Una nuova scoperta e una nuova possibilità di poter coltivare un cibo genuino fuori dal pianeta Terra, a spiegarlo la scienziata che ha portato avanti la sperimentazione
Una scoperta incredibile. E qualcosa di avveniristico per la nostra epoca e la nostra dimensione. A spiegarlo è Silvia Massa, laureata in Scienze Biologiche dell’Università degli studi di Lecce e sta elaborando un sistema per le colture vegetali cellullari. Si parte dai pomodori, un po’ per la loro semplicità, un po’ per la loro originalità. E lei spiega un qualcosa che, al solo pensiero fa veramente riflettere: “Nei laboratori di Enea è stato coltivato un super pomodoro destinato alla dieta degli astronauti, che dovranno affrontare lunghi periodi nello spazio profondo, in missioni di lunga durata, verso la Luna e Marte“, spiega la dottoressa Massa al Messaggero.
Silvia Massa, che sono anni che fa ricerca e segue tutta la sperimentazione, finaziata dall’Agenzia Spaziale Italiana a Roma e spiega che sta facendo tutto questo anche “per sviluppare un modello di pianta che potesse essere mangiata nello spazio adeguata alla dieta degli astronauti”. E cerca di andare in profondità, tentando di essere semplice nella spiegazione, anche perché, nonostante si parli di pomodori, la materia è abbastanza complessa: “La roadmap del Programma Artemis prevede la creazione di avamposti nello spazio, dove sarà più difficile il rifornimento a terra come avviene oggi sull’ISS”.
Le piante ricicleranno ossigeno e anidride carbonica
Per la dottoressa Silvia Massa lo “studio prevede lo sviluppo di una pianta edibile, fonte di cibo fresco e di molecole utili come biofabbrica per la produzione di farmaci“. Un impatto, quello del cibo fresco nello spazio che sembra quasi inverosimile, almeno a parlarne in questo modo, ma tutto è possibile e praticabile, ovviamente dietro c’è un lavoro di anni e di sperimentazione in ambienti particolari.
Si sta facendo e si farà tutto questo ad un solo scopo, non tanto e solo per programmare dei “pomodori spaziali” in tutti i sensi: “Questi uomini vivranno in un ambiente confinato, insieme a strumentazione, equipaggio, organismi e microorganismi, dovranno convivere con i cosiddetti sistemi biogenerativi di supporto alla vita. Le piante ricicleranno ossigeno, anidride carbonica ed i sistemi bioregenerativi creeranno le condizioni di vivibilità”