Delitto di Via Poma: per la Procura finalmente l’assassino ha un nome e un volto

A tanti anni di distanza dal delitto di Simonetta Cesaroni, una informativa dei carabinieri traccia una nuova pista su uno dei misteri più intrigati della Capitale

Il 7 agosto 1990 la giovane donna venne uccisa da un ignoto killer in un palazzo a Roma: a 33 anni dal fatto ancora oggi non si sia chi sia stato. Un processo ha visto l’assoluzione dell’ex fidanzato. Nel corso del tempo ci sono stati diversi sospettati, dal portiere dello stabile fino alla Banda della Magliana, ma non ci sono mai stati gli elementi per procedere oltre.

L’ultima verità sul delitto di Via Poma – Roma.Cityrumors.it –

 

Una informativa composta da centinaia di pagine, consegnata negli ultimi giorni nelle mani dei magistrati della Procura di Roma, spiega però che a commettere il delitto sarebbe stato il figlio del portiere dello stabile in cui la ragazza fu uccisa il 7 agosto del 1990. I giudici però parlano di “ipotesi e suggestioni” che “non consentono di superare le forti perplessità sulla reale fondatezza del quadro ipotetico tracciato“. Ecco perchè, comunque, lo scorso 13 dicembre è stata chiesta l’archiviazione del fascicolo aperto 2 anni fa.

Finalmente il colpevole

Resta ancora oggi, a distanza di 33 anni, uno dei più grandi misteri infiniti della Capitale, l’omicidio di Simonetta Cesaroni, uccisa a coltellate il 7 agosto 1990 in via Poma a Roma. In questi anni tanti sono stati i sospettati, tanti gli interrogati per un caso che è stato più volte chiuso e riaperto sempre sull’onda di un’ultima rivelazione o indiscrezione. In questi giorni l’efferato delitto è tornato alla ribalta delle cronache perchè per i Carabinieri ci sarebbe finalmente il colpevole. A uccidere la ragazza infatti sarebbe stato Mario Vanacore, figlio del portiere Pietrino, secondo quanto scrivono gli inquirenti dei carabinieri in una corposa informativa inviata ai magistrati della procura di Roma. I pm hanno però chiesto l’archiviazione per l’assenza di elementi concreti a sostegno di questa ipotesi investigativa. Secondo i giudici infatti parliamo comunque di un’ipotesi  “fondata su una serie di ipotesi e suggestioni che, in assenza di elementi concreti di natura quantomeno indiziaria, non consentono di superare le forti perplessità sulla reale fondatezza del quadro ipotetico tracciato”. Sempre secondo questa ipotesi investigativa, contenuta in un dossier inviato dai militari ai magistrati della procura di Roma, Pietrino Vanacore, a suo tempo indagato e poi prosciolto, avrebbe coperto le responsabilità del figlio fino al suicidio del 2010.

 

Pietro Vanacore e la moglie – Roma.cityrumors.it –

 

La ferma risposta di Mario Vanacore

Secondo la ricostruzione descritta dagli uomini dell’Arma, Mario Vanacore sarebbe andato negli uffici degli ostelli, utilizzando le chiavi dei genitori, per effettuare gratuitamente delle telefonate interurbane a Torino e Cantù confidando che gli uffici fossero vuoti. All’epoca l’uomo abitava a Torino ed era venuto a Roma insieme alla moglie e alla figlia di due anni per fare visita ai genitori. Ma trovatosi inaspettatamente davanti alla ragazza, Mario Vanacore l’avrebbe trascinata nella stanza del direttore, dove infatti poi venne trovata cadavere, per tentare di violentarla. Dura e ferma arriva però la risposta del presunto autore dell’omicidio che in un’intervista al quotidiano La stampa dichiara tutta la sua innocenza. “L’unica volta che ho visto Simonetta Cesaroni era morta”, ribadisce il figlio del portiere dello stabile. L’uomo, oggi 64enne, titolare di una ditta a Torino, lamenta che “ce l’hanno con la mia famiglia”, ipotizzando attacchi magari di “qualcuno che abbiamo anche querelato”. Vanacore spiega di avere presentato un esposto in primavera per “calunnia e diffamazione. Ero stanco di essere indicato come responsabile del delitto di via Poma”. Il figlio del portiere di via Poma afferma del 7 agosto 1990 di essere “arrivato a Roma per combinazione. Ed ero presente quando abbiamo trovato la ragazza”. 

 

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