Stadio della Roma, Marino svela i retroscena: “La città allontana gli investitori”

Nel corso di una recente intervista, l’ex sindaco Marino ha svelato alcuni retroscena sulla mancata costruzione dello Stadio della Roma 

Stadio o non stadio? Sono ormai anni che questo dubbio attanaglia i sostenitori giallorossi, i quali continuano a domandarsi per quanti anni ancora dovranno osservare le partite della propria squadra del cuore con una pista d’atletica tra campo e spalti.

Uno dei numerosi render del possibile Stadio della Roma (screen Youtube) – Romacityrumors.it

Le recenti proprietà della società capitolina si sono mosse, chi più o chi meno, per conquistare la possibilità di costruire una stadio di proprietà ma, a quanto pare, secondo le recenti parole dell’ex sindaco Ignazio Marino, la presenza di attriti politici ha inevitabilmente spinto alla deriva ogni potenziale progetto.

Il progetto della presidenza Pallotta

Nel calcio contemporaneo, fatto di asset e branding, appare piuttosto indispensabile possedere uno stadio di proprietà, per far si che una società riesca definitivamente a spiccare il volo con le proprie ali. Per la Roma e i presidenti che l’hanno posseduta negli ultimi quindici anni, l’impresa è sempre stata insormontabile, a causa della disincentivante burocrazia italiana, complicata ulteriormente dagli irrazionali disequilibri che regnano nel comune della città eterna. Ignazio Marino, sindaco di Roma dal 2013 al 2015, ha parlato ai microfoni di Sporteconomy, descrivendo i dietro le quinte del percorso di James Pallotta per tentare di costruire uno stadio di proprietà a Tor di Valle. Il presidente statunitense, deciso a trasformare in realtà un sogno, aveva preparato, insieme al primo cittadino di Roma, un progetto approfondito: “Nel 2014 ho immediatamente ascoltato il Presidente della società calcistica AS Roma, James Pallotta, quando mi disse di voler realizzare il nuovo stadio di proprietà della squadra. Si trattava del più consistente investimento privato nella Capitale, pari a oltre 1,2 miliardi di euro. Di questi, pretendemmo che 320 milioni fossero destinati alla realizzazione d’importanti opere infrastrutturali per la città”.

Ignazio Marino e James Pallotta – Romacityrumors.it

Marino prosegue, entrando nel merito dell’ambizioso progetto e spiegando quali siano state le cause del fallimento: “Nell’autunno 2014 il progetto subì ritardi dovuti alla lentezza decisionale dei partiti politici, soprattutto del Partito Democratico. Con l’assessore all’Urbanistica, Giovanni Caudo, indicammo subito che volevamo che oltre la metà dei 60mila spettatori previsti (in termini di capienza, nda) potesse raggiungere lo stadio con mezzi su rotaia, metro o treno, in modo da evitare il caos automobilistico che si crea a Roma ogni volta che vi è una partita allo stadio Olimpico, privo di una rete di trasporto su rotaia. A inizio settembre 2014 riunii la Giunta per votare il progetto e sottoporlo al voto del Consiglio Comunale. Il giorno dopo al voto della Giunta non solo le opposizioni, ma anche diversi esponenti della maggioranza, in particolare del Partito Democratico, iniziarono a esprimere dubbi e opinioni contrastanti sia sull’idea dello stadio privato della AS Roma, sia sul luogo dove sarebbe dovuto sorgere”.

Una città deleteria per gli investimenti privati

L’ex sindaco continua l’intervista, raccontando la delusione finanziaria che il fallimento del progetto significò per James Pallotta: “Pallotta, che aveva già avviato il lavoro per il progetto esecutivo (in cui investì suoi fondi per decine di milioni di euro), coinvolgendo anche partner internazionali come la banca d’investimento Goldman Sachs, era molto allarmato per i ritardi incomprensibili”. Marino conclude con una perentoria sentenza nei confronti della gestione amministrativa della capitale, grazie alla quale rimane complicata l’entrata in gioco di investitori privati: “L’incertezza amministrativa è la peggiore condizione per gli investitori privati, soprattutto per chi investe dall’estero. Se il trascorrere del tempo non viene considerato una variabile importante si rischia di allontanare gli investitori che non si avvicinano a Roma, considerata un contesto amministrativo inaffidabile, governato da logiche non da libero mercato competitivo ma che ricordano quelle dei feudi e dei feudatari che sembrano tanto più forti quanto più piccolo e chiuso resta il feudo”.

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