La recente decisione della Giunta capitolina di introdurre in alcuni quartieri della Capitale il nuovo limite della velocità va a scontrarsi con la direttiva voluta dal ministro dei Trasporti
Dopo Bologna, Torino e altre città d’Italia, anche a Roma verranno introdotti i nuovi limiti di velocità. Saranno infatti circa 70 le Zone 30 diffuse in tutta la città, dal centro storico fino alle periferie oltre il Raccordo anulare. Si tratta di zone in cui vigerà il famigerato limite di 30 chilometri orari con l’obiettivo di permettere ai pedoni, alle bici e anche alle auto di convivere serenamente in spazi riqualificati e più verdi.

Il cosiddetto “Città 30“, è un progetto richiesto direttamente dal Parlamento europeo che nella risoluzione approvata il 6 ottobre 2021 invita gli Stati membri a introdurre limiti di velocità a 30 km/h nelle zone residenziali e nelle zone con un numero elevato di ciclisti e di pedoni. Secondo la direttiva UE, un limite di velocità più basso, migliora il flusso del traffico, permette a chi può e vuole di scegliere mezzi alternativi all’auto, come i monopattini elettrici o le biciclette, per spostarsi in un modo sicuro ed efficiente, riduce il rischio di incidenti, sia per i pedoni che per i ciclisti, abbatte l’inquinamento acustico e quello atmosferico, e contribuisce a creare un ambiente migliore per tutti, aumentando la qualità della vita.
I 30 km/h della discordia
Inutile girarci intorno, anche se la direttiva del parlamento europeo era stata approvata oltre 3 anni fa, soltanto negli ultimi mesi, con l’applicazione da parte di alcuni sindaci italiani, i nuovi limiti di velocità che mano mano vengono introdotti nelle città italiane stanno creando fin troppe polemiche. Polemiche che in alcuni casi possono anche avere ripercussioni politiche. Dopo Bologna, Torino, Parma e altre città della nostra penisola, anche il sindaco Gualtieri ha individuato ben 70 zone della Capitale dove a breve verrà introdotto il discusso limite di velocità a 30 km/h. Un progetto quello delle “città30″ che nasce in Svezia addirittura nel 1997 e che il Parlamento europeo ha reso esecutivo con una direttiva del 2021. Ora i sindaci delle varie città sono costretti ad adottarlo, oltre che per ragioni di sicurezza, anche e soprattutto per rispettare i limiti di emissioni di CO2 nell’aria imposti sempre dalla UE, spingendo quindi i cittadini ad adottare sempre più mezzi alternativi alle automobili. Ma le buone intenzioni si scontrano inevitabilmente con “la prova su strada”, con tutte le problematiche che una città come Roma si porta dietro, tra trasporti non sempre all’altezza e una conformità territoriale del tutto particolare.

Polemiche politiche
Anche se a Roma viene considerata impraticabile l’idea di un limite a 30 km/h sulle grandi direttrici, sulle strade secondarie attivare il limite è un obiettivo raggiungibile secondo la Giunta capitolina e, attualmente, sono in fase di studio le cosiddette isole ambientali nelle zone di Navona, Ansa Barocca, Pantheon, Portico d’Ottavia, Trevi Quirinale e Tridente. Oltre a queste, sono stati avviati progetti in diverse altre aree, tra cui Trastevere, Balduina, Colli Aniene, Torre Spaccata, Tor Pignattara, Villa Certosa, Pigneto. L’elenco completo comprende anche interventi pianificati all’Eur, a Monte Verde, Testaccio, Lungomare di Ostia, Termini, Corso Italia, Balduina, Casal Bruciato, Gianicolense, Ludovisi Veneto, Tuscolana e Centocelle. Gualtieri quindi tira dritto nella sua intenzione di trasformare anche la Capitale in una “città 30”, nonostante la direttiva contraria emanata dal governo per mano del ministro dei trasporti Salvini, intervenuto dopo l’introduzione dei nuovi limiti a Bologna da parte del sindaco Lepore e le roventi polemiche scatenatasi con i cittadini infuriati per il traffico paralizzato in città.
La direttiva introdotta da Salvini infatti è chiara, non vieta l’introduzione di questi limiti, fissa solamente un paletto: la deroga al limite stabilito per legge di 50 km/h può riguardare solo “strade o tratti di strada tassativamente individuati, laddove sussistano particolari condizioni che giustificano l’imposizione di limiti diversi”. Insomma, i 30 allora non possono valere ovunque in città. E ogni deroga “deve essere motivata“, ad esempio, in base al tasso di incidentalità, alla presenza di scuole, ospedali o alle esigenze temporanee dovute, ad esempio, a un particolare afflusso di turisti.