La capitale in testa in una speciale graduatoria che riguarda il mondo dei motori. Roma davanti a Milano e Napoli: “I numeri sono in forte crescita”
Roma batte Milano e Napoli in una speciale classifica che riguarda il mondo delle quattro ruote, confermando una buona propensione verso lo sviluppo economico e la sostenibilità. Il monitoraggio trimestrale effettuato da Motus-E, conferma un trend che vede la capitale in pole position. Con numeri davvero sbalorditivi, se confrontati con la maggioranza delle città italiane.
Dal 2035 il mondo delle autovetture sarà chiamato ad una svolta epocale. L’industria automobilistica continua a subire un impulso normativo che spinge sempre di più verso il passaggio dalle auto con motori termici alle auto elettriche. Una strategia condivisa e che permetterà di ridurre in modo drastico le emissioni di gas a terra, con un miglioramento generale della qualità dell’aria. Ma l’Italia è pronta per un cambiamento del genere? E ad oggi com’è la situazione?
Roma sembra essere la città messa meglio, sotto questo punto di vista: quella con il maggior incremento di colonnine per la ricarica delle macchine elettriche. Ma è l’intero Paese che sta cercando di adeguarsi. Al 30 settembre 2023 sono state registrati nella Penisola, 47.228 punti di ricarica a uso pubblico, con un incremento del 44,1% rispetto ai 32.776 dello stesso mese dell’anno precedente. Roma è la città con il maggior numero di colonnine destinate alla ricarica di auto e moto elettriche.
Roma leader nelle colonnine per la ricarica: i numeri
La capitale si trova davanti a Milano, Napoli, Torino e a tutte le principali città italiane. A Roma e provincia sono ben 3573, i punti di ricarica. Numeri che la collocano in prima posizione davanti a Milano (2704) e Napoli (2643), città che completano il podio delle prime 20 Province per abitanti per numero di stazioni di ricarica. A seguire Torino, Venezia, Brescia e Bologna (fonte Motus-E, dati aggiornati al 30 settembre 2023). Se a livello cittadino Roma, con la sua provincia, battono tutti, a livello regionale le cose non vanno allo stesso modo. In testa c’è la Lombardia con 8.094 punti di ricarica, che quasi doppia le altre realtà più virtuose, in ordine: Piemonte (4.713), Veneto (4.564) e Lazio (4.558). A seguire Emilia Romagna e Campania.
“Al Nord si trovano parecchie infrastrutture di ricarica in più, specialmente a bassa potenza, ma anche al Sud si sta crescendo piuttosto velocemente, anche sull’alta potenza con punti di ricarica più veloci dai 50 kW in su – ha confermato il segretario generale di Motus-E, Francesco Naso – Come distribuzione, il 23% dei punti totali sono nel Sud Italia e isole, il 56% al Nord, il Centro Italia è al 21%; il Sud sta avendo una crescita di infrastrutture di ricarica soprattutto nelle città più grandi mentre sulle autostrade è meno coperto”. In tutta l’Italia sono attualmente presenti 47.228 punti di ricarica a uso pubblico. Sulle autostrade si è registrato un forte incremento: nel giro di 365 giorni si è passati dalle 310 colonnine alle 851 attuali, distribuiti in quasi un terzo delle aree di servizio della rete. Da ricordare, però, “che in realtà molte ricariche, più del 70% dell’energia erogata, avvengono in ambito privato, domestico o aziendale: sviluppare questa parte ovviamente è molto importante, ci sono anche degli incentivi da parte del ministero delle Imprese e del Made in Italy, per la ricarica privata domestica e condominiale, e da parte del ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica, per la ricarica aziendale, però fino ad ora sono stati incentivi retroattivi, quindi non stanno veramente stimolando il mercato e stanno funzionando molto poco, quello che chiediamo al governo è di creare un incentivo strutturale che possa durare due anni, per sfruttare in modo realmente efficace i fondi già stanziati per queste agevolazioni”.
Gli obiettivi per il futuro
I numeri sono in forte crescita. Per il futuro gli obiettivi sono chiari: “Nel 2024 occorre cominciare a installare infrastrutture di ricarica su strade statali – conferma ancora Naso – soprattutto al Sud Italia, perché gli ambiti extraurbani del Pnrr non sono ancora stati coperti e non sono state ancora lanciate le nuove gare, alla luce delle modifiche che, non solo noi, abbiamo proposto e che il Mase sta meritoriamente accogliendo, e poi si devono moltiplicare i bandi di gara a livello autostradale”. Fondamentale sarà poi, incrementare i punti sia ad alta che a bassa potenza. “E’ molto importante uniformare le regole tra i vari comuni per installare infrastrutture di ricarica in ambito urbano, anche quelle a più bassa potenza, perché le ricariche avvengono anche quando mi fermo a fare un’altra cosa, oppure sosto di notte vicino casa; in quel caso non servono ricariche ad alta potenza, anche perché hanno un costo maggiore di installazione e di realizzazione e hanno anche un peso maggiore sulle reti elettriche della nostra città – prosegue – Bisogna realizzare un giusto mix tra la ricarica più lenta, che è comunque utile, e quella a più alta potenza. Questo è un concetto che va molto sottolineato: non dobbiamo installare solo punti di ricarica che ci fanno ricaricare in un quarto d’ora fino all’80% della nostra batteria, servono punti di ricarica in maggior numero anche a bassa potenza”.
Oggi, però, ricorda infine Naso, “il parco circolante in Italia purtroppo è basso rispetto al potenziale che il mercato italiano potrebbe esprimere, noi abbiamo ancora poco più di 200mila veicoli elettrici puri circolanti in Italia”. Eppure, rimarca, la via per la transizione nel trasporto privato passa proprio per l’elettrico. “E’ difficile pensare di riuscire a decarbonizzare in altro modo. Per esempio, i biocombustibili sono importanti ma bisogna produrli in grande quantità e devono essere utilizzati anche per decarbonizzare altri mezzi che non è semplice elettrificare: navi, aerei e anche il parco circolante dei mezzi pesanti, parliamo di centinaia di migliaia se non di milioni di veicoli in Europa. Porsi l’obiettivo di mettere i biocombustibili anche nelle nuove auto, secondo me, è semplicemente poco saggio. Inoltre, ci sono una serie di applicazioni che hanno molto più senso, compreso anche il fatto di decarbonizzare una parte del circolante che continuerà a essere endotermico anche dopo il 2035, parliamo di decine di milioni di veicoli in Europa che continueranno a girare anche fino al 2050. Quindi non ha molto senso mettere in contrapposizione e in competizione la tecnologia elettrica sui mezzi privati con, per esempio, i biocombustibili o con gli efuel”, conclude.