Il Cinema Ambassade, in zona Montagnola, non è solo un edificio chiuso da anni: è un frammento di memoria collettiva, un tassello importante nella storia culturale della città.
E ora, finalmente, qualcosa si muove per dargli una nuova vita.

C’è un luogo a Roma che, se potesse parlare, racconterebbe decenni di immagini in pellicola, di risate e sospiri, di occhi che si illuminano nel buio della sala. Non stiamo parlando di un progetto campato in aria, ma di un’iniziativa concreta, costruita pezzo dopo pezzo da chi vive davvero la città. Un gruppo di studenti universitari, supportati dalla Rete della Conoscenza Lazio, ha elaborato un vero e proprio piano di riapertura.
E la cosa sorprendente è che non si tratta solo di “riattivare” un cinema, ma di restituire uno spazio culturale al quartiere, pensato come bene comune, non come prodotto da consumare.
Il progetto guarda lontano. L’idea è quella di trasformare il Cinema Ambassade in un centro polifunzionale, in grado di ospitare non solo proiezioni, ma anche dibattiti, laboratori, incontri, eventi culturali. Una sorta di piazza al chiuso, dove le idee possano circolare tanto quanto i film. Un modello già visto in altre città europee, dove ex cinema abbandonati sono rinati come spazi vivi e partecipati.
Un piano realistico con un investimento
Il gruppo promotore ha anche stimato costi e tempi, con un piano realistico che prevede un primo investimento per la messa in sicurezza e il recupero degli impianti. Ma ciò che colpisce è l’approccio: non si parla solo di fondi, si parla di coinvolgimento del territorio. Si parla di rendere i cittadini protagonisti, non spettatori passivi. E in questo, la proposta ha già incassato un primo risultato: il sostegno da parte del Municipio I, che ha approvato una mozione per favorire la riattivazione dello spazio.

Cinema Ambassade è oggi un luogo chiuso, ma le sue potenzialità sono tutto fuorché spente. Gli studenti propongono un modello partecipato di gestione, aperto a collaborazioni con associazioni, scuole, realtà del territorio. Un’idea di cultura accessibile e sostenibile, capace di rispondere alla sete di luoghi di aggregazione che Roma mostra ormai da anni, specialmente nelle sue zone centrali, dove troppo spesso gli spazi pubblici diventano merce o restano vuoti.
In un’epoca in cui si parla tanto di rigenerazione urbana, ma si fa ancora troppo poco, questo progetto rappresenta una spinta autentica dal basso. Un esempio di come i giovani possano prendersi cura della città, senza retorica ma con impegno e visione.
E allora, forse, la domanda che ci dobbiamo fare non è se salvare il Cinema Ambassade abbia senso, ma perché ci abbiamo messo così tanto a pensarci. È il momento giusto per riscoprire luoghi dimenticati e trasformarli in qualcosa di nuovo. Chissà quante altre “ambassade” ci aspettano dietro l’angolo. Saremo pronti ad ascoltarle?