La pièce di Mario Moretti, adattata e diretta da Gianni De Feo, sarà
al Teatrosophia dall’11 al 13 novembre, per raccontare le
contraddizioni e le depravazioni di una Belle Epoque parigina più
contemporanea di quanto sembri
Una malinconica villa di periferia. Una coppia di borghesucci un po’
patetici, lui alle prese con bisogni erotici insoddisfatti e lei sempre
più fragile, mentre cerca di reggere il peso di rigide regole
cattoliche. E tra le pieghe di questa quotidianità decadente, lo
sguardo di Célestine, austera domestica tanto misurata nelle movenze
quanto determinata a ottenere ciò che desidera attraverso quella
capacità di seduzione che è la sua sola arma.
Da questo quadro primonovecentesco – ma più attuale di quanto sembri –
prende le mosse Diario licenzioso di una cameriera, dissacrante pièce
di Mario Moretti in programma dall’11 al 13 novembre sul palco di
Teatrosophia (in via della Vetrina 7 a Roma). Uno spettacolo brillante e
spregiudicato, che miscelando ironia e note amare come si fa con certi
cocktail; che scava nelle dinamiche più oscure di un’umanità
apparentemente privilegiata e ne mette alla berlina vizi e ossessioni.
Emergono in questo modo le dinamiche oscure legate alla condizione della
donna e ai soprusi perpetrati a danno di chi nella società è più
debole o più fragile. E se la Belle Epoque fa da cornice alla
narrazione, ecco che a poco a poco i confini del palcoscenico sembrano
espandersi fino a lambire le contraddizioni della contemporaneità.
La storia è tratta dal romanzo di Octave Mirabeau “Journal d’un
femme de chambre”, già portato al cinema anche da Louis Buñuel con
Jeanne Moreau nel ruolo della protagonista. Stavolta è Gianni de Feo a
curare regia e adattamento, mentre Giovanna Lombardi veste i panni di
Célestine, inaspettata eroina e voce narrante della vicenda. È infatti
attraverso il suo sguardo disincantato che lo spettatore penetra dietro
quella coltre di regole e atteggiamenti che fanno da paravento alla
«sporcizia» del mondo borghese di provincia. Per lei questo incarico
nella Villa La Priora, alle dipendenze dei tragicomici Madame e Monsieur
Lallaire, è solo l’ultimo di una lunga serie. E potendo penetrare
dietro le quinte della facciata pubblica, sono tante le stranezze a cui
ha assistito negli anni: un vecchio con una passione morbosa per i suoi
stivaletti rossi, un’anziana donna che si spogliava nella convinzione
di essere ancora attraente, o l’amore disperato di un giovane malato
di tubercolosi. Célestine, con un tono intimo e mai sguaiato, confida
agli spettatori le miserie e le depravazioni di cui è stata testimone,
in un delicato ma spietato atto di denuncia contro le ipocrisie della
società del tempo, e soprattutto contro le violenze perpetrate sui
deboli e sugli indigenti. E forse anche per questo la protagonista
mostra al contempo di perseguire senza troppi scrupoli la soddisfazione
delle proprie esigenze, utilizzando il proprio corpo e la propria
avvenenza.
«Célestine – spiega Giovanna Lombardi, che la interpreta nella pièce
filtra con cocchio clinico la sporcizia interiore della ricca
borghesia, svolgendo un’azione catartica verso la bassezza umana e
verso i ‘contenitori di ingordigie e secreti appetiti’ dei suoi
padroni. Tutto è segreto, nascosto, ambiguo, clandestino. Célestine,
lei sola, è pura come un diamante, che riflette l’unica luce di
verità e racchiude i mille riflessi del prisma senza colori».
Proprio in virtù di questo sguardo, infatti, Diario licenzioso di una
cameriera penetra in maniera sottile nelle ombre della nostra società
pur senza abbandonare l’ambientazione primonovecentesca: «Ho
rivisitato il romanzo di Octave Mirbeau – spiega De Feo – cercando di
rimanere fedele al gusto e alle atmosfere del secolo in cui
l’originale è ambientato. Ma la tentazione di scavalcare i limiti
temporali prende il sopravvento, come sempre nel mio caso, fino a
sperimentare nelle sonorità e nelle scelte musicali, così come nei
tratti dei costumi, differenti possibilità teatrali».
Ingredienti che fanno di questo spettacolo un’esperienza divertente e
profonda allo stesso tempo, con Célestine che – coraggiosa pur nella
sua fragilità – accompagna lo spettatore in un percorso dove non
mancheranno le sorprese. E dove i vizi e le bassezze dell’alta
società parigina del primo ’900 non mancano mai di innescare
riflessioni, mentre la protagonista vi si oppone affermando
malinconicamente che «la depravazione dei ricchi puzza più del fetore
dei poveri».