Celtic-Lazio nel nome di Paolo Di Canio: l’idolo amato da entrambe le tifoserie

Paolo Di Canio è l’unico doppio ex di Celtic e Lazio: quattro anni nella capitale, uno a Glasgow, ma ricco di emozioni

Due soli precedenti tra Celtic e Lazio, risalenti alla fase a gironi dell’Europa League 2019. In entrambe le occasioni furono gli scozzesi a portare a casa il successo, con il risultato di 2-1. Al Central Park fu Lazzari a portare in vantaggio i biancocelesti, prima che i padroni di casa ribaltassero il risultato, mentre a Roma il gol di Immobile fu ribaltato dalle reti di Forrest e Ntcham. Al di là dell’unico confronto tra i due club, il legame che fa incrociare i destini della Lazio con quelli del Celtic, si incrociano con un nome ed un cognome: Paolo Di Canio.

Paolo Di Canio con le maglie di Celtic e Lazio – Roma.Cityrumors.it

Quattro stagioni alla Lazio (in due distinte avventure) ed una con la maglia bianco-verde del Celtic. Due esperienze che hanno segnato in modo netto la carriera del fantasista del Quarticciolo. La Lazio è la squadra che lo ha lanciato, che lo ha fatto esordire e che ha rappresentato gran parte della sua vita. Il Celtic quella che gli ha permesso di rilanciarsi e crearsi un futuro nel calcio britannico. Di Canio è nato in Curva Nord: tifoso tra i tifosi. Spesso, dopo aver giocato con la Primavera, si recava in trasferta con i suoi amici ultras, per seguire le gesta dei biancocelesti. Ha segnato in un derby storico, festeggiando sotto la Curva Sud e sbeffeggiando i tifosi della Roma, come Giorgio Chinaglia qualche anno prima. Poi, a distanza di 15 anni è tornato a Roma e si è tolto la soddisfazione di decidere un altro derby. Stessa curva, stesse emozioni e stesso gol decisivo.

La storia di Di Canio: il doppio ex più amato

In Scozia ha scritto una delle pagine più belle ed emozionanti della sua carriera. Quando ad agosto del 1996 Paolo Di Canio raggiunge per la prima volta la sede del Celtic, ha accantonato in un angolo del suo cuore l’avventura alla Lazio. Un’avventura durata troppo poco: che si è bruciata e consumata nel giro di pochi anni. Di Canio esordisce in prima squadra, diventa leader e dopo due sole stagioni lascia la capitale, nonostante la Curva Nord lo invochi. In una storica coreografia, scrive:  “Noi vogliamo undici Di Canio”. Ma le vie del mercato hanno portato l’idolo della Nord lontano dal Quarticciolo: prima a Torino, sponda juventina, poi a Milano con i rossoneri; al Napoli in prestito (stagione straordinaria) e ancora al Milan. Sotto il Duomo vince uno scudetto, ma non lega con il tecnico Fabio Capello, che non lo ritiene un titolare. Paolo ha voglia di giocare con continuità, di sentirsi apprezzato ed importante. Lascia un contratto oneroso ed una squadra perennemente in lotta per il titolo, per un avventura lontano dall’Italia. Sono i primi anni in cui i calciatori italiani scoprono il fascino delle esperienze all’estero. Di Canio accetta le lusinghe di Fergus McCann, deus ex machina del Celtic, che lo convince a trasferirsi in Scozia.

Player of the year al Celtic

Il giorno della presentazione ufficiale a Glasgow, Paolo Di Canio non crede ai suoi occhi: gli mettono una maglia biancoverde, gli danno una sciarpa ed inizia il delirio: il pubblico è entusiasta. Cori, canti, slogan urlati da un popolo in festa. E tutto questo, senza averlo visto un solo minuto all’opera. Mima una smorfia, si concede alle foto e ai cori dei tifosi che credono in lui. L’annata scozzese di Paolo Di Canio è esaltante: trascina i Celtic al secondo posto in campionato e al termine della stagione viene premiato come Player of the Year: il miglior giocatore di tutta la Premier.

Memorabili i derby con i Rangers, formazione più completa e costruita per primeggiare (e che a fine anno si aggiudicherà il titolo). La stracittadina è sentitissima: mette a confronto due culture diverse: unionisti contro repubblicani, cattolici contro protestanti. Paolo è abituato alle tensioni del derby capitolino, ma la passione con cui si vive la sfida tra Celtic e Rangers (squadra nella quale milita Paul Gascoigne), lo coinvolge in modo inaspettato Nella sua autobiografia spiegherà: Il loro astio non era solamente legato al calcio, “ma era il calcio che entrava a far parte della mia sfera di azione. Mi diede quella collera extra perchè volevo disperatamente entrare nella storia del Celtic. I loro nemici erano diventati anche i miei nemici”.

Le stracittadine si Glasgow: gare sentite e ricche di pathos

I due derby sono tosti: Di Canio li perde entrambi, ma si prende la rivincita nella stracittadina disputata nella Scottish Cup, dove segna un gol decisivo per il passaggio del turno del Celtic, trasformando con freddezza un calcio di rigore ed esultando sotto i suoi tifosi. A fine stagione mette a referto dodici gol in ventisei presenze di campionato (Il più bello contro l’Aberdeen). Mai in carriera aveva segnato con questa regolarità (migliorerà il suo record con la maglia dello Sheffield Wednesday, chiudendo con sedici gol all’attivo). Il pubblico lo adora, sembra destinato a rimanere a lungo in Scozia, ma a fine stagione dice addio al club. Resta nel Regno Unito e inizia una lunga avventura che lo porta allo Sheffield, al West Ham e infine al Charlton.

Il ritorno alla Lazio

Paolo Di Canio nell’estate del 2004, dopo essere tornato alla Lazio – Roma.Cityrumors.it

L’estate del 2004 il primo amore torna a bussare alla porta del cuore di Paolo Di Canio. La Lazio lo chiama e gli permette di tornare nella capitale: lì dove tutto iniziò. Di Canio strappa il contratto milionario con il Charlton e si accontenta di un ingaggio minimo offerto dal neo presidente biancoceleste Lotito. Torna nella sua città, con i colori che ama e tra i suoi tifosi. L’inizio è turbolento: il rapporto con il tecnico Mimmo Caso non decolla. La Lazio stenta e i tifosi invocano un utilizzo più frequente del loro idolo. Quando Caso viene sollevato e sulla panchina dei biancocelesti si siede Papadopulo, Di Canio torna titolare. Il sei gennaio 2005 è la notte in cui i sogni si trasformano in realtà: Di Canio decide ancora una volta il derby, segnando ai rivali giallorossi una nuova rete sotto la Curva Sud. Proprio come aveva fatto quindici anni prima. L’anno successivo, con Delio Rossi in panchina, gioca praticamente da titolare inamovibile: segna cinque gol in 27 partite e forma con il suo amico Tommaso Rocchi una coppia affiatata. Ma i due anni alla Lazio nascondono anche delle spine: qualche infortunio, la squalifica per un saluto romano dopo un Lazio-Juve e i rapporti burrascosi con Lotito, che portano all’addio. Ma la sua storia biancoceleste rimarrà per sempre intrisa di romanticismo e passione.

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