A Roma c’è una “porta magica” dalla leggenda misteriosa: dove si trova e perché visitarla

Tra le infinite meraviglie storiche ed artistiche di Roma, c’è anche una “porta magica”: la leggenda che la avvolge è super affascinante!

Chi vive a Roma o ha l’opportunità di visitarla da turista, non può assolutamente perdersi un punto della città che ha alle sue spalle una storia particolare. Si tratta di una porta detta “Magica”, ma anche “Alchemica”, “Ermetica” o “dei Cieli”, la cui costruzione risale alla seconda metà del Seicento.

Dove vedere la porta magica a Roma
A Roma c’è una “porta magica” dalla leggenda affascinante: dove si trova e perché vale la pena vederla (Roma.Cityrumors.it)

Sebbene non conduca in alcun luogo, rappresenta una testimonianza importantissima di un’epoca ricca di misteri e leggende. Sita nei giardini di piazza Vittorio Emanuele II, nota semplicemente come piazza Vittorio, apparteneva alla residenza del marchese Massimiliano Savelli Palombara,

Questa porta magica è l’ennesimo tesoro di Roma: la sua leggenda stupisce il mondo intero

L’unica cosa che resta di Villa Palombara, quindi, è questa porta costruita tra il 1655 e il 1681 e la sua storia, tra mito e leggenda, ha dell’incredibile.

Roma porta magica storia e dettagli
A Roma c’è una “porta magica” dalla leggenda ricca di mistero: dove vederla e perché non puoi perdetela (Roma.Cityrumors.it)

Tra l’altro, a renderla ancora più affascinante è l’enigma che ancora oggi risulta incomprensibile a tutti. Unica porta ancora esistente delle cinque porte della villa, la Porta Magica è incastrata in un muro, alle spalle del ninfeo Trofei di Mario. Ai lati ci sono due statue del dio egizio Bes, ritrovate a fine Ottocento. L’enigma che ancora oggi la caratterizza deriva da una scritta fatta incidere, secondo la leggenda, da marchese Savelli.

Costui era un uomo di notevole cultura, che amava interessarsi di alchimia ed esoterismo, come la regina Cristina di Svezia, sua amica, che dopo essersi convertita al cattolicesimo, abbandonò il trono di Svezia e si trasferì a Roma. Il marchese frequentò la sua corte a Palazzo Riario che oggi è chiamato Palazzo Corsini e che attualmente è sede dell’Accademia Nazionale dei Lincei.

Si racconta che nel 1680, durante una notte di tempesta, un ospite della villa (forse il medico alchimista Francesco Borri) stava cercando in giardino un’erba da utilizzare per ricavarne dell’oro.

Il mattino dopo, l’uomo era sparito ed aveva lasciato dietro di sé tracce di oro. Non solo: furono ritrovati anche dei manoscritti pieni di simboli e formule alchemiche. Il marchese iniziò a pensare che tra questi simboli si nascondesse il segreto della pietra filosofale e perciò fece incidere sulla porta dei simboli: pianeti (ognuno dei quali abbinato ad un metallo), cerchi, piramidi, scritte in latino ed ebraico e la stella a sei punte, simbolo del sigillo di Salomone.

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