’antica Stabia accanto ad altre lampade nonché un prezioso portalucerne a forma di quercio che faceva parte di un’installazione di paesaggio sacro notturno.
Nelle due sale successive, la quinta e la sesta, viene poi proposto un approfondimento della luce legata al riposo e al consumo di cibo che, attraverso lucerne teatrali e giocose, stufe e scaldavivande, offre una ricostruzione della complessa coreografia della luce legata alla convivialità e la sua funzione di ‘regolatore sociale’. La simulazione virtuale della luce si basa sull’esatta ricostruzione degli affreschi murali e su calcoli dell’intensità luminosa delle fiamme e delle proprietà riflessive dei materiali. I visitatori con una ‘torcia virtuale’ possono accendere delle lucerne esercitando il controllo sulla luce e quindi sulla propria percezione.
Nella settima sala (denominata delle atmosfere) si aprirà un ampio spettro di atmosfere diverse L’aura religiosa viene evocata attraverso gli arredi del larario della Casa della Fortuna di Pompei: il corredo di statuette bronzee e un’elegante lampada a forma di piede umano, esposto per la prima volta nella sua integrità. Le lucerne falliche, appartenenti a tintinnabula provenienti da taberne e botteghe, ne testimoniano gli aspetti magici. Lucerne dionisiache ed erotiche evocano la sensualità della luce antica. Oltre al noto Efebo della Casa dell’Efebo da Pompei, viene presentata una statuina portafiaccola di un fanciullo orientale nudo, un’opera inedita e sconosciuta, scoperta nel 1818 nella clinica del chirurgo Pumponius Magonianus non lontana dal Foro di Pompei. La sezione sull’estetica della luce presenta la complessa scenografia multiombre delle lucerne romane che si comprende meglio se messa in relazione con le antiche teorie dell’ombra in Platone o Plinio. La mostra sulle città vesuviane si chiude con l’eruzione del Vesuvio. Non sono i calchi umani, ma gli oggetti in bronzo a raccontare il momento della paura e della fuga dall’antichità ai giorni nostri. Una piccola lucerna a forma di testa di Africano (MANN) accompagnava due pompeiani durante la fuga. Ma a sopravvivere è stata solo la lucerna.
Infine, nell’ultima sala, dedicata ai reperti di Roma viene proposta l’altra faccia del rapporto tra uomo e luce nell’antichità romana. Luce, calore e fuoco possono generare eventi drammatici, che travalicano la sfera privata e investono la vita della città tutta. Sono così ripercorse le vicende della città in relazione con gli incendi e con le modalità di organizzazione messe in atto per fronteggiare questo fenomeno. Particolare rilievo viene dato alla Caserma (Excubitorium) dei Vigili della VII Coorte in Trastevere, da cui proviene una fiaccola, raro reperto legato verosimilmente all’illuminazione pubblica. Alcuni oggetti in bronzo, lucerne, candelabri, una statuetta, suggeriscono poi quali potevano essere le suppellettili che adornavano le case patrizie della Roma imperiale.