Gli studi sulla presenza di particelle plastiche negli ecosistemi si sono sempre concentrati di più nelle acque del mare, rispetto a quelle dei fiumi, ora emerge un’altra amara verità
La plastica è un materiale incredibile, da quando è stata “scoperta” ha rivoluzionato tanti aspetti della nostra vita, ma se non viene raccolta e riciclata nel modo corretto rischia di distruggere tutto l’ecosistema.

La plastica è una sostanza composta da polimeri di varia lunghezza. Nello specifico, le catene polimeriche si formano tramite l’unione di tanti monomeri, che sono composti di carbonio e idrogeno derivanti da petrolio e metano. Dalla disgregazione della plastica, per esempio sotto forma di bottiglie, sacchetti, imballaggi, ma anche da microsfere presenti in prodotti cosmetici e detergenti, si formano le microplastiche, cioè frammenti di plastica con una dimensione inferiore ai 5 millimetri, capaci quindi di sfuggire anche agli impianti di depurazione, una volta finite nell’ambiente sono impossibili da rimuovere e possono diventare cibo per pesci.
La plastica entra nella catena alimentare
Durante le ultime spedizioni di Greenpeace nel Mar Tirreno è stata rilevata la presenza di microplastiche nel 25-30% delle specie di pesci e invertebrati comunemente in commercio. L’allarme quindi è relativo alla possibilità che le microplastiche potrebbero finire sulle tavole dei romani attraverso pesci, molluschi, crostacei pescati soprattutto dove non è consentito. Adesso uno studio dell’Università Tor Vergata di Roma ha analizzato il fondale del Tirreno proprio davanti alla foce del Tevere, scoprendo grandi quantità di microplastiche anche qui, addirittura fino a sei km a largo della costa. In questi punti, la concentrazione di microplastiche è in media di 45 microgrammi per litro. Come spiega al Messaggero la responsabile del dipartimento chimico dell’ateneo, Greta Petrella: “Per la prima volta siamo stati in grado di quantificare la presenza del polistirene, e siamo rimasti sorpresi dai valori così elevati, soprattutto in zone lontane dalla costa“.

Spostare l’attenzione anche sui fiumi
Gli studi in questo senso fino ad ora si sono concentrati maggiormente sulle acque del mare rispetto a quelle dei fiumi. L’obiettivo dei ricercatori è ampliare la ricerca per capire se altri fiumi, e in quale misura, trasportano e vanno a incrementare queste quantità di microplastica. Inoltre ad aprile-maggio 2024 si svolgerà la General Assemby del consorzio Polyrisk durante il quale saranno discussi gli avanzamenti relativi ai dati prodotti nei diversi studi di esposizione e di rischio. La biologa Giulia Papini, una delle autrici dello studio, avverte i consumatori: “Attenzione alla pesca irregolare, perchè c’è il rischio di mangiare alimenti inquinati e contaminati dalle microplastiche“, e aggiunge: “Il consiglio è quello di eviscerare sempre i pesci prima della cottura“. La definizione degli effetti tossicologici sulla salute umana ancora non è chiara, ma gli scienziati concordano su una forte risposta del sistema immunitario che aumenta l’infiammazione dell’organismo.